Mario Bizzotto: uomo docile e sapiente

Da Missione Salute, Anno XXXII – N.2 MARZO APRILE 2020 pp.26-27

Il 15 gennaio scorso padre Mario Bizzotto, religioso camilliano, è tornato tra le braccia del Signore al quale aveva donato la propria vita, perché fosse ridonata ai sofferenti d’ogni genere. Lo ricordiamo come un uomo buono, comunicatore di saggezza, che amava le cose semplice, attento ai dolori di quanti incontrava, cosciente della propria fragilità.

Un giornalista chiese una volta al cardinale Martini, arcivescovo di Milano, una definizione della morte. La risposta del vescovo fu semplice e tagliente: «è il caso serio della vita»

Certamente la morte è un “caso”, un accidente, un passaggio, nella vita che diventa vita vera, finalmente, eterna. La vita vince sulla morte, che rimane però sempre un “caso serio”.

Non è facile però ricordare che la morte è un “caso”, quando a morire è qualcuno che ci è caro, magari molto caro per tante ragioni; e anche se annunciata da precedenti malattie, la morte sorprende dolorosamente: non vedremo più quel volto se non in fotografia, non sentiremo più il calore di un abbraccio, il nostro nome pronunciato da una voce sconosciuta! Non piangiamo, in realtà, su chi muore, ma su noi stessi per la perdita che il “caso serio” ci infligge.

E ciò che è avvenuto, ancora una volta, alla notizia della dipartita di padre Mario Bizzotto, camilliano, uomo buono e sapiente; sapiente per cultura, ma soprattutto perché dotato di quella che osiamo chiamare la “sapienza di Dio stesso”, quella che va oltre la cultura umana, per diventare capacità di comunicare al profondo di chi si incontra “buona notizia” di un Dio ricco di misericordia.

Chi era padre Mario

Riprendere i dati biografici non è soltanto un esercizio doveroso, è dare ragione ai nostri ricordi, è metterli correttamente in fila, è dare un senso anche la nostro cordoglio.

Chi ci ha lasciato non era “uno qualunque”, ma quella precisa persona che tenteremo di non dimenticare perché impauriti dalla sofferenza.

Mario Bizzotto era nato il giorno di Santo Stefano del 1934; era entrato molto giovane (tredici anni) nel Seminario camilliano di Villa Visconta (Besana Brianza) e da li aveva poi percorso tutti i gradini della chiamata cui aveva risposto, fino ad essere consacrato sacerdote il 25 giugno 1961 a Mottinello, frazione di Rossano Veneto, in provincia di Vicenza.

Da subito si è rivelato un giovane in studiis assiduus, come lo definirono i suoi maestri, quello che oggi diremmo un intellettuale nato, capace però di approfondire col pensiero ciò che la vita di fede, il dolore, le gioie umane ci donano, in maniera chiara e semplice e poi scrivere ciò che ha pensato, comunicare con facilità quello che dentro il suo animo ribolle, perché la sua ricchezza non sia soltanto sua. Si è imbarcato così in un cammino di studi accademici all’Università di Vienna, addottorandosi in filosofia.

Continuerà a studiare, ma anche inizierà un percorso di insegnamento. Trasferito al Seminario di San Giuliano, a Verona, ha iniziato la docenza all’Istituto Teologico veronese di S. Zeno, dove terminerà solo per i raggiunti limiti di età.

Dagli anni Novanta figurerà fra i docenti dell’Istituto di Teologia Pastorale Sanitaria Camillianum di Roma; nel settembre 2001 sarà nominato Consultore del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.

Padre Mario è stato soprattutto un autore decisamente prolifico; oltre a pubblicare su vari periodici (legge Missione Salute ne ricorderà certamente la firma comparsa fin dal primo numero della Testata camilliana), ha impegnato le sue capacità nel trasferire il proprio pensiero sulla carta stampata, donandoci pubblicazioni che spaziano dall’ermeneutica alla conoscenza all’etica, al senso cristiano del dolore, alle difficoltà dell’età anziana…

Una vita intensa

Padre Mario non ha mai trascurato ciò che il ministero presbiteriale gli chiedeva, esercitando il sacerdozio presso Parrocchie, Istituti religiosi, dove era richiesta la sua presenza.

Come ricordato dai confratelli nel necrologio ufficiale: «Era richiesto e stimato per la predicazione degli esercizi spirituali… il cuore gli si scaldava quando doveva presentare l’uomo e il suo spessore, il suo genio, le sue virtù; disegnava il “pensiero debole”, il nichilismo e la relativizzazione di ogni verità. Non si preoccupava di seguire la tendenza, il plauso, il successo… era un timido che parlava di sé senza mai usare il pronome “io”, ma solo in modo riflesso attraverso gli autori che citava e le verità per le quali si spendeva… non ha mai fatto niente per apparire attraente… amava restare appartato… da dove poteva osservare il mondo e interpretarlo con la giusta presa di distanza e un sottofondo di umorismo»

Chi ha conosciuto padre Mario, anche se per breve tempo, non può che ritrovarlo in questa descrizione acuta e insieme affettuosa, poiché mette in risalto un intelligente senso dell’umorismo, che riusciva ad alleggerire e rendere piacevoli pure le sue più profonde “lezioni”.

Il necrologio ufficiale – che poi tanto “ufficiale” non è, bensì impregnato d’amore – si conclude con le seguenti parole: «I confratelli ne conserveranno certamente un ricordo bello e simpatico. L’eredità migliore è depositata nei suoi scritti e non c’è pericolo che gli eredi si accapiglino per accaparrarsela è a disposizione di tutti»