Famiglia Carismatica Camilliana – Un Istituto post-europeo? Cambio di paradigma

Famiglia Carismatica Camilliana – Quale la profezia camilliana oggi? Tra il passato… presente. …futuro

Un Istituto post-europeo? Cambio di paradigma

di sr. Elisa Kidane – Missionaria Comboniana

Roma 14 marzo 2019

Oggi è l’ultimo giorno del vostro incontro… avete già il biglietto aereo, del treno… siete già proiettati verso i vostri luoghi di lavoro.

Ho sfogliato il programma di queste giornate, ho letto alcune delle relazioni che avete ascoltato e davvero mi sono detta: Che posso dire che non abbiano già ascoltato? In quello che ho letto c’è presente passato e futuro.

Ma poi guardando questa sala mi viene da dire: ma siamo già nel futuro. Stiamo già vivendo l’essenza di Istituti post europei. E’ già innescato il cambio di paradigma.

E dunque importante parlare di futuro NON come di qualcosa che deve ancora arrivare, ma del già presente e non ancora.

Nel discorso di apertura dei lavori il p. generale diceva: In questo senso, il nostro itinerario verso il futuro, camminando con il Samaritano e con la Samaritana, ci aiuta a trasformarci in ascoltatori e seminatori umili e profetici della misericordia del Padre (Samaritano), nella ricerca interiore di ‘quell’acqua viva’, che sazia la nostra sete di eternità (Samaritana). Ciò che seminiamo, se ci saranno risultati e frutti abbondanti, saranno gli altri che raccoglieranno.

Da qui parte dunque quel respiro ampio, largo, generoso del vero discepolo e della vera discepola di Gesù.

In questi giorni sono passate di qui persone che sono certa vi hanno messo in cuore la nostalgia del già e non ancora. Vi hanno messo in cuore quella nostalgia del mare… C’è una bellissima frase dell’autore del piccolo principe che dice: Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini solo per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito. . Appena si sarà svegliata in loro questa sete gli uomini si metteranno subito al lavoro per costruire la nave.” (Antoine de Saint Exupéry)

A me, oggi  forse tocca solo dare una spinta alla nave che avete in cuore e che è già pronta a prendere il largo.

Prima spinta: Non potete ritornare come se nulla fosse successo. Questo incontro, come quelli che avete fatto in questi anni, sono come pietre miliari che segnano un percorso, un ritmo, una meta. Avete una responsabilità non da poco. Non potete ritornare come siete arrivati… Dovete ritornare convinti/e di quanto avete elaborato, pensato, sognato… Dovete trasmettere passione. Per abitare il futuro bisogna uscire dall’apatia rassicurante del quieto vivere ed entrare invece dentro la vita.

Seconda spinta: facciamo memoria delle parole che papa Francesco ci regalò durante l’anno della VC: Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi»(n. 110).

Cose grandi: dobbiamo uscire dalla mediocrità. I nostri fondatori sono stati degli uomi e delle donne che hanno saputo osare, guardare il futuro. Loro avevano già intravisto ognuno di noi. Avevano già sognato questo momento. E noi? Noi per quanto ci sentiamo piccoli, un po’ spaventati per come viene descritto il domani, dobbiamo avere il coraggio di stare in piedi sulle spalle di questi uomini e donne.

Terza spinta: Fiducia… Ho trovato questa frase che mi sembra possa sintetizzare un po quello che desidero condividervi: «Non insegnate ai vostri figli quello che avete imparato voi, perché loro vivranno in un tempo diverso». Osare fiducia significa consegnare alle nuove generazioni lo spirito. Non le costumanze che si tramandano intatte, ma la passione, il carisma… che è dinamico, capace di incultararsi… come il vangelo. Ogni idea del presente è un dono al futuro… Il futuro non si prevede ma si inventa, giorno per giorno.

Il pericolo di fronte al nuovo che avanza è quello di accartocciarsi. Di far finta che non sta succedendo a noi. Che possiamo continuare a lasciare le cose come stanno: si è sempre fatto così. Ma la nostra Vita Religiosa non è un mestiere che si impara una volta per tutte, ma un laboratorio nel quale si attinge ogni giorno dallo scrigno della Parola il coraggio di osare stili di nuova vita.

Quarta spinta: Preparare il domani. Oggi. Ed è urgente chiederci attraverso quale formazione. Non certo quella che ricalca modelli anacronistici, ma piuttosto una formazione che spinge le nuove generazioni ad inventare cammini inediti sul solco della grande storia di cui noi siamo eredi.

Fa paura certo. Ma non possiamo rischiare di aprire porte al nuovo, per poi rinchiudere questo dentro paradigmi scaduti.

Un Istituto post-europeo? Cambio di paradigma… e da qui che deve iniziare. Da un modo nuovo di trasmettere il carisma.

A mio giudizio c’è un rischio in questa voglia, desiderio di far entrare il nuovo. Uno l’abbiamo detto… volevamo braccia e sono arrivate persone e quindi panico assoluto.

L’altro rischio è quello di annullare le radici, voler superare , avere quasi paura di considerare la propria storia. Quando parliamo di Intercultura, dobbiamo tenere fisso un principio:  non esistono culture emergenti, e altre che devono scomparire. Il cambio di paradigma non significa l’annullamento, ma la lenta e intelligente capacità di armonizzare le culture. Cambio di paradigma significa cambio dei metodi che ciclicamente sono avvenuti, e non solo oggi.

I timori, le paure, il rifiuto del diverso, anche nelle nostre sante congregazioni nascono proprio da qui: dalla percezione di una velata minaccia: adesso comandano loro; ormai è finita; sono tutte loro… questa paura fa perfino dire: sono troppe (le vocazione non europee). E dunque se da una parte si vuole salvaguardare l’Istituto, dall’altra si teme “l’invasione”.
Dall’altra c’è l’insofferenza di chi minoritario fino a poc’anzi, oggi sente il bisogno di farsi largo; di prendere posizioni…

Ecco dobbiamo uscire da questi estremismi.

Il nuovo paradigma per un Istituto cattolico e dunque universale è quello di crescere insieme verso una cittadinanza carismatica. Dove ci sentiamo tutti e tutte a casa. E dove l’obiettivo è unico: proclamare e promuovere il Regno di Dio (Lc 4, 18-19).  QUI E ORA. Paradigma antico e sempre nuovo.

E’ vero la globalizzazione ha avvicinato le culture, ma anche i conflitti, le resistenze, il rifiuto. Dobbiamo per questo cercare di passare dal multiculturalismo, all’Intercultura dove emerge il bisogno di relazione, per evitare etnocentrismi e populismi. Iniziando ovviamente dalle nostre comunità religiose le quali oggi più che mai devono diventare officine, dove impariamo, ci esercitiamo ad entrare in dialogo rispettoso con le differenze.

Alla fine non avrà importanza da dove veniamo quanto piuttosto verso dove stiamo andando: Essere consacrati per il ministero della consolazione, della cura è mettersi in cammino per le strade del mondo, nelle corsie degli ospedali mettendo dell’olio sulle ferite e lacerazioni, lasciandoci evangelizzare da questi popoli che incontriamo ogni giorno, dalla loro testimonianza del loro rimanere ai piedi della croce, dalla speranza che in loro non viene mai meno. Un paradigma antico e sempre nuovo

Se rimaniamo ancorate ai distinguo delle provenienze, non riusciremo mai prendere il largo… la diversità è ricchezza fintanto che non ne facciamo un pretesto per difenderci.

E’ bello essere qui quest’oggi per progettare, immaginare, inventare futuro di vita nuova, dove uomini e donne, prendano finalmente coscienza che è insieme che ci salviamo e salviamo questa umanità orfana di relazioni

La sfida dell’evangelizzazione in un mondo così complesso richiede questo capacità di Abitare il mondo per anticipare la storia: e non lasciare che sia la storia a farci compiere dei cambi. Le nostre energie dobbiamo riversarle soprattutto per :

  • incidere profondamente sulla qualità della vita umana,
  • promuovere la giustizia,
  • essere protagoniste/i nella costruzione del Regno,
  • essere paladini/e di un ordine internazionale più giusto
  • essere elemento di disturbo… il nostro stare insieme, lo stile di comunità evangeliche, devono questionare, interrogare… Più che dare risposte dobbiamo suscitare domande… e soprattutto STUPIRE.
  1. OSARE LA PROFEZIA: Ci porta necessariamente a ricordarci che da soli, non andiamo da nessuna parte. Parola d’ordine diventa Insieme, mantenendo le proprie diversità, ma cercando il filo rosso che ci aiuta a ritrovare il coraggio della Profezia. A volte viviamo da separati in casa.

Profezia: Guardare il mondo tenendo lo sguardo fisso in Cristo… comporta avere un cuore contemplativo,

  1. OSARE SOGNARE CIELI E TERRE NUOVE: Non è come dirlo, ma importante non lasciarci rubare la gioia dell’evangelizzazione; non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario; non lasciamoci rubare il Vangelo di Gesù Cristo. A volte le nostre comunità “più che odorare di pecora, puzzano di stantio…”.

Infine una frase della teologa domenicana sr. Antonietta Potente: il Dio più bello è un Dio itinerante, che cammina… E noi, uomini e donne del vangelo, consacrati per il Regno, dobbiamo metterci in piedi, e di buon mattino andare, ogni giorno verso l’alba, per sanare ferite, per portare olii di riconciliazione, di speranze: Dio, obbligato dalla nostra audacia inventerà ancora nuove risurrezioni, farà nuovi miracoli, guarirà questa nostra umanità. E la vita religiosa avrà ancora un sapore di bella Notizia, vero e unico paradigma.