Servire a tutti gli infermi come una madre al suo unico figliolo infermo

Il S.P. Camillo, nel 1582, nella notte che precedette o seguì la festa dell’Assunzione, mentre vegliava nella corsia dell’ospedale romano di S.Giacomo degli Incurabili, ebbe l’intuizione, o piuttosto l’ispirazione, di istituire “una Compagnia di huomini pii e dabbene – come si esprime il suo primo biografo, p. Sanzio Cicatelli – che non per mercede ma  volontariamente e per amor d’Iddio servissero (gl’infermi), con quella charità et amorevolezza che sogliono far le madri verso i loro proprii figliuoli infermi”.

Era la risposta e la soluzione ad una questione che, da anni, lo assillava, preoccupava, non di rado angosciava: come rendere più caritatevole, cioè più umano e cristiano, il servizio che gli inservienti prestavano ai malati. Era almeno dalla fine del 1579, da quando era stato nominato Maestro di casa del pio luogo, con il compito dell’amministrazione e della direzione del personale, che Camillo aveva sentito più acutamente l’inadeguatezza di un servizio compiuto da persone assolutamente incapaci, e sovente carenti di sentimenti di amore e di umiltà. Del resto, anno prima, lui stesso, quando vi era andato per curarsi di una piaga al collo d’un piede e s’era adattato a far l’inserviente, aveva dato pessima prova e ne era stato licenziato, per incapacità, essendosi dimostrato più inclinato ed adatto al gioco che al servizio dei malati.

Convertitosi il 2 febbraio 1575, vi aveva fatto ritorno per curare la solita piaga, ed era apparso “mutato affatto in altr’huomo”.

Come Maestro di casa s’era impegnato, con tutte le sue forze ed energie, per la riforma del servizio ospedaliero. In un primo tempo aveva ottenuto un certo cambiamento. Ma era stata una mutazione effimera ed i servi erano ritornati svogliati, indolenti, “senza cuore”. Aveva cercato di supplire di persona, ma non poteva giungere a tutto.

La nuova ispirazione gli indicava un cammino nuovo da percorrere. Il suo disegno si restringeva all’ospedale di S. Giacomo e tra il suo personale trovò i primi compagni. “Quella novità” fu fraintesa ed ostacolata dai Guardiani del pio luogo, che proibirono la “compagnia di baia”, come uno di loro l’aveva definita.

Camillo, divenuto sacerdote (26 maggio 1584), aveva con i suoi compagni, trasferito altrove la residenza ed incominciato a prestare l’assistenza ai malati dell’Arcispedale di S.Spirito in Saxia, che sarà da lui preferito fino alla morte. Al piccolo “gregge” s0erano aggiunti altri compagni, malgrado l’estrema povertà ed i gravi disagi della loro vita.

Si provvide a dare  un nome al gruppo, che era genericamente chiamato “Compagnia del P. Camillo”. La denominazione voleva esprimere la specificità ed identità del nuovo Istituto. “Per la loro grande charità” verso i malati, per qualche tempo si chiamarono “Servi degli Infermi”. In seguito, riflettendo che nel Vangelo ricorre sovente il nome di “Ministri degli Infermi”. Nei quattro secoli di vita dell’ordine, in vari luoghi, popolarmente, vennero anche chiamati diversamente: “Crociferi”, dalla rossa croce che i religiosi portarono sul petto; “Padri della buona morte o del nel morire”, dallo zelo con il quale dispiegano l’assistenza ai moribondi ed agonizzati; “Camillini” o “Camilliani” dal nome del Fondatore. Ma il titolo di “Ministri degli Infermi”, sorto quattro secoli fa, rimane ancora oggi quello ufficiale.