L’autore espone un reale viaggio, e non metaforico, del “Cuore di San Camillo” e del “Crocifisso che lo ha confortato” non raccontando dicerie o “pie leggende”, ma esponendo documentazione raccolta in Archivi dedicati.
Il p. Giacomo Mancini, che nel momento della morte era Prefetto della Casa Generalizia, affermò che prima di seppellire il corpo «fu aperto per vedere di che male fusse morte, e stante che morisse con opinione di sanità fu risoluto che se ne pigliasse il Core, e quello se conservasse… pareva un rubino ed era di tanta grandezza che fece restare ammirati quanti lo videro….»
Negli “Amnales” 1641 del p. Lenzo si legge: «La mano esperta di un nostro Sacerdote religioso di nome Francesco Meloni, napoletano, ornò mirabilmente quell’oratorio, diviso in vari settori, con dipinti “a olio”… al suo centro è stato collocato il santissimo simulacro del Crocifisso lo stesso che aveva parlato, consolando il nostro padre afflitto dalle angustie, di cui è stato più volte riferito. Sulla sinistra ai suoi piedi si vede il padre Camillo, in ginocchio, sulla lato destro è dipinto l’arcangelo S. Michele, al lato sinistro, l’Angelo Custode…»
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