Stabat Mater – Stare e so-stare in comunità alla luce del Calvario.

di p. Alfredo M. Tortorella, M.i.

Il mese di settembre ha al suo centro due memorie incredibilmente belle: l’Esaltazione della Croce e la memoria mariana dell’Addolorata. Apparentemente, queste memorie liturgiche, sembrano “fuori stagione”: siamo infatti nel pieno del Tempo Ordinario e cosa c’entrano tali memorie, forse dai tratti un po’ quaresimali, con questo periodo dell’anno? Per la memoria dell’Addolorata, l’ufficio liturgico addirittura invitava a cantare a più riprese l’inno Stabat Mater, che alla mente evoca le settimanali vie crucis fatte nelle nostre comunità nei venerdì di Quaresima. E – sempre il giorno dell’Addolorata, icona mariana tanto cara alla spiritualità camilliana – viene offerta, nella Messa, l’opzione di scegliere il Vangelo dello stabant autem iuxta crucem: “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleopa e Maria di Magdala” (Gv 19, 25-27). Dunque, cosa c’entra questo apparente immobilismo dello “stare sotto la croce”, questa contemplazione del Calvario, con il Tempo Ordinario e in particolare col mese di settembre, mese della ripresa di tante cose, soprattutto delle nostre attività pastorali, comunitarie e lavorative? Mentre ci adoperiamo e forse un po’ affanniamo nel riprendere in mano quanto abbiamo lasciato prima delle ferie – e quest’anno, ahimè, prima delle quarantene Covid -, la spiritualità liturgica sembra ammonirci salutarmente che per ripartire occorre dapprima so-stare. “So-stare”: potremmo tradurlo con “io imparo a stare”. Non tanto fermarsi in pausa: questo è già stato fatto durante le vacanze, quanto piuttosto imparare a ripartire dalla Croce e dalla Madre, sostando cioè al Calvario come al rifornimento e al luogo dove i rapporti si intensificano. Sul Calvario troviamo le persone giuste al momento giusto; non i paurosi e gli affannati, ma quelli che amano di più: il Redentore, la Madre, il Discepolo innamorato, le Donne coraggiose. Tutti loro, stanno: non corrono, non scappano, non sono alla ricerca della soluzione, non fanno programmazioni personalistiche, non hanno ansie, ma solovivono il momento con amore. E’ un momento comunitario solenne, quello del Calvario: il Signore raduna presso la sua croce coloro che già credono, perché sono mossi da un amore più forte che li rende costanti fino alla fine. Fa molto pensare che la maggior parte di costoro siano donne. Non si può non collegare la scena alle indicazioni di San Camillo de Lellis il quale invitava a prendersi cura sicut mater, come fa una madre col suo unico figlio infermo. Ecco perché la spiritualità camilliana è legata – e forse lo deve essere maggiormente – all’Addolorata, invocata anche come Salus Infirmirom. Maria è la Madre che sta presso la croce del suo unico Figliolo infermo. Non si muove, non si smuove, non è mossa da alcuna forza a lei esterna. Il regista Mel Gibson, nel suo colossal The Passion, ha reso mirabilmente questo so-stare della Madre attraverso l’interpretazione forte dell’attrice rumena Maria Morgenstern: nel film, la Donna è “bloccata” ai piedi della Croce col Figlio “bloccato” sulla Croce. L’osservatore attento nota che questo stare non è statico: vi è una comunicazione profonda tra il Figlio e la Madre, e tra questi e tutti gli altri che stanno.  Aldilà dell’interpretazione cinematografica, la meditazione della scena del Calvario ci dice anzitutto questo: le difficoltà e le frustrazioni del momento non impediscono, a chi ama e sta senza scappare, una comunicazione profonda.

All’inizio del nuovo anno pastorale e comunitario c’è una tentazione da affrontare: quella ancora una volta di scendere dalla Croce con la scusa di darsi da fare. Lo “scendere dalla croce” spesso si presenta come ansia per una programmazione e una sistemazione del lavoro; sconforto, perchè si riprende la vita di prima dove forse c’erano situazioni non risolte e i soliti “confratelli-impedimento-al-mio-ego” ; infine, come efficientismo angosciante, per “togliersi il pensiero” di risolvere tutto.

Le memorie liturgiche centrali del mese di settembre, invece, ci insegnano che per ripartire occorre so-stare: ogni programmazione ed organizzazione, alla luce di quanto meditato dal Calvario, ci insegna che:

  1. Il so-stare presso la Croce è capire che tutto parte dalla contemplazione: preghiera, riflessione, meditazione, esercizi spirituali, giornate di ritiro personale e di gruppo, forse sono le cose più auspicabili in settembre. Questo primo punto è il “ So stare con Dio”.
  2. Il so-stare presso la Croce è comprendere che quanto sarà organizzato e fatto non è mai l’opera di un singolo: Gesù ha bisogno del Discepolo per affidare la Madre, la Madre e il Discepolo hanno bisogno l’uno dell’altro ed entrambi necessitano delle indicazioni di Gesù Redentore. Settembre è il tempo di ricercare l’altro, di porsi in ascolto: nelle nostre comunità è il tempo di ricercare i confratelli che abbiamo lasciato per ferie ed altri impegni. È con essi che si organizza anzitutto. Molti pensano che devono far tutto da soli, perché si è gli unici in grado di farlo. Possono esserci nelle nostre comunità confratelli non bravi in qualcosa ma ottimi in altro. Un superiore di comunità o comunque un confratello intelligente e caritatevole può e deve far notare che la vita comunitaria è “gioco di squadra” dove ognuno è utile secondo i propri carismi, attitudini, forze fisiche e spirituali. Il so-stare, dunque, mi fa profondamente rincontrare il confratello e comunicare con lui. Questo secondo punto è il “So stare in Comunità”.
  3. Il so-stare presso la Croce è affidarsi alla Provvidenza, la quale dispone gli incontri più importanti e che maggiormente ci fanno crescere. Sul Calvario non vi sono solo i veri innamorati di Gesù: la Madre, il Discepolo, le Donne. Questi hanno modo di incontrare, a causa del loro so-stare, un gruppo di altri che a loro volta si innamorano: il centurione, il soldato, Giuseppe di Arimatea, Nicodemo. Essi diventano pienamente parte di quella famiglia. Quando nelle nostre comunità impariamo a so-stare secondo amore vicendevole che sa incontrarsi per programmare la vita, le nostre case diventano polo d’attrazione per chi è in cerca d’amore: giovani, meno giovani, persone che si sentono escluse dalla Chiesa e dalla propria famiglia, ricercatori di senso, ricercatori di Dio. E questo non è un invito a “non uscire” e a un “non andare in missione”, poiché lo stesso uscire e la stessa missione esterna alle nostre case è frutto di quella programmazione che nasce dal desiderio di rincontrarsi col confratello e permessa solo dal so-stare. So-stare mi conduce dunque ad incontrare chi Dio vuole, piuttosto che chi voglio io. Questo terzo punto è il “So stare con Tutti”.

Se dunque settembre è il mese del So stare con Dio, So stare in Comunità e So stare con Tutti, la pedagogia della Chiesa ci insegna che è ottobre il mese della missione, dell’attività, del mettere in pratica quanto abbiamo programmato nel nostro so-stare di settembre, ben consci e consapevoli che so-stare per recuperare relazioni e comunicazione profonda è necessità di tutta la vita!