Se la Madonna di Fatima arriva nel quartiere (con un ricordo di Fratel Ettore)

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Dalle mie parti sta arrivando la Madonna di Fatima, e ovviamente Santa Subito è al lavoro. Ieri sera, tornato a casa, ho trovato sul ballatoio un pezzo di striscione, con parole scritte in azzurro su sfondo bianco. Un altro pezzo era nell’ingresso. Poi sul tavolo c’erano palloncini da gonfiare, e forbici, colla, nastro adesivo. Quando Santa Subito ci si mette non la ferma nessuno.

Da quanto sono venuto a sapere, la frase che apparirà sullo striscione è quella rivolta da Elisabetta a Maria: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?». Le lettere sono state tracciate in azzurro a colpi di pennello, un’opera notevole. Credo ci sia stato anche lo zampino di qualcuna delle nostre figlie, appositamente arruolate da Santa Subito.

Tornare a casa e vedere la casa trasformata in un laboratorio artigiano può comportare qualche momento di perplessità, ma quando uno ha deciso di unire le proprie sorti a quelle di Santa Subito deve aspettarsi un po’ di tutto.

Pare che lo striscione sarà appeso alla rete che delimita la nostra via da un prato nel quale normalmente stazionano alcuni docili cavalli. Non so se i suddetti cavalli sono stati interpellati, ma credo che non se la prenderanno, perché mi sono sempre sembrati tipi tranquilli, impegnati più che altro a consumare erba e a scacciare le mosche a colpi di coda.

Notizie di corridoio mi dicono che Santa Subito e le sue amiche (una squadra di signore catechiste rispetto alle quali le teste di cuoio russe sono un gruppo di mammolette) non si limiteranno a posizionare lo striscione. Ci saranno svariati effetti speciali. Per esempio, il tratto in salita della strada sarà decorato con decine di fiori realizzati con i palloncini. Scioccamente ho commentato: «Però, ne avete di fiato per gonfiarli tutti!». Ma Santa Subito, guardandomi con malcelata sufficienza (come a dire: «Ne hai di cose da imparare»), ha precisato: «Mi sono procurata una piccola bombola».

Ovviamente ai residenti sarà chiesto di non parcheggiare, ma so che le teste di cuoio parrocchiali hanno già provveduto ad avvertire e a quanto pare sono risultate convincenti.

Ieri ho visto la Madonnina di Fatima mentre si aggirava in un altro quartiere vicino al nostro. Stava sulla macchina del signor parroco, il quale signor parroco, con la veste bianca, era alla guida. Il portellone dell’auto era aperto, in modo che la Madonnina si vedesse bene. Le quattro frecce erano accese, ma  ogni tanto il parroco suonava pure il clacson. Un’auto dei vigili urbani apriva il corteo e un’altra lo chiudeva. Così scortata, la Madonna se ne andava lungo la strada trafficata e la scena ricordava certi film del neorealismo.

Pellegrina per definizione, la Madonna di Fatima si lascia trasportare volentieri e va dappertutto. Da noi arriverà dunque domani, ed essendo il sottoscritto impegnato a coprire per il telegiornale la visita di Donald Trump in Vaticano e poi l’udienza generale di Francesco e poi l’assemblea della Conferenza episcopale italiana, non so se riuscirò a prendere parte al vero avvenimento della giornata, che avrà luogo nella nostra strada di periferia. Sarò comunque presente in spirito.

È bellissimo vedere come un quartiere intero si mobilita per l’arrivo della Madonnina. Saremo anche una società secolarizzata e paganeggiante, ma per Maria c’è sempre posto.

Di solito in una sera di maggio, davanti a casa nostra, si recita il rosario. In quel caso Santa Subito porta fuori la Madonnina che sta in camera nostra, sotto una teca di vetro. È una Madonnina ottocentesca che nella famiglia di Serena viene tramandata per via rigorosamente matriarcale.

Quando la Madonnina viene portata fuori per il rosario, Santa Subito e la sua amica Laura, un vero genio della scenografia, preparano un piccolo altare e lo decorano con vasi di fiori e lumini. Ma questa volta l’operazione sarà molto più complessa. Sono comunque sicuro che la nostra Madonnina domestica resterà volentieri in camera per lasciare spazio alla Madonna di Fatima.

Ieri vedendo la Madonna sull’auto del parroco m’è venuto in mente Fratel Ettore, il camilliano che a Milano e dintorni portava in giro la statua della Vergine sul tetto della sua auto, una vecchia 128 Fiat.  Fratel Ettore Boschini, morto nel 2004 (è in corso la causa di beatificazione) non possedeva altro. Con la sua veste logora, perlustrava le strade per assistere i senza tetto e li accompagnava nel rifugio allestito nella Stazione Centrale, dove andarono a trovarlo anche il cardinale Martini, Madre Teresa di Calcutta, don Luigi Giussani e l’Abbé Pierre. Per tutti Fratel Ettore aveva una parola buona, un gesto di attenzione. Ai poveri che raccoglieva per strada assicurava un pasto caldo e un letto pulito. Ogni tanto veniva a trovarmi nella redazione della Rai, in corso Sempione, e anche in quel caso aveva con sé la Madonnina. Con la sua voce roca, i capelli bianchi arruffati, diceva: «Ricordatevi di me e dei miei amici». Se noi giornalisti non andavamo da lui, era lui a venire da noi, perché non dimenticassimo le sofferenze della gente. Quando, negli anni Ottanta del secolo scorso, capì che per le sue opere di assistenza aveva bisogno di uno spazio più grande, decise di acquistare una proprietà a Seveso. Non aveva un soldo e quindi fece la cosa per lui più naturale: andò a Fatima e mise la missione nelle mani della Madonna. Al ritorno, si recò dal sindaco di Seveso, gli consegnò un bel po’ di cambiali e disse: «Tranquillo, la Madonna ci aiuterà».  In effetti, grazie a donatori anonimi, i soldi arrivarono puntuali, Ettore pagò tutti i debiti e poi tornò a Fatima, per ringraziare. Ma, già che c’era, armato di metro da muratore, prese le misure della cappella e la fece riprodurre nella sua casa.

Ecco. Io sono sicuro che quando domani la Madonna di Fatima arriverà nella nostra via, scortata dal parroco, dai vigili, dai bambini, da Santa Subito e dalle altre catechiste, Fratel Ettore assisterà alla scena con un sorriso soddisfatto.

Aldo Maria Valli