Grégoire, un uomo che libera altri uomini

Grégoire Ahongbonon

Grégoire Ahongbonon

Domenica pomeriggio, 9 novembre 2014, la sala gremita del Centro Astalli dei Gesuiti di Roma ha accolto la testimonianza sconcertante di Grégoire Ahongbonon, un “piccolo e modesto riparatore di pneumatici” – come si è spesso definito lui – il grande fondatore dell’Associazione Saint Camille de Lellis, che in Africa si occupa della cura e del recupero dei malati di mente – come invece lo vediamo noi – che al 1995 soprattutto in Benin e in Costa D’avorio libera uomini e donne dalla catene. Li libera fisicamente dalle catene, che spesso avvolgono la carne stessa dei corpi di questi “malati mentali”, che se non sono abbandonati a se stessi – vagano nudi per i centri urbani, frequentando le discariche in cerca di cibo – vengono bloccati con dei ceppi metallici. Uomini e donne i cui deficit mentali vengono diagnosticati semplicemente come possessione diabolica, come frutto di magia o di stregoneria!

A causa di una cultura radicata, frutto della miseria e della superstizione, in tutta l’Africa il malato mentale è una vergogna per la famiglia, perché considerato posseduto dagli spiriti, quindi qualcosa da nascondere e allontanare. Si ritiene che da tale malattia non si possa guarire e quindi la situazione della sanità mentale in Africa è critica, basti pensare che in tutta la Costa D’Avorio ci sono solo due psichiatri. Di conseguenza chi soffre di un disagio mentale di vario tipo, che può andare da un disturbo leggero a un problema più serio, viene segregato per anni, anche per decenni, incatenato a ceppi, separato dagli altri, abbandonato a se stesso, privo di cibo e acqua e in ultimo condannate a una fine terribile. Questi “matti” non solo non vengono più considerati come uomini, ma neppure come animali. Grégoire, instancabilmente, li va a cercare. Villaggio per villaggio, casa per casa. E innanzitutto li libera fisicamente dalle catene che li tengono prigionieri perché “non è possibile che l’essere umano continui a subire queste sofferenze”. Poi si occupa di liberare la loro anima: li porta con sé, nei suoi centri di accoglienza, per curarli con quella che lui chiama la “terapia dell’amore”, allo scopo di reinserirli un giorno nelle loro famiglie, attraverso una terapia della responsabilità, che mira a restituire speranza, dignità e fiducia. “Lo sguardo verso un malato significa tutto per lui”, spiega Grégoire “lo sa già se lo amate o non lo amate, sa già come lo considerate”. Nei suoi centri di accoglienza e di lavoro questi malati non sono diversi dagli altri. “Noi sani”, spiega Grégoire, “pensiamo che siano diversi e invece sono capaci di fare le stesse cose che fanno tutti. Quando si accoglie un malato, dopo pochi mesi lo si può già ritrovare in un centro di lavoro. Basta che la persona ritrovi la fiducia, ritrovi l’amore, basta che sia reintegrata e tutto riparte”.

La scena che ha letteralmente ammutolito la sala è quella in cui lui ha estratto dallo zaino una catena metallica che blocca testa, mani e piedi: questo è la “terapia” che viene riservata a questi malati: incatenati a qualche albero, alle intemperie, sotto il sole, senza cibo né acqua aspettando che il “demone” esca da questa persona.

Grégoire è sposato ed è oggi padre di 6 figli, vive a Bouaké in Costa d’Avorio. Emigrato da un villaggio del Benin negli anni Settanta, aveva fatto fortuna nelle grandi città della Costa d’ Avorio. Si serviva della ragione e degli amuleti, aveva esperienza di molte religioni e di molte magie e sceglieva volta per volta i rimedi più efficaci. Crollato sotto il peso dei debiti e della confusione, tenta di uccidersi, vede la morte con gli occhi, ma si salva come per miracolo.

E’ in questo periodo che Grégoire sperimenta un incontro profondo con Dio e si riavvicina alla Chiesa cattolica partecipando, nel 1982, ad un pellegrinaggio a Gerusalemme nel corso del quale una frase pronunciata dal sacerdote lo toccherà profondamente:

“ogni cristiano deve posare una pietra per costruire la Chiesa”.

Questa frase, in un animo sensibile e reso ancor più consapevole dalla grave crisi personale, cambia letteralmente la sua vita. Grégoire, infatti, rientrato a Bouaké, si accorge di una persona che vaga nuda per strada alla ricerca di cibo, le si avvicina e si rende conto che è un uomo malato di mente che a causa della sua condizione è stato emarginato dalla società. Comincia così ad interessarsi alla causa delle persone affette da disturbi psichici, scopre le condizioni disumane in cui vivono in Africa Occidentale dove si crede siano colpiti da stregoneria. Si rende conto che l’incatenamento e l’abbandono nelle strade di questi individui sono greg 2pratiche diffuse ed accettate dalle comunità locali. Grégoire decide così di dedicare la sua vita alle persone affette da disturbi psichici e agli emarginati dalla società ed inizia a liberare dalle catene ed a raccogliere dalle strade le persone con problemi mentali. Ritornato a Bouaké, in Costa d’Avorio, avvia un gruppo di preghiera che ben presto si trasformerà in un gruppo di carità per i malati bisognosi di cure: è l’Associazione S. Camillo di Bouaké.

Toccato il fondo, riscopre il cristianesimo, ma non è più il cristianesimo dei bianchi, la religione dei potenti, quella dei colonizzatori presa a modello dai neri che hanno fortuna. È il cristianesimo di chi sta, anima e corpo, veramente come Gesù Cristo, sulla croce. Benché povero, decide di dedicarsi a chi sta peggio di lui. Fonda un gruppo di carità cristiana: lui e i suoi amici visitano gli ammalati, non hanno medicine da offrire: si limitano a lavarli e a fare loro compagnia. Alla ricerca di ultimi che sono più ultimi, scoprono, dopo i carcerati, gli ammalati di mente. Man mano si attiva anche con senso pratico, cerca aiuto in Costa d’ Avorio e in Occidente, fonda i primi ospedali, fino a fare di quello di Bouaké l’unico centro in grado di assistere gli sbandati di ogni genere moltiplicati dalla guerra del 2002. Nei centri di Grégoire vivono per lo più musulmani. A Bouaké ha occupato la chiesa dell’ospedale: gli ammalati ci dormono, la domenica mattina chi vuole partecipa alla messa e chi non vuole esce o continua a dormire. Ha uno sguardo disincantato sul mondo e sulla vita, ma è pieno di speranza.

Il grande impegno di Grégoire è quello di ridare dignità umana a queste persone spezzando le catene metalliche che bloccano la loro carne ma soprattutto spezzando le catene dell’ignoranza che deturpa la loro dignità e il loro spirito.

Negli ultimi mesi è stato aperto il nuovo centro a Djougou in Benin, che ha già accolto circa 250 malati, mentre sta per partire la costruzione di un nuovo centro ad Alepé, a pochi km da Abidjan in Costa d’Avorio, per il quale Grégoire ha ricevuto in dono un terreno di 5 ettari direttamente dal nunzio apostolico. “Il lavoro si moltiplica e adesso ci arrivano richieste anche dal Burkina Faso e dal Ghana”, dice Grégoire, che continua a non ricevere alcuna sovvenzione, né dai governi. Se gli si chiede come fa a portare avanti tutti i centri, lui allarga le braccia e, con la stessa fede di sempre, ti risponde “la provvidenza, mio caro...”. Oggi i centri Saint Camille sono 15 ed ospitano in tutto circa 2.500 malati, mentre quelli reintegrati in famiglia sono più di 22.000.

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