Il Cristo medico nel pensiero di S.Agostino

Sono molti i nomi e diversi i titoli attribuiti a Cristo nel Nuovo testamento; tra questi vi è anche quello di ‘medico’, non perché abbia frequentato una determinata scuola di medicina, ma per il continuo interesse verso i malati e, soprattutto, per il ricorso ad una sequenza di guarigioni che segnano la sua vita, la sua predicazione e persino la sua ‘giornata ideale’ (Mc 1,14-29).

Il tema è costituito da una serie di riflessioni come patrimonio della Chiesa in cui il Cristo medico, non solo fa parte di una teologia medicinale sviluppata fin dai primi anni del cristianesimo, ma è presente in molti ambiti come la liturgia, la predicazione e, a volte, anche nella corrispondenza epistolare di santi conosciuti e non conosciuti. La letteratura sull’argomento è abbastanza vasta (soprattutto in lingua tedesca).

Prima di tutto il riferimento all’immagine di medico, potrebbe essere dedotto già dal Vangelo di Lc 4,23 “Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao…”, come pure nella frase dei sinottici “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Lc 5,31; Mc 2,17; Mt 9,12). Spesso ritroveremo queste citazioni proprio all’interno della riflessione patristica.

Ma se guardiamo attentamente la descrizione degli episodi narrati dai Vangeli, possiamo scorgere un aspetto fondativo di tale titolo: Gesù guarisce molti malati e di qualsiasi genere di malattia. Come possiamo descrivere l’attività terapeutica di Cristo? A ben osservare è possibile schematizzare e sottolinearne alcune osservazioni:

– le guarigioni operate avvengono in strada, oppure in casa però mai nei luoghi di culto (tempio o sinagoga, fatta eccezione per un indemoniato);

– ogni guarigione è presentata come diversa una dall’altra, sia nel modo di guarire sia nella stessa relazione di Gesù con i malati;

– l’azione terapeutica di Gesù è gratuita;

– in nessuna parte si afferma che egli abbia frequentato qualche scuola medica, ma è solo in virtù della potenza della sua parola che guarisce e salva (cieco nato; paralitico…).

Se poi teniamo conto del modo di relazionarsi con il malato, allora qui tocchiamo il vertice della discrezione, sensibilità, capacità dialogica del Signore. Si tratta di una relazione profondamente personalizzata: ogni incontro ha modalità diverse: basterebbe passare in rassegna tutte le guarigioni per rendersene perfettamente conto. Solo un esempio: l’incontro e la guarigione del cieco Bartimeo al quale Cristo si rivolge con due domande significative: Cosa vuoi che io faccia per te? Cosa chiedi?

Il Signore non fa mai una ‘predica’ o discorsi consolatori ai malati sul senso e valore della sofferenza.

È per questo soprattutto che i Padri della Chiesa ne trattano nelle catechesi, nei discorsi, nei commenti agli stessi episodi di guarigione.

Un aspetto che ha contribuito a mettere in risalto tale immagine è quello degli apologisti dei primi secoli del cristianesimo, impegnati  a difendere la fede sia di fronte ai pagani sia nelle diatribe con le prime forme di eresia. Soprattutto per i pagani (ma non è da escludere anche tra i primi cristiani che provenivano dal paganesimo) il grande medico era considerato Asclepio venerato come un dio, con i suoi santuari diffusi a Trikké, Epidauro, Cos e Pergamo. Qui si praticava la incubatio: i malati si presentavano al suo tempio dove, vicino alle acque di qualche fonte, venivano adagiati e riposavano per un’intera notte; al mattino raccontavano i loro sogni nei quali era apparso Asclepio dando consigli adatti per la diagnosi e guarigione dal male.

Ma riprendendo il discorso sul Cristo medico, non possiamo dimenticare diversi autori che sia nel mondo greco che in quello romano hanno specificato le qualità di Cristo, come medico del “corpo e dell’anima” sottolineando di volta in volta un aspetto (quello materiale), ora indicandone l’altro (quello spirituale), ma sempre come parti integranti di un unico scopo: mettere in evidenza l’attenzione di Cristo per l’uomo e per l’uomo nella sua integrità, oggi diremmo in una visuale olistica.

Uno studio pubblicato nel 1972 dal gesuita Gervais Dumeige (Le Christ médecin… in “Rivista di archeologia cristiana”, 48, 1972, 115-141), riguarda la letteratura cristiana dei primi secoli e, soprattutto, del mondo greco. Ricordiamo così alcuni Autori fra cui Ignazio, vescovo di Antiochia, Giustino, Ireneo, Clemente Alessandrino, Origene.

Se scrittori cristiani come san Gerolamo considerano Cristo come il vero medico, paragonato ad un Ippocrate dello spirito, mentre il Dio dell’AT è considerato un vero medico clementissimo e sapientissimo; tuttavia è soprattutto Agostino che « occupa il primo posto tra gli scrittori ecclesiastici dell’Occidente per l’uso dell’immagine del Christus medicus » (Arbesmann, The concept of Christus medicus in St. Augustine, in “Traditio” 10, 1954, 2.). Infatti Sant’Agostino insiste sul metodo e qualità del medico dell’umanità. Con un suo modo di esprimersi, il vescovo d’Ippona accentua il duplice cliché del medico/chirurgo che taglia/brucia: ma avverte « tuttavia bisogna ricordare che è la mano del medico e non quella di un malfattore » (Espos. sul sal. 39, 21).

Il santo d’Ippona richiama che spesso il medico umano può sbagliare anche se promette la salute perché la sua terapia non è efficace, mentre per Dio il discorso è quanto mai diverso: « Dio ha fatto il tuo corpo, ha fatto la tua anima, e quindi conosce il modo di ricreare quel che ha creato e di riformare quel che ha formato » (Espos. sul sal. 102, 5).

Una delle terapie del Cristo medico di Agostino è l’umiltà, motivo per cui viene dichiarato come il medicus humilis, Egli è il « medico divino, il quale perciò, pur essendo Dio, si fece uomo affinché l’uomo si riconoscesse uomo. È una medicina molto efficace » (Discorso 77, 7, 11).

La storia, è una storia di salvezza, in cui Dio continuamente interviene in vari modi, Agostino la richiama in modo chiaro e succinto, proprio in un discorso all’ordinazione di un vescovo: « Dall’oriente all’occidente il genere umano giaceva simile a un grande malato e reclamava il Medico infallibile. Un primo tempo, questo Medico inviò i suoi aiutanti (i profeti), e in seguito, venne egli stesso, quando alcuni avevano perduto ogni speranza. È come un medico che manda i suoi assistenti nel caso di un compito facile e, quando sopraggiunge un aggravamento pericoloso, interviene personalmente » (Discorso 340/A, 5).

Ma è importante per l’uomo riconoscersi malato dal momento che è sempre Cristo il medico

In conclusione: il simbolismo delle immagini si fonda su un cambiamento di stato la cui mediazione necessaria è la sofferenza che opera una diminuzione sul piano dell’avere (il corpo in cancrena perde uno dei suoi membri), ma si trasforma in una rilevanza sul piano dell’essere (guarendo e salvando la persona nella sua integralità); si passa dalla quantità alla qualità. Il campo dell’immaginario è percorso ogni volta da tragitti di desiderio che, eccetto verso la sofferenza, oltrepassa i confini della tecnica ed inoltr