Giovanni Maria Rossi: fare musicoterapia o essere musicoterapeuta in ascolto

La foto riportata qui a sinistra è stata scattata in un pomeriggio di fine agosto del 2001, a Lione, in Francia. Giovanni Maria Rossi ed io stavamo provando un brano poi suonato la sera stessa nell’ambito delle attività organizzate per uno degli incontri internazionali dell’associazione di studio sulla musica per la liturgia Univesa Laus.

È l’ultima foto che mi ritrae con Giovanni; ci siamo visti ancora dopo quell’evento, ma purtroppo non ho foto più recenti.

GMR è stato musicista, organista, maestro di vocalità e direttore di coro; in ognuno di questi ambiti ha profuso una dedizione esemplare, mettendo sempre in gioco tutto se stesso. Molti di coloro che lo hanno conosciuto ricordano quanto fosse pienamente coinvolgente la sua direzione di coro: non solo guidava il canto, ma lo suscitava dal profondo, sostenuto da una straordinaria capacità di stabilire relazioni interpersonali significative; e questo si rifletteva enormemente nell’attività musicale.

Ho sempre concepito la musica come dono da condividere; la musica e il canto erano per lui uno strumento per migliorare la qualità della vita di chi ne fruiva da esecutore e da spettatore; per lui, sacerdote, la musica, o meglio, il fare musica insieme, era  – in ultima analisi – un dono di Dio da condividere con il prossimo, in maniera evangelica. Inevitabile per il suo percorso di vita l’approdo alla musicoterapia, dove la musica è primariamente al servizio della persona, della qualità della vita e delle relazioni interpersonali. Ha creato centri e corsi di Musicoterapia ad Assisi, a Trento e Verona.

È il 1979 quando per la prima volta incontro Giovanni Maria Rossi ad un corso estivo di musica presso la Pro Civitate Christiana ad Assisi. Lo conoscevo di nome, come autore di alcune tra le più belle canzoni di musica liturgica dell’epoca; lo conoscevo perché era stato negli anni precedenti insegnante di vocalità a mio fratello, più grande di me di 5 anni.

Lo conoscevo come una personalità, un grande del canto e della musica, ma immediatamente mi sono reso conto che al sua grandeza stava nella capacità di accogliere l’altro – professionista adulto o studente del primo anno – e di metterlo a proprio agio fin da subito.

All’epoca ero adolescente, e studiavo violino presso il liceo musicale di Reggio Emilia.

La mia indole e l’educazione che avevo ricevuto mi avevano portato a crescere consapevole delle mie abilità musicali all’organo, al violino e al flauto, ma timido, impacciato e, dal punto di vista della voce e del canto, con la convinzione di non essere bravo come gli altri con cui suonavo regolarmente, anzi, di essere un po’ stonato, di non avere tanto orecchio.

La vita mi ha portato a diventare insegnante di canto, musicista e docente di inglese e di didattica delle lingue straniere. Come esperto di lingue tengo lezioni e conferenze in Italia e all’estero davanti a platee molto numerose, a volta anche centinaia di uditori; se riesco a sostenere il pubblico lo devo primariamente al percorso che con Giovanni Maria Rossi ho iniziato allora e portato avanti per oltre un decennio, dapprima studiando con lui, poi collaborando al suo fianco come docente di vocalità. Mi ha insegnato a “sentirmi” intonato, ad accettare la mia voce a lavorare a partire da essa così com’era e non come più o meno consciamente l’avrei voluta; in pratica, mi ha insegnato ad accettare me stesso, a volermi bene.

Ricordo, da suo studente, le serate, a volte le nottate, passate con lui a parlare, a tirar fuori le cose più intime del mio cuore.

Sentivo di poterlo fare con lui in particolare. Perché?

Solo dopo ho capito che lavorando sulla mia voce, lui lavorava sulla mia personalità, rendendola consapevole delle proprie potenzialità; in realtà, liberando le potenzialità della mia voce, ha liberato quelle della mia personalità.

Sottolineo questo aspetto per indicare implicitamente uno dei punti d’arrivo del suo lavoro:  Giovanni Maria Rossi mi ha aiutato ad accettare la mia voce, a migliorarla e, contemporaneamente, ad accettare e migliorare la personalità che stava dietro quella voce; ho vissuto su di me un intimo, straordinario e affascinante percorso musicoterapico nel quale Giovanni Maria Rossi è stato sì presente, ma mai invadente, anzi sempre rispettoso e puntuale in ogni suo atteggiamento.

Negli anni sono stato più volte suo studente in corsi di perfezionamento e collaboratore come docente in corsi base.

Oggi ritengo di essere una persona migliore di allora, una persona che sa accettare se stesso e gli altri, che sa voler bene a se stesso e agli altri in maniera disinteressata: tutto ciò lo devo soprattutto a lui e al lavoro che lui ha operato sulla mia voce facendo in modo che prendessi in mano la mia vita. Da lui ho imparato sulla mia pelle che lavorare sulla voce è lavorare sulla persona.

Da lui ho imparato prima di tutto ad ascoltare e ad ascoltarmi, all’interno di un percorso di crescita iniziato allora e destinato a durare tutta la vita.

Se impariamo ad ascoltare i segnali che il nostro corpo manda a noi stessi, impariamo a vivere in salute; nel momento in cui siamo realmente disposti a cambiare abitudini anche radicate in noi quando l’ascolto del nostro corpo e del nostro io più recondito ci intano a farlo, possiamo star certi di avere davanti a noi una vita più serena e più salute. Se impariamo ad ascoltare l’altra persona e a fare dono ad essa del nostro ascolto disinteressato, gratuito, totale e senza giudizi, avremo costruito legami capaci di resistere all’usura del tempo e dell’abitudine: ascoltandoci siamo nuovi ogni giorno, ascoltando l’altro scopriamo le novità che ha da dirci, costantemente.

Uno dei modi per imparare ad ascoltare se stessi, sosteneva Rossi, è imparare a cantare. Per migliorare il nostro canto dobbiamo crescere nel cammino dell’ascolto. C’è una straordinariamente ricca corrispondenza biunivoca tra il cantare e l’ascoltarsi.

“Per cantare intonati, bisogna sapere ascoltare” diceva spesso Giovanni Maria Rossi e in questo riprendeva principi frutto di studio e di elaborazione personale che da qualche anno andava codificando e divulgando il medico e foniatra francese Alfred Tomatis (1920-2000).

Nel 1991, insieme a Giovanni Maria Rossi, ho partecipato ad Innsbruck all’incontro internazionale di Universa Laus, e in quella sede ho ascoltato una relazione di un collaboratore del dott. Tomatis. Collego immediatamente quello che sento da questo illustre relatore a quello che Giovanni Maria Rossi, presente in sala, andava insegnando da anno, le affinità sono molteplici. È un momento di grande entusiasmo; elementi di tipo scientifico, neurologico, psico-relazionale, musical e spirituale convergono verso un punto solo apparentemente semplice, ma in realtà ricco di molteplici implicazioni: migliorare la dimensione dell’ascolto è migliorare la qualità della vita, o detto con più semplicità, tutto parte dall’ascolto: la qualità della vita, nostra e di chi ci sta intorno. Tutto parte dall’ascolto e il canto favorisce l’ascolto. Quale grande importanza riveste il canto nel nostro benessere personale?

È passato molto tempo da allora: molti studi, molte esperienze, molta vita, ma mai convinzioni maturate in me all’inizio degli anni ’90 sono state messe da parte; semmai sono state rafforzate da letture, esperienze personali e di altri colleghi musicisti e cantanti con i quali ho avuto modo di confrontarmi.

Nel mese di giugno dello scorso anno ho conseguito un Ph.D. in musicoterapia presso una prestigiosa Università anglosassone; è un ulteriore tassello del cammino di crescita iniziato con Giovanni Maria Rossi e non ancora terminato, consapevole che si tratti di cammino destinato a durare tutta la vita e capace di generare un entusiasmo sempre crescente.

Se oggi mi sento una persona migliore lo devo anche a questa persona cosi ricca, agli studi che mi ha dato modo di intraprendere, all’esempio che mi ha dato, al suo ascolto di cui ha saputo farmi dono.

Sento l’obbligo morale di poter essere nel mio piccolo, di aiuto agli altri come lui lo è stato per me.