13 ottobre 2014: scoprire il dono e la capacita’ di resilienza

Terza Giornata Internazionale per le Vittime dei Disastri

13 ottobre 2014

PER LE COMUNITÀ COLPITE DAL DISASTRO

SCOPRIRE IL DONO E LA CAPACITA’ DI RESILIENZA

POST FACEBOOK 3Siamo al terzo anno della proposta che la Camillian Task Force fa a tutta la Grande Famiglia che si riconosce intorno al dono di San Camillo. L’iniziativa si sta diffondendo lentamente ma con sicurezza in particolare a partire dai luoghi in cui la Camillian Task Force sta operando. Ogni singolo intervento che stiamo compiendo sui disastri che hanno colpito nell’ultimo anno Filippine, India, Kenya, continua ad interrogarci sul senso e sulla missione della grande famiglia camilliana oggi.

Papa Francesco durante un Angelus dello scorso febbraio ci ricordava che “la natura ci sfida ad essere solidali e attenti alla custodia del creato, anche per prevenire, per quanto possibile, le conseguenze più gravi”.
In particolare quest’anno vogliamo invitare a riflettere su una frase che papa Francesco ha ripetuto in diversi contesti: “Non abbiate paura della fragilità”.

Per le comunità colpite dal disastro, non avere paura della fragilità può significare scoprire il dono e la capacità di resilienza nonostante ciò che è accaduto (terremoto, tifone,..).

L’impatto di un disastro naturale nella vita di una comunità sociale, civile, si esplica in un caleidoscopio di situazioni che – solo quando è cessato il momento di massima criticità – si cominciano ad avvertire in tutta la loro dimensione di drammaticità: la morte di una persona cara, la perdita improvvisa delle cose che dicono gli affetti e la storia di un’intera esistenza, del lavoro, dei punti di riferimento di una vita, … sono esperienze di vita che mettono a dura prova l’equilibrio psicologico della persona e la stabilità di tutta una comunità civile: emozioni forti, senso di smarrimento, di profonda inquietudine ed incertezza prendono il sopravvento e la persona nella sua identità individuale e collettiva potrebbe sentirsi come un “puzzle che va in pezzi”.

Difficile leggere l’evento, collocarlo nella giusta prospettiva, tutto sembra nebuloso, il tempo scorre dettato dallo stato d’animo e le cose acquistano un sapore diverso. Alcuni si adattano presto, altri richiedono un processo più laborioso e faticoso: ma da cosa deriva questa differente capacità di resistere agli “urti” potenti, emotivamente e razionalmente inesplicabili? O meglio, perché ci sono individui più o meno resilienti?

Foto scattate in Kenya dalla Camillian Task Force

Foto scattate in Kenya dalla Camillian Task Force

La resilienza, termine derivato dalla scienza dei materiali e indica la proprietà che alcuni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione.

Applicata alle situazioni delle persone, connota proprio la capacità delle persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. Non è quindi solo capacità di resistere, ma anche di “ricostruire” la propria dimensione, il proprio percorso di vita, trovando una nuova chiave di lettura di sé, degli altri e del mondo, scoprendo una nuova forza per superare le avversità.

Non avere paura della fragilità”, vuol dire anche “entrare” nella fragilità biologica, emozionale, affettiva, materiale delle persone per rilanciare un rinnovato attaccamento agli eventi della vita. Ma cosa fa si che un uomo o una donna, inseriti in una comunità sventrata dalla catastrofe, siano più o meno resilienti?

A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori, primo fra tutti la presenza all’interno come all’esterno della comunità di relazioni con persone solidali. Questo tipo di relazioni crea un clima di amore e di fiducia, e fornisce incoraggiamento e rassicurazione favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza.

Non avere paura della fragilità”, vuol dire anche “entrare” nella fragilità, in punta di piedi, considerandola – come Mosè al cospetto del divino (Es 3,5) – come terra sacra, per sostenere ed accompagnare il controllo, l’impegno, l’autostima, le emozioni positive, incentivando il supporto sociale.

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Foto scattate in Kenya della Camillian Task Force

Le strade che possono portare le persone ad accrescere il proprio livello di resilienza sono numerose. La “resilienza” può quindi essere appresa, sviluppando e lasciandosi aiutare a sviluppare l’autostima, l’autoefficacia, l’abilità di tollerare le frustrazioni della vita senza lamentarsi, la capacità di risolvere i problemi e di produrre cambiamenti, la speranza, la tenacia, il senso dell’umorismo.

La resilienza non è dunque una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque in qualunque circostanza.

Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita, avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili, ma è resiliente chi è disposto al cambiamento quando è necessario, chi è disposto a pensare di poter sbagliare, ma anche chi si dà la possibilità di poter correggere la rotta.

Non avere paura della fragilità”, vuol dire anche “entrare” nella fragilità altrui, consapevoli e resilienti anzitutto della propria fragilità personale!

P.Gianfranco Lunardon

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