San Camillo nella vita di Germana Sommaruga

San Camillo fu una grande presenza nella vita di Germana Sommaruga. Un modello? No, un “fratello”, un amico col quale si sentiva in sintonia, malgrado i secoli che li separavano: sentì sempre la gioia di essere nata lo stesso giorno, il 25 maggio (1914 lei, 1550 lui). Un segno del destino?

Solo la sua sensibilità poteva cogliere la similitudine tra lei e il ”rude soldataccio” che però sapeva dire che occorre “stare accanto al malato con l’affetto che una tenera madre ha verso il suo unico figliolo infermo”.

Probabilmente viveva intensamente molte altre somiglianze: come Germana, anche San Camillo non parlò mai della “visione”, cioè del momento in cui Il Crocifisso aveva staccato le braccia dalla croce per incoraggiarlo a iniziare la sua opera; anche Camillo visse l’angoscia profonda di vedere i suoi seguaci, nell’Ordine da lui fondato, non abbastanza “martiri d’amore”, non totalmente votati, anima e corpo, al servizio dei sofferenti; anche Camillo portò dolorosamente per tutta la vita la sua piaga, dolore offerto, in unione al Cristo sofferente; anche Camillo visse la percezione della sua inadeguatezza all’ideale evangelico, sentendosi sempre “peccatoraccio e tizzone d’inferno”, pur nella sua piena dedizione al Signore.

Intorno a lui e alla sua opera Germana scriverà, parlerà e insegnerà fino alla fine delle sue forze fisiche, con diversi linguaggi e vari approfondimenti, perché ognuno possa cogliere al proprio livello i messaggi che Camillo aveva comunicato più con la vita che con le parole: in particolare ha scritto fin da giovanissima alcune biografie di San Camillo e articoli per varie riviste dei Camilliani.

Lei vede l’attualità di Camillo e del suo messaggio di carità, capisce la sua irruenza, coglie la delicatezza del suo operare accanto al malato, ammira la sua capacità di vedere Cristo sofferente in ognuno, desidera la stessa resistenza alla fatica quando si tratta di servire… cerca continuamente modi sempre più adatti per presentarlo ai giovani perché si appassionino a questa vocazione, e ai professionisti della salute di tutte le categorie perché nella competenza ci sia l’umanità, il rispetto della persona.

“Ovunque si soffre e si muove!”. È quasi un motto di Germana!