Fratel Ettore Boschini, il folle di Dio che accoglieva e vestiva

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Fratel Ettore

Tratto da “Natale Benazzi, Vestire gli ignudi. Alloggiare i forestieri, San Paolo, Milano, 2016, pp.90

Un santo, una storia

Nella Milano degli anni Sessata, ma ancora in quella di trent’anni dopo, una delle figure certamente più note, originali, al confine – per molti – tra follia e santità era quella di Ettore Boschini, fratel Ettore per tutti coloro che hanno imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo, ma anche per quelli che a lungo ne hanno disapprovato  e contestato l’opera, che sembrava impraticabile ai più: quella di accogliere presso di sé tutti coloro che nessuno voleva neppure avvicinare.

Da buon figlio di San Camillo de Lellis, dell’inventore dell’idea moderna di assistenza, fratel Ettore non riusciva a evitare di pensarsi simile a quel cavaliere sventurato che, cinque secoli prima, aveva cambiato gli ospedali a partire da una semplice intuizione, quella di una misericordia che non può darsi interamente se non qunado si fa ultima con gli ultimi.

Se San Camillo aveva insegnato all’Occidente come prendersi cura dei malati, ricordando che essi sono concreta immagine di Cristo sofferente, fratl Ettore ha insegnato a un’intera epoca il senso dell’accoglienza di chi nessuno vuole: dei barboni, dei senza tetto, degli stranieri. La tenda di fratel Ettore è stata come una tenda di Abramo dai confini allargati fino all’estremo, forse anche all’accesso. Ma una tenda che oggi più che mai appare profetica, quasi necessaria.

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