Discorso di apertura di p.Pessini per l’incontro dei Superiori Maggiori

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INCONTRO ANNUALE del SUPERIORE GENERALE, dei CONSULTORI

e dei SUPERIORI MAGGIORI dell’ORDINE CAMILLIANO

        Roma, 23 giugno – 1 luglio 2017

Carissimi Confratelli,

Salute e pace nel Signore delle nostre vite, progetti, sogni e speranze!

Benvenuti a tutti a Roma per questo raduno annuale del Governo generale con i Superiori Maggiori del nostro Ordine.

Ricordo brevemente le ragioni per che ci raduniamo. La nostra Costituzione e le Disposizioni Generali: “Il superiore generale si consulta anche con i superiori provinciali, i vice provinciali e i delegati circa le questioni più importanti che riguardano tutto l’Ordine. Possibilmente ogni anno, e quando il caso lo richieda, convocherà i provinciali, i vice-provinciali e i delegati, le cui delegazioni abbiano almeno 12 professi solenni, per trattare, con la consulta generale, i vari problemi”.  (…) Tutti i superiori, rispettando le giuste e legittime differenze, vigilino perché ciò che è particolare  non solo non ostacoli l’unita, ma piuttosto la favorisca. Promuovano tra le de diverse parti dell’ordine  la comunione fraterna, lo scambio delle esperienze pastoraliattività inerenti al nostro ministero, e l’aiuto materiale» (le sottolineature sono nostre) (DG.79).

Finora – nel sessennio 2014-2020 – sono stati celebrati due incontri internazionali: in Polonia (Varsavia) dal 19 al 23 maggio 2015[1] ed in Burkina Faso (Ouagadougou) dal 9 al 16 ottobre 2016[2].

Ora ci raduniamo per la terza volta, a Roma, secondo un’agenda di lavoro molto precisa e dettata sostanzialmente dalla seconda fase del Progetto Camilliano: per una vita fedele e creativa – Sfide e opportunità.

Ricordando e ritornando al nostro GPS di governo in questo sessennio (2014-2020)

Il nostro Progetto Camilliano: per una vita fedele e creativa. Sfide e opportunità, presenta la proposta di rinnovamento e di trasformazione articolata sua due livelli da considerare come dei binari inseparabili: interiore (discernimento spirituale, valori della vita consacrata, ecc.) ed esteriore (strutture organizzative).

La concretizzazione di questo progetto si sta svolgendo in due momenti: Rivitalizzazione interioreI parte del triennio 2014-2107; Ristrutturazione organizzative – II parte del triennio 2017-2020. Tra gli obiettivi della seconda fase, periodo di ristrutturazione o riorganizzazione, c’è quello di avviare un processo che porti a:

  • rivedere le strutture organizzative dell’Ordine;
  • favorire un cambiamento di mentalità che renda possibile ed efficace la necessaria collaborazione fra le diverse parti dell’Ordine;
  • ottimizzare le risorse dell’Ordine unificando oppure accentrando servizi, soprattutto nel campo della formazione;
  • unificare, amalgamare, accorpare province, vice provincie o delegazioni; cercare nuove forme di Leadership dell’Ordine, ecc. (Cfr. Progetto Camilliano2.).

La prima parte del progetto camilliano – rivitalizzazione interiore!

La pubblicazione Essere camilliano e samaritano oggi: con il cuore nelle mani nelle periferie esistenziali e geografiche del mondo della salute[3] costituisce la sintesi preziosa di questo impegno del Governo generale dell’Ordine, nel compiere un esodo  personale, nel vivere in uscita e di andare al incontro ai nostri confratelli dove lavorano e vivono secondo il carisma camilliano.

Il leit motiv di questo atteggiamento ruota attorno ad una chiave ermeneutica storica. In occasione dell’anno della Vita Consacrata (2015) siamo stati invitati a ricordare e a raccontare la nostra storia, ma siamo anche stati provocati a rimembrare che con l’assistenza dello Spirito Santo abbiamo una grande storia da costruire. In questa prospettiva, dobbiamo guardare al passato con gratitudine, vivere il presente con passione, per essere strumento di comunione (e noi camilliani per servire con compassione samaritana) ed abbracciare il futuro con speranza!

Questo libro dal titolo Essere camilliano e samaritano oggi, è il risultato delle visite fraterne e pastorali (canoniche) vissute dal superiore generale e dai consultori generali, nel contesto delle diverse aree geografiche dell’Ordine camilliano nel corso dei primi tre anni (luglio 2014-luglio 2017) del sessennio (2014-2020).

Nel ultimo Capitolo Generale Estraordinario del nostro Ordine (LVIII, Ariccia (RM), 16-21 giugno 2014) quasi con un ‘tono di supplica’, si chiedeva che il superiore generale e la consulta generale fossero più vicino ai religiosi, visitandoli, accompagnandoli, incontrandoli proprio dove vivono ed esercitano il loro ministero, soprattutto nelle periferie, proprio come raccomanda papa Francesco: essere una ‘chiesa in uscita’; vivere la dinamica di una ‘chiesa ospedale da campo’. In Evangelii Gaudium (n. 49), papa Francesco afferma categoricamente: ‘preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura nella comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti’.

Questo massimo evento dell’Ordine, a livello deliberativo, ha confermato tale progetto di rivitalizzazione della vita religiosa camilliana, individuando anche tre priorità (definite urgenze o emergenze) d’azione:

  1. Economia: maggiore trasparenza ed organizzazione a partire dalla casa generalizia, ripristino della commissione economica centrale, supervisione dei bilanci e delle attività delle province religiose con difficoltà economiche e finanziarie;
  2. Formazione iniziale e permanente, con impegno per la promozione vocazionale, come condizione per il nostro stesso futuro;
  3. Comunicazione intesa come condizione per costruire la fraternità e la vita di comunità. Come ho avuto modo di ripetere molte volte nei nostri incontri, ‘l’unica comunicazione che funziona molto bene tra di noi è l’annuncio della morte dei confratelli’! Mi pare ancora che la comunicazione non riposi troppo nel nostro DNA camilliano! Dobbiamo, senza dubbio, imparare a comunicare molto meglio anche le nostre esperienze di vita!

Il Progetto camilliano si inserisce in un contesto ecclesiale di fondo caratterizzato da tre grandi eventi: l’elezione di papa Francesco (13/3/2013); l’anno della Vita Consacrata (2015); il giubileo straordinario della misericordia (2015/2016).

Alcuni dati statici circa i viaggi e le visite canonici e pastorali vissute.  Il monte complessivo dei giorni dedicato a questo ministero nel corso di questi tre anni (2014-2017) è il seguente: su 1.095 giorni (3 anni = 365×3), 522 sono stati finalizzati a questo ministero di incontro dei confratelli nelle visite pastorali e corrisponde quasi ad un anno e mezzo trascorso in 71 viaggi, di cui 50 all’estero e 21 in Italia.

L’incontro annuale del Superiore generale, dei Consultori e dei Superiori maggiori (Roma, 23 giugno – 1 luglio 2017)

In questi incontri, ormai ‘di tradizione’ tra di noi camilliani, si cerca uno stile di governance e di leadership di carattere collegiale. Quest’anno cercheremo di rispondere a questa necessità specifica di formazione: come ‘fare’ il Provinciale, il Vice-Provinciale o il Delegato?

Davanti a noi emerge la realtà in cui dobbiamo affrontare alcune importanti sfide organizzative e strategiche della geografia camiliana, principalmente in Europa. Ma prima di compiere i necessari cambiamenti organizzativi, dobbiamo: 1)  crescere nella apertura  fraterna nella consapevolezza autentica che siamo una unica famiglia religiosa. Al di là dei cambi strutturali che è necessario implementare, l’essenziale del nostro essere e fare ‘camilliano’, rimane ​il medesimo; 2) mantenere un’apertura  rispettosa del cuore verso l’altro, che cerca di costruire unità nella consapevolezza che prima di tutto, noi siamo camilliani  membro dell’Ordine Camilliano, inseriti poi in una determinata Provincia, Vice-provincia o Delegazione. Tentare di creare forme di unità per imposizione ‘canonica’, senza aver prima sensibilizzato i nostri cuori all’unità, sarebbe un lavoro inutile e porterebbe solamente più sofferenze.

TEMA CENTRALE

Rilanciare il Progetto Camilliano, per una vita Fedele e Creativa. Sfide e opportunità quale programma dell’Ordine Camilliano per il sessennio 2014-2020 (secondo triennio 2017- 2020).

OBIETTIVI

  1. Prospettare nuovi orizzonti per le priorità del Progetto Camilliano per il periodo 2017-2020, tenendo conto del contesto ecclesiale e dei contributi (riflessioni) emerse durante gli ultimi Capitoli e/o Assemblee delle Province, Vice-Province e Delegazioni.
  2. Offrire ai nuovi Superiori Maggiori dell´Ordine la possibilità di riflettere sul significato umano, spirituale e pastorale del servizio ai confratelli, oltre ad indicare orientamenti pratici e linee guida circa le attività di segreteria da espletare (documentazione, relazione annuale, visite pastorali, documenti riguardo ai religiosi che entrano nell’Ordine o che lasciano l´Ordine, pubblicazioni, ecc.).
  3. Orientare i Superiori Maggiori riguardo alle situazioni di pedofilia, di alcoolismo ed altri tipi di dipendenze: che fare per prevenire e curare? Quali sono gli orientamenti della chiesa e del diritto canonico?
  4. Conoscere anche come pellegrini e celebrare la storia dei luoghi legati alla Conversione di San Camillo a Manfredonia e San Giovanni Rotondo.
  5. Favorire la conoscenza reciproca, la fraternità e lo scambio di esperienze tra i Superiori Maggiori confermati e nuovi riguardo al ministero dell’essere leadership nel nostro Ordine.

La sfida di essere ‘leader’ di una nuova cultura organizzativa superando alcune tentazioni!

Papa Francesco, durante la sua recente visita in Egitto (Cairo, 29 aprile 2017), parlando con il clero, i religiosi, le religiose e i seminaristi, ha elencato alcune sfide che i cristiani e religiosi hanno oggi davanti ai occhi[4]. Credo che sia fruttuoso ascoltarlo quando dice che esistono ‘tanti motivi di scoraggiamento e tra tanti profeti di distruzione e di condanna, in mezzo a tante voci negative e disperate’ … ma che ‘voi siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società; siate il locomotore che traina il treno in avanti, diritto verso la mèta; siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia’.  ‘Questo è possibile se la persona consacrata non cede alle tentazioni che incontra ogni giorno sulla sua strada, (…) ben descritte dai primi monaci dell’Egitto’. Qui papa Francesco parla di ‘tentazioni’, ma in un celebre discorso reso ai suoi stretti collaboratori della Curia Romana, in occasione degli auguri di Natale, che ha avuto grande risonanza mediatica, Francesco parla di ‘malattie’ che devono essere combattute[5].

Di seguito ripresento le tentazioni rispetto a cui esercitare la nostra prudenza:

  • La tentazione di lasciarsi trascinare e di non guidare. Il Buon Pastore ha il dovere di guidare il gregge (cfr. Gv 10,3-4), di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua (cfr. Sal 23). Non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo: “Cosa posso fare?”. È sempre pieno di iniziative e di creatività, come una fonte che zampilla anche quando è prosciugata; ha sempre la carezza di consolazione anche quando il suo cuore è affranto; è un padre quando i figli lo trattano con gratitudine ma soprattutto quando non gli sono riconoscenti (cfr. Lc 15,11-32). La nostra fedeltà al Signore non deve mai dipendere dalla gratitudine umana: «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18).
  • La tentazione di lamentarsi continuamente. È facile accusare sempre gli altri, per le mancanze dei superiori, per le condizioni ecclesiastiche o sociali, per le scarse possibilità… Ma il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spirito Santo, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare. Per questo il Signore rivolgendosi ai Pastori disse: «Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche» (Eb 12,12; cfr. Is 35,3).
  • La tentazione del pettegolezzo e dell’invidia. E questa è brutta! Il pericolo è serio quando il consacrato, invece di aiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fratelli e delle sorelle, si lascia dominare dall’invidia e diventa uno che ferisce gli altri col pettegolezzo. Quando, invece di sforzarsi per crescere, inizia a distruggere coloro che stanno crescendo; invece di seguire gli esempi buoni, li giudica e sminuisce il loro valore. L’invidia è un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo: «Se un regno è diviso in sé stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in sé stessa, quella casa non potrà restare in piedi» (Mc 3,24-25). Infatti – non dimenticatevi! –, «per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo» (Sap 2,24). E il pettegolezzo ne è il mezzo e l’arma.
  • La tentazione del paragonarsi con gli altri. La ricchezza sta nella diversità e nell’unicità di ognuno di noi. Paragonarci con coloro che stanno meglio ci porta spesso a cadere nel rancore; paragonarci con coloro che stanno peggio ci porta spesso a cadere nella superbia e nella pigrizia. Chi tende a paragonarsi sempre con gli altri finisce per paralizzarsi. Impariamo dai Santi Pietro e Paolo a vivere la diversità dei caratteri, dei carismi e delle opinioni nell’ascolto e nella docilità allo Spirito Santo.
  • La tentazione del “faraonismo” – siamo in Egitto! –, cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la presunzione di farsi servire invece di servire. È una tentazione comune fin dall’inizio tra i discepoli, i quali – dice il Vangelo – «per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9,34). L’antidoto di questo veleno è: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35).
  • La tentazione dell’individualismo. Come dice il noto detto egiziano: “Io, e dopo di me il diluvio”. È la tentazione degli egoisti che, strada facendo, perdono la mèta e invece di pensare agli altri pensano a sé stessi, non provandone alcuna vergogna, anzi, giustificandosi. La Chiesa è la comunità dei fedeli, il corpo di Cristo, dove la salvezza di un membro è legata alla santità di tutti (cfr. 1 Cor 12,12-27; Lumen Gentium, 7). L’individualista invece è motivo di scandalo e di conflittualità.
  • La tentazione del camminare senza bussola e senza mèta. Il consacrato perde la sua identità e inizia a non essere “né carne né pesce”. Vive con cuore diviso tra Dio e la mondanità. Dimentica il suo primo amore (cfr. Ap 2,4). In realtà, senza avere un’identità chiara e solida il consacrato cammina senza orientamento e invece di guidare gli altri li disperde.

Siamo tutti chiamati a essere ‘artigiani di speranza’ nella costruzione di un futuro di vita per tutti

Una altra indicazione preziosa di papa Francesco per noi che cerchiamo di essere segni di speranza per una nuova mentalità e per una cultura organizzativa. Il Papa ha ripetuto innumerevoli volte nel contesto del Anno della Vita Consacrata (2015) che il lavoro della formazione non deve essere un intervento di natura poliziesca ma va portato avanti come un lavoro artigianale. Noi vogliamo esse “artigiani” di una nuova cultura organizzativa all’interno delle nostre comunità e strutture camilliane nel mondo.

Nel suo viaggio di ritorno a Roma dopo la visita a Fatima in Portogallo, rispondendo alla domanda di un reporter sulla imminente visita del presidente statunitense Donald Trump in Vaticano, cosi ha risposto: “Io non giudico mai una persona senza ascoltarla. Credo di doverlo fare. Parlando, usciranno le cose – sempre ci sono porte che non stanno chiuse. Bisogna cercare le porte che sono un po’ aperte, entrare e parlare di cose comune. Andare avanti, passo a passo. La pace è artigianale, si fa ogni giorno. Anche l’amicizia tra le persone, la conoscenza, la stima è artigianale, si fa tutti i giorni. Avere rispetto dell’altro, dire come la pensa uno, ma con rispetto, camminare insieme, essere molto sinceri” (i nostri distacchi)[6].

Infine, viviamo in un momento storico unico, in un mondo complesso, ricco di possibilità, ma anche tanto difficile da capire e con molte sfide da affrontare. Senza un orizzonte di speranza quando guardiamo il futuro diventiamo facilmente pessimisti e con narrazioni troppo apocalittiche. C’è il rischio che si affermi la visione secondo cui davanti di noi incontreremo uno scenario di caotico di distruzione (distopia). Esiste una paura generalizzata del futuro, che sta fortificando una tendenza alla retrotopia, affermava Zygmunt Bauman nel suo ultimo libro pubblicato, alcuni giorni prima della sua morte a 91 anni (9/01/2017). Il futuro (u-topia) si è trasformato in una minaccia di vita per tutti (es.: la crisi ecologica) e cosi cerchiamo di sopravvivere ritornando alla sicurezza del passato (retrotopia)[7].

Abbiamo perso da tempo la nostra fede nell’idea che gli esseri umani potrebbero raggiungere la felicità umana in un futuro stato ideale – uno stato che Thomas More ha descritto nella sua classica opera Utopia, che ha completato cinque secoli in 2016 – legato al ‘topos’, un posto fisso, la terra, un’isola, uno stato sovrano sotto un sovrano saggio e benevolo. Ma mentre noi abbiamo perso la fiducia nella nostra utopia di tutte le tonalità, l’aspirazione che ha creato questa possibilità, non è morta. Sta riemergendo oggi come una visione che non è focalizzata sul futuro, ma sul passato, non sul futuro che deve essere creato, ma su un passato abbandonato e ancora non morto, che potremmo chiamare retrotopia.

Bauman opera un importante riferimento a questo concetto di nostalgia a partire dal pensiero di Svetlena Boym, docente di letteratura slava e studi comparati, all’Università di Harvard[8]. Boym definisce la nostalgia come ‘un sentimento di perdita e di spostamento, ma è anche un romanzo con fantasia’ (p. XIII). Mentre nel XVII secolo, la nostalgia è stata trattata come una malattia curabile, che i medici svizzeri, per esempio, raccomandavano di curare con l’oppio, sanguisughe o un soggiorno in montagna, dal XXI secolo la malattia si trasformata in una condizione incurabile.

Il XX secolo è iniziato con una utopia futurista e si è concluso con la nostalgia (p.XIV). Boym conclude la diagnosi dei nostri giorni osservando che nella epidemia globale di nostalgia esiste un desiderio profondo per la comunità con una memoria collettiva, un desiderio di continuità in un mondo frammentato (i nostri distacchi) e si propone di vedere questa epidemia come ‘un meccanismo di difesa in un tempo di ritmi accelerati della vita e di sconvolgimenti storici’ (ibid.). Questo meccanismo di difesa consiste essenzialmente nella ‘promessa di ricostruire la casa ideale che si trova al centro di molti potenti ideologie di oggi. Siamo tentati di abbandonare il pensiero critico per la delimitazione emotiva’ e lei avverte: ‘Il pericolo di nostalgia è che si tende a confondere la casa reale con quella immaginaria’ (p.XVI). Infine, offre un suggerimento su dove cercare, con la probabilità di trovare, tali pericoli: nella grande varietà di nostalgie “restaurative”. Qui incontriamo una delle caratteristiche della rinascita dei movimenti nazionali e nazionalisti in tutto il mondo, che si impegnano nella realizzazione del mito antimoderno della storia, di un ritorno a simboli e miti nazionali, e, occasionalmente, attraverso la ripresentazione delle teorie del complotto’ (p.41).

Nel epilogo di questa pubblicazione, Bauman invita l’umanità a guardare avanti per un cambiamento, sperando un futuro migliore nel quale “dobbiamo abbracciare noi stessi per un lungo periodo segnato da più domande che risposte, problemi più di soluzioni, così come agire equilibratamente in ombra, fronte a una piccola possibilità di successo e anche di sconfitta. Ma in questo caso (…) il verdetto ‘non esiste alcuna alternativa’ si aggraverà senza alcuna probabilità di ricorso. Più che in qualsiasi altro momento, noi – gli esseri umani della terra – siamo nella situazione: o affrontiamo insieme uniti con le mani date, o guadagneremo tombe comuni”.

Siamo sfidati a riscattare in questo contesto storico la “utopia del regno di Dio” che deve essere centrale nella nostra fede e nel nostro ministero. A cosa serve l’utopia?  Lo scrittore e giornalista uruguayo, Eduardo Galeano dice che “l’utopia sta nell’orizzonte. Faccio due passi, e l’orizzonte si allontana di due pasci. Cammino dieci passi e anche l’orizzonte percorre dieci passi. Per quanto io cammini, sarà impossibile arrivare vicino ed insieme. A che serve l’utopia? Serve a questo: io non smetta mai di camminare”.

Cosa aspettarsida futuro, dal momento che molti dubitano e si domandano se esisterà ancora un futuro?

Alla riflessione di Zygmunt Bauman possiamo associare il pensiero di Edgar Morin. Entrambi questi pensatori sono critici accaniti di ciò che accade agli uomini nella nostra epoca moderna e contemporanea e ci offrono alcuni spunti interessanti circa il futuro dell’umanità.

Edgar Morin, celebre pensatore ed educatore francese, parlando della vita umana, ci dice che la nostra vita è intessuta di ‘prosa e di poesia’, come se fossero due facce della stessa medaglia. ‘Abbiamo necessità di riconfigurare la nostra vita perché essa è condannata ad essere un’esistenza cronometrata, monotona’. La nostra vita ha bisogno di maggiore autonomia e di maggiore esperienza di comunità. Egli ricorda che Zygmunt Bauman ha affermato che lo sviluppo individuale necessita di un contesto comunitario per potersi realizzare. Non possiamo crescere in modo chiuso, egocentrico ed egoista.

Abbiamo bisogno di queste due cose che sembrano solo apparentemente in opposizione, ma che sono necessarie: abbiamo bisogno di maggiore autonomia e di maggiore comunità. Possiamo descrivere la vita come un’esperienza polarizzata da un lato attorno ad un polo che possiamo chiamare ‘prosa’, e d’altra parte attorno al polo della ‘poesia’. Che cosa è la prosa della vita? Essa rappresenta ciò che siamo obbligati a fare, che ci dà fastidio, ci rattrista, quello che stiamo costretti a svolgere. Ma lo facciamo per guadagnarci da vivere. Abbiamo conquistato la nostra vita perdendola, ossia assumiamo questo stile di vita semplicemente per sopravvivere. La prosa della vita è ciò che ci permette di sopravvivere. Invece la poesia della vita è ciò che realizziamo per la nostra crescita: è tutto quello che ci fa vivere con un senso pieno, con una partecipazione forte. La poesia della vita risiede nell’amore, nella comunione, nel divertimento, nella danza, nell’estasi, nella festa. Questa è la poesia della vita.

Secondo Zygmunt Bauman noi siamo incamminati nella direzione della retrotopia ed aggiunge che oggi stiamo vivendo il fenomeno inquietante e angosciante della privatizzazione delle utopie. Si assiste alla mancanza di utopie, e questa sarebbe la causa della crisi che oggi viviamo nella società occidentale, ma esiste anche la situazione nella quale le utopie esistono, ma solo per pochi e sono state privatizzate.

Fino a mezzo secolo fa, l’utopia si riferiva ad una società perfetta in cui ogni persona avrebbe potuto avere un posto sicuro e a tutti, più o meno, sarebbe stata assicurata un’esistenza serena e dignitosa. Avere una vita buona significava vivere in una società buona, a motivo di essa e a grazie ad essa. Oggi questa utopia non esiste più, è finita!

Questa utopia non c’è più, perché l’utopia è stata privatizzata, come tante altre cose. L’utopia privatizzata non coinvolge più gli aspetti per una società migliore, ma riguarda solo i migliori individui della società, ciascuno colto nella sua condizione individuale, inserito in una società molto aggressiva.

Per quanto riguarda la società dicono che non può cambiare, ed ogni eventuale cambiamento è presentato come qualcosa di impossibile. In questo scenario, ciò che la singola persona può fare è prendere cura di sè stessa, dei suoi cari, della famiglia, del coniuge. Si tratta di trovare un luogo confortevole in un mondo fondamentalmente non accogliente e disagiato. Bauman presenta, come esempio di questa situazione, l’avvento di Facebook. In esso, la persona può creare e vivere un mondo immaginario, on-line, che però nella realtà è off-line. In esso la persona può assumere diverse identità (può essere chi si vuole essere), può far finta di essere qualcosa o qualcuno che non è, è possibile dare sfogo a tutti i propri sogni. Chiaramente è un modo per sfuggire alle dure esigenze e alle difficoltà del mondo off-line.

Pensando al futuro dell’umanità, Bauman afferma di non essere pessimista. Utilizza l’immagine dell’albero secolare di una quercia sviluppatosi da una semplice pianticella, per spiegare la sua visione. Tutti gli avvenimenti più grandi della storia hanno avuto un cominciamento molto piccolo ed umile. Se non fosse così, anche noi saremmo ancora nel periodo del Paleolitico e vivremmo nelle caverne. Coloro che hanno deciso di lasciare le caverne, all’inizio, erano una piccola minoranza. Bauman conclude dicendo che ‘prima o poi, l’essere umano troverà le soluzioni, cambierà le abitudini, cambierà se stesso ed inizierà a vivere in modo diverso. Sono quasi sicuro di questo, ma il problema che mi preoccupa è quanto tempo sarà necessario perché accada questo(la sottolineatura è nostra).

Concludiamo questa riflessione, osservando che forse mai come oggi la Speranza di Cristo è diventata così necessaria, ma dobbiamo vigilare affinché nessuno ce la rubi! Abbiamo bisogno di introdurre nel nostro DNA una buona dose di spirito utopico, ‘utopia’ intesa non come ‘non-luogo’, qualcosa che non è mai esistito e mai esisterà, ma come ‘eu-topia’, cioè luogo di felicità, abbracciando saggiamente la prosa e la poesia della vita (Edgard Morin), valutandoci come persone che vivono nella comunità, intesa come un luogo di appartenenza e di crescita in un mondo frammentato. Questo quando si realizzerà? Non lo sappiamo, ma come suggerisce Bauman, abbiamo bisogno di pazienza, di ‘sperare con speranza’ … nello stesso modo della grande quercia nata da una piccola pianticella e diventata poi un albero frondoso. Sostiamo dunque davanti ad un albero secolare di quercia e in silenzio contempliamolo!

Carissimi Confratelli, abbiamo una importante lezione da imparare da questo senso “utopico”: non fermiamoci mai di camminare verso l’orizzonte di luce, espressione simbolica del Regno promesso dal Signore. Camminare insieme e uniti, vigilanti per non lasciarci rubare la nostra speranza e la gioia di vivere e servire il Signore come veri samaritani.

Auguro che questo raduno sia una bella, ricca e gioiosa esperienza di crescita personale e fraternità, di attualizzazione, di discernimento spirituale sull’organizzazione concreta della nostra vita camilliana; di rinascita nella fede viva e nella speranza in Cristo, “che è il volto misericordioso del Padre”, e di re-innamoramento del nostro carisma camilliano.

Che San Camillo, nostro padre fondatore sia sempre la nostra inspirazione e che la Madonna della Salute intercedano per noi la salute integrale (fisica, psichica, sociale, affettiva e spirituale) per svolgere con sapienza umana e spirituale la nostra missione, vivendo a servizio delle persone più malate e bisognose, e ci sostengano in una leadership come ‘veri artigiani di una nuova cultura’ di ristrutturazione e riorganizzazione della nostre strutture, interne e esterne, strutture di comunità, di formazione e di ministero, nell’ambito della salute.

Buon lavoro a tutti!

Roma, 23 giugno 2017 

 

Leocir PESSINI, MI
Superiore Generale

 

[1] Cfr. Camilliani/Camillians, Saluto iniziale del Superiore Generale. Varsavia 18-23 maggio 2015, p. 4-9 (italiano), p.10-15 (inglese); sintesi delle giornate di incontro, p.16-23 (italiano); p.24-31 (inglese); n. 200, anno XXIX, 2/2015, aprile-giugno 2015, p. 4-31.

[2] Cfr. Camilliani/Camillians, Incontri del Superiore generale, dei Consultori e dei Superiori maggiori dell’Ordine. 50mo. Anniversario della presenza camilliana in Burkina Faso; n. 205-206, anno XXX, 3-4/2016, luglio-dicembre 2016, p.124 -143 (italiano), p.144-155 (inglese).

[3] PESSSINI L., ZOUNGRANA L., SANTAOLALLA SAEZ, J.I., MIRANDA A., LUNARDON G., Essere Camilliano e Samaritano Oggi: con il cuore nelle mani nelle periferie esistenziali e geografiche del mondo della salute, Ministri degli Infermi – Camilliani, Casa Generalizia, Roma, 2017.

[4] Papa Francesco, Discorso nell’incontro di preghiera con il clero, religiosi e seminaristi, Cairo – Seminario Patriarcale in Maadi, sabato 29 aprile 2017. Cfr. www.vatican.va.

[5]Le 15 malattie identificate da Papa Francesco (discorso ai membri della Curia Romana, 21 dicembre 2014) sono le seguenti: la malattia 1) del sentirsi “immortale”, “indispensabile”; 2) del “martalismo” (che deriva da Marta), dell’eccessiva operosità; 3) dell’ “impietrimento” mentale e spirituale”: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e la “testa dura” diventando “macchine di pratiche”; 4) dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo, diventando così un contabile o un commercialista; 5) del cattivo coordinamento: quando le membra perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità; 6) dell’“Alzheimer spirituale”: ossia la dimenticanza della propria storia di salvezza, della storia personale con il Signore, del «primo amore». 7) della rivalità e della vanagloria: quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita; 8) della schizofrenia esistenziale. È la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare; 9) delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. È una malattia grave, la persona diventa una “seminatrice di zizzania” (come satana), e in tanti casi “omicida a sangue freddo” della fama dei propri colleghi e confratelli. 10) del divinizzare i capi. È la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza; 11) dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a sé stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani; 12) della faccia funerea, ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri; 13) dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro; 14) dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso; e 15) del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri è la malattia delle persone che cercano (Cfr.  www.vatican.va).

[6] Papa Francesco, Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno da Fatima, sabato 13 maggio 2017.

[7] Bauman Zygmunt, Retrotopia, Polity Press 2017. Bauman già nell’introduzione della sua opera presenta il fascino esercitato dal passato (retrotopia), afferma che oggi viviamo in uma ‘stagione della nostalgia’. La retrotopia, fedele allo spirito utopico, trova il suo stimolo nella speranza di riconciliare finalmente: la sicurezza con la libertà – sia la visione originale come la prima smentita non provare – o provare – non è riuscito a farlo.

[8] Boym Svetlana, The Future of Nostalgia, Basic Books, 2001.

lando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro; 14) dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso; e 15) del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri è la malattia delle persone che cercano (Cfr.  www.vatican.va).

[6] Papa Francesco, Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno da Fatima, sabato 13 maggio 2017.

[7] Bauman Zygmunt, Retrotopia, Polity Press 2017. Bauman già nell’introduzione della sua opera presenta il fascino esercitato dal passato (retrotopia), afferma che oggi viviamo in uma ‘stagione della nostalgia’. La retrotopia, fedele allo spirito utopico, trova il suo stimolo nella speranza di riconciliare finalmente: la sicurezza con la libertà – sia la visione originale come la prima smentita non provare – o provare – non è riuscito a farlo.

[8] Boym Svetlana, The Future of Nostalgia, Basic Books, 2001.