La morte tra le braccia di suor Camilla. In ricordo della Beata Vannini

Tratto da Beata Giuseppina Vannini. L’amore dà la vita di Gianfranco Grieco. Edizioni Messagero Padova

Beata Giuseppina Vannini

Beata Giuseppina Vannini

La madre chiamava a sé tutte le Figlie spirituali. Parlava loro ad una ad una, rivolgendole parole affettuose; infine, una particolare benedizione. I nomi di Gesù e Maria si rincorrevano sulle sue labbra. Di notte, verso le ore due e  trenta del 23, suo Camilla che l’assisteva dopo le due notti insonni di suor Giuseppina, notava che la Madre emetteva un lungo respiro. Correva subito accanto al letto e riceva sulla sua spalla il capo reclinato della madre che così rendeva l’anima a Dio.

Era il 23 febbraio 1911. Madre Giuseppina aveva 51 anni, 7 mesi e 16 giorni. Erano trascorsi 19 anni da quando nella piccola casa di via Merulana aveva dato vita insieme con padre Luigi Tezza alla fondazione della Congregazione Figlie di San Camillo.

In attesa dell’alba le religiose più vicine alla Madre ricomponevano la salma e la rivestivano dell’abito religioso segnato dalla croce rossa. Sembrava che dormisse. Un materno sorriso illuminava il suo volto.

Tutta la comunità riunita nella camera attigua – si può leggere nella Cronaca – foglio 47 del 23 febbraio 1911, ore 2,15 ant. – recitò l’intero Rosario fra i suffragi e le lacrime e si intrattenne in preghiera fino al mattino. La meditazione di quel giorno presentava la risurrezione della figliuola di Giairo. «Era Gesù che voleva per primo apportare ai nostri corpi addolorati la sua parola di conforto. “Perché vi affannate e piangete? La fanciulla non è morta ma dorme!”. Oh consolante parola di Gesù, parola di vita, di verità, fondamento della nostra fede e della nostra speranza, qual conforto non arrechi ai nostri cuori… !»

La salma veniva esposta nel parlatorio ed erano moltissime nei giorni successivi le suore e le personalità ecclesiastiche e civili che venivano a renderle omaggio. Il mattino del 24, alle ore 6 «presente cadavere», veniva celebrata la messa da requiem nella camera ardente. Il feretro veniva poi trasportato nella cappella per l’Ufficio funebre. Tra le lacrime, tutte le sue Figlie spirituali davano alla madre il commiato. Alle ore 14 di quello stesso giorno veniva portata al Campo Verano.

Accompagnavano il feretro il padre Vido, Superiore generale dei Camilliani, il padre Alfonso Maria Andrioli, Vicario generale, il padre Giuseppe da Monterotondo ed un gruppo di religiose dell’Istituto affrante per la morte della loro «giovane Madre».

Veniva sepolta nella tomba da lei stessa acquistata per le Figlie dell’Istituto.

Esumata nel 1932, la salma veniva traslata nella chiesa della Casa Madre delle Figlie di San Camillo di Acqua Bullicante tra la Casilina e la Prenestina.

Al centro del pavimento una lapide posta sulla tomba riportava questo testo: «Pietà e amore di Figlie – qui la vollero – perché resti e sopravviva – in mezzo a loro – Madre, Maestra, Guida».