Tra la “povertà amorosa”, la necessaria gestione dei beni, e la “tentazione del potere

LA VITA CONSACRATA: Tra la “povertà amorosa”, la necessaria gestione dei beni, e la “tentazione del potere

Ángel Fernández Artime, sdb

Mi rivolgo a voi, fratelli, con il desiderio di condividere una semplice riflessione basandomi sulla vita quotidiana di noi religiosi che conosciamo,– almeno in parte – la vita delle nostre Congregazioni e Istituti di Vita Apostolica.

Mi hanno chiesto questo servizio e lo faccio volentieri, sapendo però che ciò che desidero e posso offrirvi è ben lungi dall’essere una lezione accademica, non essendo questa la finalità. Vorrei darvi semplicemente alcune piste per la nostra riflessione e il nostro dialogo.

Noi tutti, come i nostri fratelli religiosi, abbiamo fatto voto di povertà, professando i Consigli Evangelici. E non c’è dubbio che in genere viviamo personalmente in modo semplice, sobrio. Spesso questi problemi non sorgono a livello personale, ma istituzionale. Ed è in questo ambito che voglio collocarmi per sviluppare i seguenti punti:

  1. L’invito del Papa a vivere una povertà amorosa.
  2. I Padri della Chiesa e la chiamata alla radicalità nell’uso dei beni.
  3. La necessaria gestione responsabile di beni economici.
  4. La tentazione del potere mascherata.

POVERTÀ AMOROSA, testimonianza della novità di Cristo

Fu in occasione della celebrazione del Simposio Internazionale su “La gestione dei beni ecclesiastici degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica a servizio dell’umanità e della missione della Chiesa” (8 marzo 2014), che Papa Francesco fece un richiamo deciso e chiaro ai religiosi e religiose, ricordando che le persone consacrate sono sempre state «voce profetica e testimonianza vivace della novità che è Cristo, della conformazione a Colui che si è fatto povero, arricchendoci con la sua povertà». E il Papa afferma che «questa povertà amorosa è solidarietà, condivisione e carità e si esprime nella sobrietà, nella ricerca della giustizia e nella gioia dell’essenziale».

Ho io stesso evidenziato in grassetto non solo le parole chiave ma anche le attitudini di vita che devono accompagnare la nostra esistenza. Vivere la povertà per noi non deve essere soltanto una questione di economia o di controllo di sé o degli altri. Tutto questo ha ben poco a che vedere con la libertà personale rispetto ai beni economici o con il donarli e condividerli. Alcuni atteggiamenti personali vitali, come la solidarietà, la condivisione, la carità, la sobrietà, la giustizia e la gioia dell’essenziale, non dovrebbero mai mancare nei nostri documenti, nei nostri “esami di coscienza” personali e istituzionali, nel “render conto agli altri’’,  ecc.

Serbare tutto ciò nella mente e nel cuore ci rende più liberi di fronte agli «idoli materiali che offuscano il senso autentico della vita» (dice il Papa nel medesimo messaggio). E un altro appello forte si unisce  a questo: fare attenzione che la nostra povertà non sia teorica, ma possa essere in sintonia e in comunione con i più poveri di questo mondo. «Non serve una povertà teorica, ma la povertà che si impara toccando la carne di Cristo povero, negli umili, nei poveri, negli ammalati, nei bambini». Il Papa ci invita a continuare a «essere ancora oggi, per la Chiesa e per il mondo, gli avamposti dell’attenzione a tutti i poveri e a tutte le miserie, materiali, morali e spirituali, come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo, che ci insegna a confidare nella Provvidenza di Dio».

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