I valori: bontà, bellezza, gioia

Carlo Maratta e Giovanni Stanchi detto Dei Fiori, Madonna annunciata in ghirlanda di fiori, 1660 c., collezione privata

di Mario Bizzotto in Vita Nostra, Anno LIII – n.4, Ottobre-Dicembre 2002, pp.475-481

In un tempo, come il nostro, in cui le ideologie hanno perso la loro presa, privando la persona di parametri a cui confrontare il proprio comportamento, una riflessione sui valori giunge opportuna. Una riflessione che invita a cogliere ciò che nella nostra vita quotidiana “vale” divenendo fonte di senso, di gioia e di bellezza.

Il problema etico ritorna oggi con il richiamo ai valori. Questo ha i suoi limiti ma anche i suoi indubbi vantaggi. Immette infatti il soggetto direttamente in medias res, ma soprattutto offre l’opportunità di agganciare la vita dal basso, partendo dal quotidiano con la varietà delle sue occupazioni e dei suoi contatti con persone, cose incombenze. Il soggetto è colto là dove si trova nel disbrigo delle faccende più abituali, che esigono pazienza, sopportazione, fedeltà, diligenza, onestà e altruismo, tutti valore che si inseriscono con pieno diritto nello spirito dell’etica.

Per affrontare il problema morale non c’è solo la via ad alta quota, quella dei grandi sistemi dottrinali con l’esposizione rigorosa di norme, principi, assiomi e divieti, c’è anche la via a bassa quota dei piccoli gesti e delle piccoli virtù. L’uomo certo è atteso da scadenze decisive della vita: la scelta della professione, del partner, della famiglia, del confronto con la malattia e la morte, tutte circostanze che mettono alla prova la sua maturità morale. Però prima di arrivare ad appuntamenti così impegnativi attraversa il grigiore del quotidiano. Gli si presentano molte altre occasione dove si forma la sensibilità morale e spunta il senso della responsabilità.

Si ha l’impressione che gli impianti morali costruiti con rigore abbiano perso in credibilità, divenendo impraticabili. Troppo preoccupati di arrivare subito al “tu devi” troppo facili ad emettere sanzioni. L’arcigna serietà di certi sistemi, che a dire di Schiller mettono in fuga le Grazie, non ha lasciato posto alla gioia che scaturisce nel componimento del bene. Per questo essi non trovano facile accoglienza nel contesto della cultura contemporanea. Su di essi pesa il sentimento della differenza.

Ma se l’esposizione del fenomeno morale, offerta in forma organica non fa più breccia, non è detto che l’esigenza d’un impegno etico sia alla deriva. Esso rispunta sotto altre forme, più dismesse ma forse anche più efficaci e comunque più attente alla mentalità del momento. È in questo clima che si fa avanti il richiamo ai valori.

Si sa che il valore ha un suo centro di gravitazione, molto diverso dall’imperativo. Se questo si impone come legge dalla quale non si deve derogare, altrimenti se ne subiscono penose conseguenze, l’altro a sua volta fa leva sul fascino, cui associa la gioia. È giusto che la morale si presenti anche l’hilaritas vultus, mostri di non dover essere temuta, ma anzi degna di essere amata, come disciplina che libera e promuove l’uomo. È su questo versante che si pone il discorso programmatico di Cristo, prendendo avvio con le parole rasserenanti: “beati” a differenza di Mosè che esordisce con la forma imperativa: tu devi!

CONTINUA QUI