L’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi

asdasDi padre Antonio Marzano, MI, in “Come il Samaritano”

Malattia, disabilità, dolore, sofferenza. Non sono parole innocue. Suscitano inquietudine, ansia, paura, angoscia. Stati d’animo che l’uomo tenta di allontanare, di rigettare perché generano incertezza, insicurezza, smarrimento e lo spingono, a volte prepotentemente, ai confini del limite, dei propri limiti, infrangendo sogni e desideri.

Curare guarire, assistere, soccorrere. Verbi di azione, di movimento. Infondono fiducia, conforto, speranza. Aprono piste o percorsi per uscire dalla criticità e sentirsi bene. Facilitano la cura perché ci si sente soggetti, destinatari di attenzioni e premure che aiutano ad affrontare le avversità, ad alzare lo sguardo e riprendere il cammino.

La malattia nella vita non è un argomento. La malattia priva degli argomenti. Ci si scopre impotenti, fragili, vulnerabili, soli. Vengono meno, o messe in discussione, le proprie sicurezze. Non rappresenta una crepa sul muro. A tremare sono le fondamenta. Quelle fondamenta su cui si è costruita la vita e consentono di proiettarsi fiduciosi nel futuro. Si è consapevoli della fatica di vivere, dei tratti impegnativi, degli ostacoli. Quando si incontrano, ognuno risponde in modo diverso. La gravità della malattia o della disabilità non è l’unica condizione. Entrano in gioco altri fattori: carattere e temperamento della persona, la sua biografia, l’ambiente, la resistenza al dolore, elementi sociali, cognitivi, emotivi, educativi, religiosi ecc. la verità degli elementi indica che la malattia (fisica e/o psichica) non investe una dimensione dell’uomo, ma tutto l’uomo, nel suo essere biologico, psichico e spirituale. Da “problema” biologico o psichico, la malattia diviene interrogativo, domanda che esige una risposta, stimola a compromettersi, a prendere una posizione.

Spesso si dice che simili esperienze rendono migliori, fortificano, lasciando intendere che il cambiamento sia una naturale conseguenza o il discorso normale della malattia. Lo testimonierebbero le storie di uomini e donne, noti e meno noti, in cui raccontano l’esperienza della malattia, il decorso, come l’hanno affrontata, la trasformazione avvenuta. Storie di tanti malti che hanno saputo trasformare la malattia in un’opportunità di crescita. Non sempre è così. Restano nel silenzio quelle vite che la malattia ha spezzato, ha fatto regredire, a cui ha tolto ogni possibilità, ogni speranza. Chiuse in sé stesse o ripiegate su di sé. Abitate da non senso, dalla rassegnazione. La malattia non lascia indifferenti. Dove conduce dipende dalla risposta dell’uomo, di tutto l’uomo.

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