Biografia di Fratel Ettore

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Casa Betania

Il “Rifugio” di Milano, fu da lui dedicato agli “Amici del Cuore Immacolato di Maria”; nel tempo seguirono il centro di accoglienza “Casa Betania” a Seveso (MI), il Villaggio delle Misericordie ad Affori – Milano, la Casa “Nostra Signora di Loreto” a Collespaccato di Bucchianico (Chieti), il Villaggio Grosio di Grottaferrata (Roma) e la Comunità di Nazareth a Bogotà in Colombia.
Tutti centri di accoglienza, realizzati con l’aiuto della Provvidenza e dei tanti benefattori e volontari, che affascinati dalla sua reale e singolare testimonianza del Vangelo, cercavano di sostenerlo ed aiutarlo, in questa sua missione così difficile di moderno samaritano; la sua opera comunque, oltre a creare ammirazione, suscitò anche purtroppo tante incomprensioni.
Con la sua sdrucita veste talare nera, con la grossa croce rossa sul petto, abito tipico del suo Ordine, percorreva in lungo e in largo Milano, alla ricerca dei bisognosi, specie quelli più vergognosi della loro misera condizione e con umiltà e tenerezza, porgeva la mano del suo aiuto concreto e spirituale, per sollevarli dall’isolamento; portava in tasca le corone del rosario di plastica bianca e ad ogni occasione le distribuiva, invitando ad elevare l’animo nella preghiera, recitando un Ave Maria alla Madonna, della quale era devotissimo.

6Non era un religioso chiuso nel suo ambiente caritativo, anzi, con i suoi speciali amici, spesso lo si vedeva in manifestazioni di religiosità esterne, tanto da essere definite di tipo “folcloristico”, come girare per le strade cittadine su una vecchia ‘Uno’ bianca, con sul tetto ben fissata, una statua della Madonna di Fatima, alla ricerca di un fratello più sventurato; come le ore di preghiera trascorse in ginocchio in Piazza del Duomo a Milano, durante la prima Guerra del Golfo; la costruzione all’ingresso di Casa Betania a Seveso, di una cappella di cristallo, come quella costruita a Fatima per le apparizioni della Vergine, della quale diceva: “Senza il suo aiuto, non avrei saputo combinare niente”.

Ai suoi giovani volontari, insegnava il difficile Vangelo della strada, quello che si vive fra i derelitti; i figli più amati da Dio, come fratel Ettore li chiamava; perché egli era convinto che ogni uomo, anche se povero, sporco e malvestito, aveva una sua dignità e doveva essere rispettato; anche il più povero era una creatura del suo Dio e questo stesso Dio vuole mostrare a loro il suo amore per mezzo di noi.
Superò infinite difficoltà, incomprensioni, maltrattamenti e, con il tempo, divenne il simbolo di una vera e difficile solidarietà dei nostri tormentati, consumistici, indifferenti tempi.
Fratel Ettore Boschini, morì il 20 agosto 2004 a 76 anni, nella clinica camilliana “San Pio X” a Milano; in quel fine estate la città rimase scossa per la perdita di quel testimone ‘scomodo’ dell’amore di Dio; in effetti tutti lo conoscevano e qualcuno lo definiva un matto, ma la notizia arrecò ai milanesi un vuoto terribile; fratel Ettore era infatti un uomo, un religioso, difficile da capire in questi tempi di diffuso egoismo, ma necessario ed efficace a far risvegliare le coscienze di quanti lo conoscevano.

Durante i funerali, il Superiore Generale dei Camilliani, padre Frank Monks, disse: “Lui, come diceva san Camillo, aveva capito bene che i poveri non hanno bisogno di una predica sull’amore di Dio, ma piuttosto sperimentare questo amore per mezzo della nostra assistenza, fatta con “più cuore nelle mani”.
La sua salma riposa nella Cappella della “Casa Betania” a Seveso; nella stessa Cappella riposa anche uno dei suoi giovani volontari e collaboratori dei primi anni, prematuramente scomparso a 34 anni, il Servo di Dio Sabatino Jefuniello (Sarno, (Salerno), 19-12-1947 – Milano, 30-8-1982), la cui Causa di Beatificazione, introdotta nel 1996 a Milano per iniziativa dei Padri Camilliani, ha ricevuto il nulla osta della Santa Sede il 14 dicembre 2002.