I Camilliani oltre la Grande Muraglia

di Luciana Mellone

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Papa Francesco in Cina

Qualche giorno fa  Papa Francesco ha effettuato il viaggio apostolico in Corea e, per la prima volta nella storia, è stato concesso da parte della Cina il permesso di sorvolo dell’aereo papale nei cieli al di sopra del territorio nazionale.

Sembrerebbe a prima vista una cosa normale ma invece non lo è, perché, come giustamente denota l’Osservatore Romano del 18 agosto scorso:

Il pensiero del Pontefice va ora oltre i confini del Paese che lo ospita. Raggiunge quelle nazioni asiatiche con le quali «la Santa Sede — dice — non ha ancora una relazione piena» e invoca l’apertura di un dialogo che sia di beneficio per tutti. In Asia più della metà dei Governi impone restrizioni alla libertà di religione e di coscienza. E c’è chi mostra il suo volto antireligioso come uno degli elementi distintivi della propria identità. Francesco implora i vescovi di non lasciarsi scoraggiare e di continuare a cercare il dialogo. Ma, dice citando Benedetto XVI, la Chiesa non fa proselitismo, cresce per attrazione; si mostra nella sua identità perché tutti vedano che non intende conquistare nessuno. Propone solo una strada da percorrere l’uno accanto all’altro”.

Pensare all’Asia equivale pensare alla Cina ed il fatto che l’aereo papale si sia avvicinato, ancorché metaforicamente, alla Repubblica Popolare Cinese è comunque un episodio epocale che stabilisce in qualche modo i prodromi di un’apertura del gigante asiatico non soltanto ai mercati commerciali ma anche alla possibilità di scambi spirituali con la chiesa cattolica.

I rapporti fra la Chiesa Romana e la Repubblica Popolare Cinese non sono mai stati idilliaci eppure questa regione del mondo, così popolosa, è un campo di apostolato ricco di possibilità ma irto di ostacoli, tra popolazioni legate alla spiritualità buddista, soprattutto in luoghi dove l’abbandono, la miseria sono infinite; lo sfruttamento sul lavoro, moderna schiavitù, le malattie di varia natura, in particolare la lebbra, fanno atroce cornice al quadro di tanta miseria.

Non fa eccezione, ovviamente, la presenza dei Camilliani in tale terra d’oriente e, fu solo P. Pedroni, uomo deciso e di gran spirito missionario e Camilliano, che nel 1945, dopo laboriose trattative e consultazioni tra i Superiori dell’Ordine e Mons. Giuseppe Kerec, amministratore apostolico della diocesi di Zhaotong, che chiese ai Ministri degli Infermi di insediarsi nello Yunnan per occuparsi dei malati poveri e in special modo dei numerosi lebbrosi, per la cura sia corporale, aprendo ospedali e ambulatori, che spirituale attraverso il carisma proprio dell’Ordine.

ospedale in cina

Ospedale S. Mary’s costruito dai Camilliani a Lotung (Formosa)

Il 1 aprile del 1946 un piccolo gruppo di figli di San Camillo, Fr Marcello Caon, Fr. Umberto Amici, P. Antonio Crotti, P. Angelo Pastro, Padre Ernesto Valdesolo ( in copertina)  accompagnati dal Padre Alessandro Pedroni, partivano dal porto di Taranto a bordo della nave militare italiana “Eritrea”. 

Dopo un lungo viaggio giungevano nel distretto di Hweitseh, nel nord dello Yunnan. La provincia montagnosa e selvaggia ai confini del Tibet, dalle scarse e disagevoli vie di comunicazione, che era rimasta fuori dalle tradizionali vie di penetrazione missionaria. Sbarcati a Shanghai il 10 maggio, incominciarono il lungo viaggio attraverso tutta la Cina, da Est a Ovest, da Shanghai a Kunming ; da Kunming a Zhaotongh dove, in tutta la prefettura su una popolazione di circa tre milioni di abitanti esisteva un solo ospedale con 50 posti letto. La missione camilliana da quel giorno era una realtà.

Ben presto si videro i frutti dell’assiduo e tenace lavoro di questi apostoli della carità. Sorse la prima casa camilliana (19 marzo 1947); fu posta la prima pietra dell’Ospedale S. Camillo (20 luglio 1947); quattro ambulatori, un lebbrosario con 100 ricoverati, un orfanotrofio e altro. La popolazione locale che vide giungere questi uomini con la loro croce rossa sul petto erano dapprincipio increduli di fronte al loro altruismo e carità che leniva loro i dolori e confortava le loro anime, ben presto si affollarono tutti intorno a questi stranieri senza volto e senza nome ma dall’unico segno distintivo di redenzione e verità. Anche i più scettici comunisti, xenofobi, si sentivano disarmati dalla carità, dalla serenità delle loro funzioni eucaristiche paragonate ai loro riti. In un mondo di odio, rancori, di indifferenza e di egoismi, l’opera dei missionari camilliani con il loro amore faceva breccia nei cuori d’ infelici sofferenti. Questa era la grande responsabilità che avevano assunto i primi missionari giunti in una terra così lontana e così diversa, quella di  aiutare una popolazione sofferente.

Questa appassionata e fervente attività durò sei anni. I comunisti salirono al potere nell’ottobre del 1949, iniziarono restrizioni per gli stranieri e perquisizioni; i cattolici erano sempre più disorientati, in tutta la Cina si scatenò la persecuzione religiosa che toccò anche lo Yunnan, fino alla data infausta del 17 aprile 1952 nella quale avvenne l’espulsione dal Paese dei missionari camilliani che si lasciavano alle spalle un grande ospedale, adibito a Caserma dal governo rivoluzionario, quattro ambulatori, due lebbrosari, tre scuole e un orfanotrofio, ma, ancora più doloroso, si lasciavano due martiri:  P. Celestino Rizzi, superiore della missione, e suor Claudia Martinelli delle Ministre degli Infermi.

Da allora la missione si suddivise in tre rami: Thailandia, Formosa, Isole Pescadores.

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P.Didonè con P.Matteo visitano un lebbrosario in Cina

Attualmente, dice P.Didonè, dopo circa 30 anni di abbandono e di buio totale, verso gli anni 90 c’è stata un’apertura e Fr.Davide Giordan, richiamato dalle autorità dello Yunnan, per primo ha fatto un giro di ispezione e ha trovato ancora lebbrosi che si si ricordavano dei precedenti confratelli . Allora il fratello ha pensato di intensificare il servizio ai lebbrosi e ,con offerte dagli amici Italiani, è riuscito a ricostruire alcuni lebbrosari per fornire un’adeguata  assistenza ai malati.  Non potendo trattenersi per lungo tempo, questi lebbrosari sono stati dati in gestione a gente locale.

Dopo la scomparsa di Fr.Giordan, il P.Matteo Kao ha preso in mano la situazione e ogni due mesi fa un giro per vedere come sono amministrati questi lebbrosari e, in alcuni, è riuscito ad affidare le cure dei malati a delle suore locali.

Il percorso è lungo, ma la via indicata dal Santo Padre è già iniziata.

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