Per favore, non mi chiami “Madre”, ma semplicemente suor Noëlle ».

in Missione Salute Anno XXXII, N.6 Novembre – Dicembre 2019

Noëlle Locatelli, delle Piccole Sorelle di Gesú, “anima” dell’Ospedale Redemptoris Mater di Ashotsk, in Armenia, voluta dal papa san Giovanni Paolo II e dalla Caritas italiana dopo il terremoto del 1988 e dato in gestione ai Religiosi camilliani, è “tornata olla Casa del Padre” nel luglio scorso. La ricordiamo con sincero affetto.

Era un giorno nuvoloso di fine maggio 2006, ad Ashot­sk, un comune di circa 2.300 abitanti della provincia di Shi­rak, nell’Armenia orientale, dove la Caritas italiana e pa­pa Giovanni Paolo II avevano fatto costruire un ospedale in seguito al disastroso terremo­to del 1988, quando ho incon­trato per la prima volta questa singolare Religiosa, forte an­che nell’aspetto e nello stesso tempo dolce, di quella severa dolcezza che si attribuisce so­litamente ai montanari.

A parlarmi con viso tra il severo e il divertito e appunto suor Noëlle delle Piccole So­relle di Gesù – la “famiglia spi­rituale” fondata da Magdelei­ne Hutin sulle orme di Charles de Foucauld – nel salonci­no d’ingresso del prefabbrica­to dell’Ospedale Redemptoris Mater, “regalo” del santo Pa­pa a una popolazione poveris­sima, la cui “vita all’aperto” può essere vissuta solo per po­chi mesi all’anno, dato che gli aspri rigori invernali la co­stringono a rimanere tappata in casa.

Una religiosa speciale

Fisico massiccio, faccia grande spesso illuminata da un tenero sorriso; voce un po­chino roca, capelli corti sem­pre alquanto scompigliati, un camicione azzurro su gonna dello stesso colore, scarpe comode, quasi maschili perché ad Ashotsk il terreno e acci­dentato e andando su e giù per le corsie dell’ospedale non si devono incontrare impedi­menti una borsetta sempre sotto braccio con i “ferri del mestiere”: il breviario, il rosa­rio, le chiavi, quattro soldini per le prime necessità… i “santini” per consolare, incoraggiare, benedire i tanti ma­lati dell’Ospedale… Ecco suor Noélle!

Questa “religiosa speciale” è “tornata alla Casa del Padre” alle 0.30 del 22 luglio 2019, mentre era ospite dei familia­ri in Francia. Aveva 80 anni. Spesi per una bella “fetta” in Armenia, presso il Redempto­ris Mater dove, dall’agosto del 1991, aveva dato «tutta se stessa – amore e intelligenza – all’Ospedale e alle famiglie bisognose», come le conso­relle hanno scritto nell’annun­ciare la sua morte.

Quando l‘ho incontrata era nel pieno della maturità, fisi­ca e spirituale. Era una “con­templattiva”: riusciva a riuni­re in una vita sempre pena di impegni concreti ed esigenti, spazi di intensa spiritualità così come le avevano inse­gnato i suoi grandi maestri: Charles de Foucauld e Mag­deleine Hutin.

Era schiva, non desiderava parlare di sé, ma preferiva parlare dei “suoi” malati, delle persone, soprattutto donne, che incontrava giornalmen­te… della vita aspra di un o­spedale “di punta”, sorto in un ambiente difficile per la povertà di chi vi abitava, per la complessità dei rapporti con una popolazione già “in­globata” nell’ U.R.S.S. comu­nista e poi improvvisamente abbandonata a se stessa per meschini calcoli politici insieme a desideri di libertà e democrazia.

Un colpa della Provvidenza

Suor Noëlle era entrata molto giovane nella Congregazione delle Piccole Sorelle per seguire il desiderio profondo di servire il Signore Iddio nei suoi poveri più pove­ri. L’esempio di Magdeleine Hutin, diventata Magdeleine de Jesus, l’aveva affascinata, incantata per sempre.

La sua prima destinazione come missionaria fu tra la comunità armena della diaspo­ra, quella cioè situata in Libano. Qui rimase per circa una trentina d’anni, abitando nel­le stesse baracche dove abita­vano gli emigranti, condivi­dendo la loro stessa vita e la loro povertà. Qui imparò a conoscere gli Armeni, il loro carattere, la loro cultura, la lo­ro lingua.

Dopo diverse vicende, co­me solitamente accade al reli­giosi missionari, per quello che lei stessa definì “un colpo della Provvidenza”, arrivò in Armenia e venne destinata ad Ashotsk, quando l’ospedale era ancora in costruzione.

Fu lei che nell’agosto 1991 si rimboccò le maniche, prati­camente da sola, per rendere presentabili i reparti e servizi dell’ospedale al momento del­l’inaugurazione ufficiale. Fu lei che, con un gran mazzo di chiavi legato alla cintura co­me nella migliore tradizione delle abbadesse d’un tempo, apri e chiuse le porte, amministrò cucine e magazzini, consolò ammalati e parenti, diede istruzione al personale, stette dietro ai doganieri im­pegnati a controllare i contai­ner, generalmente pieni di o­gni ben di Dio e provenienti soprattutto dall’Italia, allorché il Redemptoris Mater fu affi­dato alle cure dei Ministri de­gli Infermi, i Camilliani.

II ritorno a casa…

Finché la salute la resse, sostituì padre Mario Cuccarollo, il religioso camilliano che fin dagli inizi prese in carico l’Ospedale, quando lo stesso partiva (destinazione I­talia, ma non soltanto…) per le sue “campagne” di raccol­ta fondi e materiali: medici­nali, alimentari, abbigliamento, materiale sanitario, stru­menti… senza i quali l’ospe­dale non avrebbe potuto andare avanti.

Nell’ospedale “prefabbri­cato” di Ashotsk, dove ha tra­scorso gli ultimi trent’anni di vita, non c’era alcun segno di lusso, se non nella cappellina, arredata semplicemente, ma con qualche piccolo partico­lare: una doratura; un’ico­na… Qui suor Noëlle passa­va il tempo lasciato libero dai molteplici impegni, secondo l ‘esempio dei suoi beati Fon­datori.

Poi… il ritorno a casa, in Francia, in famiglia: ultima tappa di una vita operosa e ge­nerosa, spesa con amore per i poveri e i malati che, secondo il vangelo e la testimonianza di san Camillo, sono “la vera immagine di Cristo”.

Agnese Santi