Anno della Vita Consacrata – Anthony F. McSweeney, SSS

LA VITA CONSACRATA OGGI

Anthony F. McSweeney, SSS

(PARTE PRIMA)

La sfida per l’umanità: una nuova mentalità

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Anthony F. McSweeney, ex Superiore Generale dei Religiosi Sacramentini

Il dominio scientifico dell’atomo ha messo un potere devastante e senza precedenti nelle mani dell’uomo, e gli orrori di Hiroshima e Nagasaki ci hanno dimostrato una volta per tutte, non soltanto quanta distruzione può causare, ma anche che gli esseri umani potrebbero essere disposti ad usare questo potere, aprendo così la possibilità di distruggere un giorno la vita stessa sul pianeta. Albert Einstein, che sapeva più degli altri di che cosa stava discorrendo, lanciò in nome di molti un accorato appello per un radicale cambiamento di mentalità, dicendo:

Lo scatenato potere dell’atomo ha cambiato tutte le cose eccetto la nostra maniera di pensare. Stiamo, quindi, andando alla deriva verso una catastrofe che non ha uguali. Abbiamo bisogno di una sostanzialmente nuova maniera di pensare se la razza umana vuole sopravvivere.

A questo momento la maggiore sfida per l’umanità è fare un salto di coscienza, entrare in una nuova tappa dell’evoluzione che è fondamentalmente la trasformazione spirituale e morale della coscienza umana.

L’esigenza di una nuova coscienza

Il periodo di rinnovamento ci ha obbligati, come religiosi, di ri-pensare profondamente la nostra vita.

Tra il 1956 e il 1958, la mia Congregazione pubblicò uno studio sulla spiritualità dell’istituto unitamente a un commentario, di tre volumi, sulle Costituzioni del nostro Fondatore. Nelle circa mille pagine di questi volumi non c’è, in assoluto, nessun riferimento alla vita comune dell’immensa maggioranza degli uomini e donne che abitano nostro pianeta. Non vi si fa menzione della vita quotidiana umana, né esiste riferimento al matrimonio, alla famiglia, ai figli, e nemmeno si parla del lavoro con le sue preoccupazioni e incombenze, né del mondo della politica e dell’economia. Le gioie e i dolori normali, le speranze e i timori dell’esistenza non vi lasciano una qualche traccia. La vita reale e quotidiana dell’uomo sembra lontana da quelle pagine.

A poco più di dieci anni dalla guerra più terribile della storia e degli inesprimibili orrori dell’Olocausto, non troviamo in queste pagine la purché minima traccia degli avvenimenti della storia umana, soltanto i piccoli avvenimenti intra-ecclesiali che riguardavano direttamente la nostra congregazione. Anche se avevamo recentemente fondato comunità in Africa, non vi era nessuna allusione in queste pagine alle guerre d’indipendenza che stavano scoppiando nelle antiche colonie di quel tempo, e nemmeno potevamo sapere da questo studio, che era in atto una pericolosa guerra fredda a livello planetario.

Né l’anelito per la pace, né la lotta contro l’ingiustizia e l’oppressione meritavano di disturbare questo mondo rarefatto e spirituale.

II passaggio da questa mentalità così stretta e chiusa, che ci ha segnato profondamente, alla vasta espansione della coscienza di oggi, ci ha obbligato a fare dei passi da gigante.

II vero dramma del nostro tempo, allora, è per noi come per tutti di vivere una trasformazione della coscienza, cioè sperimentare, nel nostro piccolo mondo immediato, i grandi dolori e le lotte della nostra epoca. Ciò supporrà condividere con i nostri contemporanei lo sforzo di comprendere ciò che ci sta succedendo, e imparare a schierarci apertamente dalla parte giusta nella lotta contro gli enormi mali che minacciano l’umanità del nostro tempo.

La vita religiosa avrà senso per la gente nella misura in cui i religiosi vivranno le fondamentali preoccupazioni umane dell’epoca, ma a condizione che le vivano come una ricerca di Dio, aprendosi alla trasformazione della mente e del cuore che Cristo vuole realizzare in noi. È forse vero ciò che dice Guccini, cioè che “la gente si rivolge a noi per dei servizi, ma cerca altrove il senso della vita?”.

Il più grande pericolo è, per la mancanza di risorse spirituali, lasciarci sedurre dal piccolo mondo dei nostri immediati interessi e soddisfazioni, dei nostri modi di pensare abituali, formati spesso dal modello individualista e soggettivo della dominante cultura post­moderna. E’ assai restare addormentati nella pigrizia spirituale o accontentarci di una maniera superficiale di pensare, cercando le comodità e optando per la passività, preoccupati di soddisfare le nostre necessità, cedendo al consumismo, e dando, infine, un’indebita importanza agli aspetti futili della vita sociale, sfruttando i gratificanti benefici di una società opulenta. Alla fine la nostra presenza difficilmente si differenzierà nella massa, dato che siamo diventati “proprio come uno di più”. Siamo non solo nel mondo, ma anche del mondo.

II nostro tempo ha bisogno di testimoni spirituali, come disse il Signor Khatami, Presidente dell’Iran, in occasione del funerale di Giovanni Paolo II. Anche se viviamo gli impegni ordinari della nostra vita quotidiana, curando i malati, lavorando con i poveri, servendo la crescita delle comunità, ciò che importa è la coscienza con la quale lo facciamo.

foto 2Anche se separati dal secolo in un monastero contemplativo, la vera persona spirituale è, in qualche modo, in sintonia con le più profonde tensioni dell’epoca, come dimostra un pregevole testo di Thomas Merton. Già nel 1950, Merton scriveva queste parole straordinariamente profetiche:

Stiamo vivendo nella più grande rivoluzione della storia, un’enorme e spontanea agitazione di tutta la razza umana. Non una rivoluzione pianificata e compiuta da un particolare partito, razza o nazione, ma una profonda ebollizione di tutte le contraddizioni interne che sono sempre state tra la gente, una rivoluzione di caotiche forze dentro ognuno. Ciò non è qualcosa che abbiamo scelto, e nemmeno qualcosa che siamo liberi di evitare.

Non è difficile rendersi conto come la nostra visione di noi stessi sta anche subendo grandi cambiamenti. C’è una nuova coscienza della nostra implicazione nel cosmo, del fatto che siamo polvere di stelle in ogni atomo del nostro corpo. Allo stesso tempo siamo sfidati a reintegrare molto di ciò che è stato dimenticato o represso nelle precedenti generazioni: come il corpo, la sensualità, i sentimenti e la femminilità.

Una nuova società sta lottando per nascere in cerca di nuove basi nella parità tra i sessi e il rispetto per ogni persona di qualsiasi razza, cultura o colore. Ciò si sta accelerando per i maggiori afflussi migratori di tutta la storia, le razze si stanno mescolando come mai prima ed è imprescindibile e urgente il rispetto per le differenze e la liberazione dai pregiudizi. Le condizioni di lavoro, la politica e la vita sociale stanno subendo un cambiamento senza precedenti, come pure la lotta dei popoli per una maggiore democrazia, per arrivare ad essere soggetti della propria storia. Per la prima volta nella storia, le grandi religioni del mondo stanno cominciando a dialogare tra di loro, nonostante la violenza reazionaria di varie forme di fondamentalismo

Una nuova nascita di Dio nelle coscienze degli uomini

L’uomo post-moderno deve imparare a dire “Dio” nel suo proprio idioma e scoprire il volto di Cristo che è proprio del nostro tempo. Ogni epoca ha colto un aspetto del suo mistero e ha saputo generare un’immagine propria del suo volto. Nel periodo di grande transizione culturale che stiamo vivendo, l’umanità sperimenta una profonda crisi religiosa come l’ha fatto in altri passaggi simili. Questi passaggi sono difficili e dolorosi, di apparenti perdite ma allo stesso sono ere di grande creatività spirituale.

Oggi il mondo è attraversato da un’ondata di ricerca spirituale. Sessant’anni fa, la parola “spiritualità” era poco usata fuori del campo molto specializzato della storia della spiritualità cattolica (dove più spesso si parlava allora piuttosto “dell’ascetica e mistica”). E’ divenuta invece negli ultimi decenni un termine che gode di una grandissima diffusione nel mondo intero.

Una novità sorprendente di questa ricerca di spiritualità sta nel presupposto che si può sviluppare una spiritualità priva di riferimenti religiosi e di radicamenti in una chiesa o altra organizzazione religiosa. Non abbiamo anche noi la nostra parola da dire in proposito?

Nonostante le difficoltà che stiamo sperimentando nei nostri istituti religiosi e la povertà delle nostre attuali risorse, rimane un compito inalienabile della vita consacrata contribuire ancora oggi, come nel passato, a questa ricerca. Anzi direi che la nostra attuale povertà anziché essere un ostacolo può costituire al contrario un campo fecondo per una nuova esperienza religiosa.

Penso allora che noi religiosi siamo chiamati a offrire il nostro proprio contributo a far nascere, oggi, questo nuovo volto di Cristo, a partire, però, dall’attuale esperienza di povertà che stiamo vivendo invece di rimpiangere i tempi della crescita e dei successi che avremmo potuto ritenere forse spiritualmente più fecondi.

Nuove risorse e un nuovo luogo sociale

comunitàPer favorire questo cambio di coscienza, dobbiamo sviluppare la nostra capacità per una più autentica interiorità. In questo caso le grandi ri-scoperte associate al Vaticano II sono preziosi aiuti: il recupero delle classiche fonti di spiritualità, soprattutto la liturgia e la Sacra Scrittura, e il ritorno delle antiche tradizioni della preghiera e della contemplazione, particolarmente delle pratiche di assimilazione della Parola come la Lectio Divina. L’introduzione delle cognizioni psicologiche contemporanee ha anche avuto la sua parte, anche se c’è stata, per un certo periodo, una tendenza riduzionista ad equiparare la salute spirituale alla maturità psicologica.

Ritengo tre di queste risorse come particolarmente importanti: la parola di Dio, l’Eucaristia e il Fondatore.

Abbiamo, dunque, nuove risorse, se vogliamo usarle. II punto è se comprendiamo bene la vera natura della sfida e se siamo spinti ad utilizzare queste fonti in un modo nuovo, in dialogo e con consapevolezza delle lotte del nostro tempo.

Qui, mi sembra, si situa la vostra scelta: pensare la vostra missione dall’angolo della giustizia e della solidarietà. Una tale scelta vi colloca su ciò che Mons. Pierre Clavarie, op, Vescovo in Algeria, chiamò le linee di frattura della realtà del nostro tempo. Scriveva, poco prima di rimanere ucciso in un attentato ad opera di un gruppo di fondamentalisti:

La chiesa realizza la sua vocazione quando essa si rende presente nelle rotture che crocifiggono l’umanità nella sua carne e nella sua unità. Gesù è morto straziato tra il cielo e la terra, le braccia stese per raccogliere i figli di Dio dispersi per motivo del peccato che li separa, li isola e li fa insorgere gli uni contro gli altri e contro lo stesso Dio. Egli si è posto sulle linee di frattura nate da quel peccato. In Algeria noi siamo su una di queste linee sismiche che attraversano il mondo: Islam/Occidente, Nord/Sud, ricchi/poveri. Siamo davvero al nostro posto poiché è proprio in questo luogo che si può intravedere la luce della risurrezione.

La prima cosa, quindi, è collocarsi nel luogo giusto; ma con quale mentalità?

Credo che per noi questo sia anche un tempo per il silenzio, l’ascolto, la riflessione. Attualmente non è importante ciò che facciamo (continuiamo a fare ciò che facciamo), ma quello che importa ora è che ascoltiamo ciò che Dio vuole da noi. E’ il momento, quando “la parola del Signore è rara” (I Sam 3,1), che i profeti si sono mobilitati (Giamberto Pegoraro).

Non sono d’accordo che “non è importante ciò che facciamo”; comunque si noterà che Pegoraro non sta consigliando la passività, anche se le sue parole potrebbero suggerire il tempo di “riporre gli attrezzi”. Né ci sta invitando a diventare monaci lontani dalla mischia. Ci sta piuttosto consigliando un atteggiamento. Ci propone di trovare dentro di noi un centro profondo. Ci sta suggerendo di dare più tempo al discernimento che non ai piani e ai programmi, di affrontare le nostre perplessità davanti alla realtà sconcertante in cui ci troviamo, senza cercare di fare immediatamente qualcosa. Ci sta suggerendo che dobbiamo prendere tempo per sviluppare una nuova coscienza, e che ciò significa necessariamente andare in profondità. (Segue…)

 

Dal 22 al 25 gennaio, avrà luogo il Colloquio ecumenico di religiosi e religiose organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica. Le tre giornate si concluderanno con la preghiera dei vespri (il programma sarà pubblicato in questi giorni sul sito www.vatican.va alla pagina della CIVCSVA). Ben conosciamo l’importanza e anche l’urgenza di pregare per l’unità. Siete tutti invitati, con le vostre comunità, a partecipare alla preghiera del primo giorno (22 gennaio alle ore 19.00) nella Chiesa del Gesù a Roma.