P. Shukrani: “In Tanzania doppia minaccia, Covid19 e fame”

Inizia oggi un ciclo di interviste ai nostri confratelli camilliani che operano e vivono in Africa. Abbiamo chiesto di parlarci della situazione attuale e degli effetti della pandemia da coronavirus sulla popolazione. 

Oggi vi portiamo la testimonianza di p. Shukrani della Delegazione Camilliana in Tanzania – Comunità di Dar es Salaam

Qual è la situazione attuale nel paese, quanti sono i casi di accertati casi?

La Tanzania è un paese in via di sviluppo, con poche e scarse strutture sanitarie: questo rende la situazione sanitaria e sociale molto complicata. Il 22 aprile 2020 risultavano positivi al Covid-19, circa 254 persone; sono stati registrati 11 guariti e 10 decessi. Tuttavia, solo poche persone sono state sottoposte al tampone e per questo motivo potrebbero esserci un certo numero di casi non registrati. La regione più colpita del paese è la capitale Dar es Salaam, dove si trova la maggior parte dei religiosi camilliani. Al momento la situazione nelle aree rurali sembra essere sotto controllo, con pochi o nessun caso segnalato.

Avete riscontrato polmoniti aggressive prima dello scoppio del Covid-19?

Nel mese di novembre 2019, il governo nazionale attraverso il ministero della salute (ndr.: MoHCDEC = Ministry of Health, Community Development, Gender, Elderly and Children) ha rilasciato una dichiarazione secondo cui ci sarebbero stati casi di malattia simile a un’influenza tra la popolazione. Le persone colpite riscontravano febbre, mal di testa e malessere generale. Il ministero ha dichiarato che stava esaminando il caso per vedere se il virus fosse mutato nel tempo. Il 20 dicembre 2019, il ministero della salute ha nuovamente informato la popolazione. Dopo un ulteriore indagine, ha reso noto che il virus non era nuovo, era lo stesso che aveva causato influenza e altre malattie respiratorie, inclusa la polmonite. L’unica differenza era che ci sarebbero stati più casi rispetto all’anno precedente 2018 e quindi il ministero voleva rassicurare la popolazione che non ci sarebbe stata alcuna pandemia influenzale nel paese.

Quali misure avete adottato?

Si consiglia alle persone di evitare i luoghi affollati – per attuare il distanziamento sociale -, di indossare le mascherine e di rimanere a casa, ma al momento non c’è nessuna forma di chiusura (lockdown) ufficiale. I collegamenti aerei nazionali ed internazionali sono stati sospesi. Il Ministero della Salute fornisce aggiornamenti regolarmente. A Dar es Salaam e in altre diverse regioni del paese come Mwanza, Arusha o Kilimangiaro sono stati istituiti centri di isolamento, centri per effettuare i test, ma solo per persone con sintomi, e centri di quarantena per i casi positivi confermati. Ogni forma di incontro, seminario o conferenza è stata proibita. Le funzioni religiose continuano ad essere celebrate, sebbene finora la diocesi di Rulenge-Ngara abbia deciso di sospendere la messa per un periodo di 30 giorni. Inoltre, il Presidente ha richiesto tre giorni nazionali di preghiera (16-18 aprile). È stato anche consigliato di evitare spostamenti non necessari, specialmente da o verso le città maggiormente colpite. Questo è un tentativo di assicurarsi che le persone delle aree colpite non diffondano la malattia in altre aree, in particolare nelle aree rurali.

Qual è stata la risposta delle persone?

Le persone rispondono positivamente, tuttavia le attività individuali della popolazione, in particolare in una grande città come Dar es Salaam, rendono difficile aderire alla lettera alle misure di contenimento. Molti in Tanzania sono disoccupati, altri devono uscire tutti i giorni per andare a cercare lavoro (informal sector). Mi riferisco anche a coloro che lavorano nei mercati, nei negozi di alimentari locali, nei trasporti pubblici, ecc. Per loro non uscire significa non poter procurare cibo per se stessi e per le loro famiglie. Le persone sono state incoraggiate ad indossare le mascherine, ma per molti di loro, questo dispositivo di protezione è un lusso.

Cosa spaventa di più?

Da dove mi trovo sento in continuazione le sirene delle ambulanze. Ma sono più spaventato per il fatto che la pandemia colpisce una popolazione che già lotta quotidianamente con i bisogni di base, che ha basse difese immunitarie a causa dell’HIV/AIDS, della tubercolosi, della malaria, del diabete, delle malattie cardiache, ecc. Inoltre, temo che, come molti dei paesi in via di sviluppo, non abbiamo strutture sanitarie sufficientemente adeguate per la prevenzione e per l’analisi dei tamponi. C’è così tanta paura tra la popolazione che temo che questo possa portare le persone a non aiutare i malati affetti da Covid-19. Inoltre, gli assembramenti nei luoghi di culto potrebbero diffondere ulteriormente la malattia, infettando un numero inimmaginabile di persone. Ho paura anche per le categorie sociali più vulnerabili: i genitori che non lavorano non portano il cibo a casa. Per questo siamo di fronte ad una doppia minaccia per la Tanzania: il coronavirus e la fame. La quarantena a casa risulta difficile da osservare per queste persone.

Le terapie stanno funzionando?

Non posso dire con certezza se funzionano o meno. Tuttavia, gli undici casi diagnosticati ufficialmente possono fornire indicazioni importanti sul successo del trattamento.

Di cosa c’è davvero bisogno?

È necessario aiutare le persone più vulnerabili della società a sopravvivere durante a questa crisi sanitaria. Sto parlando delle le madri single che vendevano vestiti nei mercati, o le merende ai bambini nelle scuole e università e college; delle prostitute; degli addetti al trasporto pubblico; a tutti coloro la cui sopravvivenza dipende dalla realizzazione di cerimonie per guadagnarsi da vivere come i decoratori o i maestri di cerimonie (popolarmente conosciute come MC). I più poveri non saranno mai in grado di permettersi i dispositivi di protezione individuale (DPI) e con loro, tutte le persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi avranno bisogno di uno stipendio (in contanti o in natura) per sopravvivere.