I “compagni di viaggio”

di Arnaldo Pangrazzi  in Missione Salute N.5/2019 p. 64

La vita cristiana e basata sulla dimensione comunitaria. I gruppi di sostegno sono piccole comunità di persone ferite da esperienze di separazione, che nell’aiuto reciproco e nel sentirsi vicine le une alle altre, sperimentano un’alleanza terapeutica che sana il dolore.

Ognuno nel gruppo assume il duplice ruolo di aiutato e di aiutante, di allievo e di insegnante comu­nicando sia il peso delle proprie ferite (sconforto, amarez­za, delusione), sia il contributo dei propri valori (coraggio, fede, speranze).

Da una parte, l’autorivela­zione e la condivisione diventano occasione per sentirsi amati ed accolti; dall’altra, l’ascolto e 1’osservazione degli altri aprono finestre di apprendimento sui diversi modi di gestire la solitudine, la frustrazione, le problematiche familiari, i rapporti sociali, e così via.

In pratica i partecipanti diventano “compagni di viaggio” in un intreccio di storie che aprono alla fecondità e alla guarigione.

Obiettivi dei Gruppi

Gli obiettivi dei “gruppi di mutuo aiuto” sono:

  1. Il sostegno emotivo: spesso, chi è ferito, tende a chiudersi nel proprio dolore. Il gruppo diventa un luogo in cui la condivisione delle emozioni non solo è permessa, ma incoraggiata.

I partecipanti possono piangere, esprimere rimpianti, dare voce ai disappunti, ridere, protestare. La liberta di esprimersi, tiran­do fuori ciò che rattrista o amareggia, senza sentirsi giudicati, permette di ripulire l’inquinamento interno e re­cuperare liberta e vitalità interiore

  1. II supporto sociale: il gruppo aiuta a contrastare la solitudine e a ridimensio­nare la tendenza ad assolutiz­zare il proprio dolore. Uscire di casa, per quanto pesante possa risultare all’ini­zio, schiude poi orizzonti be­nefici ad una comunità sanante caratterizzata da una forte impronta di genuinità e solidarietà. In un certo senso, il gruppo si trasforma in una se­conda famiglia dove ci si sente accolti e dove nascono nuo­ve amicizie che possono du­rare per il resto della vita.
  2. La formazione continua: il gruppo si trasforma in u­na specie di università dove si apprendono lezioni gratuite sull’arte del vivere, del patire e dello sperare.Ognuno dei presenti può assumere il ruolo di docente o studente nel trasmettere mes­saggi e insegnamenti sulle di­verse strategie adottate nel­l’affrontare i problemi quoti­diani. Ognuno, nel gruppo, ha il potere di generare speranza, saggezza e umanità,
  3. La crescita nella fiducia personale: l’obiettivo del gruppo non quello di dipen­dere, ma di aiutare i parteci­panti a ripristinare il controllo sulla propria vita e a reim­mergersi in essa.

Segni di questa graduale fiducia in sé stessi sono: la ca­pacita di confrontarsi con al­tri, il credere in sé stessi, l’i­niziare cose nuove e recupe­rare la voglia di vivere. In sintesi, gli aspetti importanti del gruppo includono: la centralità dell’esperienza vissuta, l’ascolto reciproco, la comunicazione orizzontale più che verticale, la consapevolezza che altri hanno sentimenti e problemi analoghi ai propri, lo scambio sui diversi modi di vivere il cordoglio, il crescente senso di amicizia che gli incontri promuovono, lo sviluppo di atteggiamenti costruttivi nel far fronte alle prove della vita.

Calendario di incontri

Nel mio libro: II dolore non e per sempre, viene articolato il percorso di 21 incontri di un gruppo che si ritrova ogni due settimane – un’ora e mezzo – per trattare i seguenti temi: i ricordi del proprio caro, le rea­zioni fisiche e psicosomatiche alla perdita; la tristezza e/o solitudine; i rapporti in fami­glia dopo la perdita; il lutto al maschile e al femminile; i sensi di colpa nell’esperienza luttuosa; i rapporti con gli al­tri; la depressione; perdonare, perdonarsi e completare l’in­compiuto; il prendersi cura di sé e l’autostima; le risorse spi­rituali nel lutto; le feste e ri­correnze significative

L’evoluzione del gruppo

Il gruppo ha i suoi ritmi e le sue stagioni; non punta sul­la permanenza, ma sull’elasticità e flessibilità nel rispon­dere ai bisogni, per cui c’è chi va e chi viene, chi inizia e chi termina. Chi lascia, porta con sé il beneficio di nuove ami­cizie e di momenti significa­tivi condivisi, che hanno con­tribuito a risanare il cuore.

Chi entra concorre a rinno­varlo, a iniettarvi nuova linfa, a giustificarne le finalità.

II modello del “mutuo aiu­to” rappresenta una risorsa in­novativa, anche se troppo po­co utilizzata, per elaborare il lutto e ritornare a vivere pienamente la propria vita.