Testimoni dell’amore misericordioso – Il cammino della santità

di p. Angelo Brusco

Introduzione

    Interpretando in maniera originale e sublime il carisma della carità misericordiosa verso gli infermi, San Camillo meritò di essere definito dal Benedetto XIV “iniziatore di una nuova scuola di carità”.

Guardando a lui, modello sublime di dedizione al prossimo infermo, molti religiosi dell’Ordine da lui fondato hanno raggiunto la perfezione della carità, dimostrando che la vita nello Spirito vissuta nella linea del carisma e della spiritualità camilliana può essere una strada maestra che conduce alla santità.

Di tutti questi religiosi esemplari, solo due sono stati elevati agli onori degli altari: i padri Enrico Rebuschini e Luigi Tezza. Di alcuni altri sono stati introdotti i processi di canonizzazione.

La scarsezza di riconoscimenti ufficiali da parte della Chiesa della santità dei religiosi camilliani è dovuta a vari motivi di ordine storico. Tra di essi va ricordata, in modo particolare, la laboriosità del processo di beatificazione e canonizzazione di San Camillo. Morto nel 1614, il Fondatore dell’ordine camilliano è stato dichiarato beato solo nel 1742, e santo nel 1746. Alla lunghezza del processo, dovuta alla riforma della legislazione ecclesiastica al riguardo, va aggiunto anche l’esorbitante peso economico sostenuto dall’Ordine, sia per il processo canonico, sia per le solenni manifestazioni in occasione della beatificazione e canonizzazione del Fondatore.

È solo verso la seconda metà del secolo scorso che ha ripreso vita il desiderio di proporre alla devozione del Popolo di Dio alcune figure di religiosi camilliani distintisi per esemplarità di vita.

Pur condividendo la convinzione che “la santità della Chiesa è molto più diffusa di quanto non dicano le espressioni ufficiali”, non si può ignorare il valore dei modelli nel processo di crescita a livello umano e spirituale.

Qualche decennio fa, un insigne religioso camilliano, P. Alessandro Pedroni, si faceva interprete di questa esigenza, scrivendo nel suo diario: “Sento il bisogno di leggere libri dei nostri e che parlino delle cose nostre…Quanto bene verrebbe all’Ordine se ci fosse dato di avere…biografie di padri e fratelli nostri che ci facciano gustare tutta la bellezza della vita camilliana… Quanta pena mi fa vedere tante glorie dimenticate e sconosciute…Santi di primo ordine che non andranno mai sugli altari (…). Rispecchiandoci in quelli che ci precedettero impareremo ad amare la nostra divina vocazione…sospireremo…, da veri servi dei poveri ammalati, il sommo favore di morire pei nostri fratelli infermi, come fecero molti dei nostri eroi dietro le orme del nostro santo Fondatore, vero apostolo e angelo della carità”.

Alla luce delle considerazioni che precedono, appare doveroso illustrare sia il “vuoto di santi ufficiali” che esiste tra San Camillo, vissuto a cavallo dei secoli XVI e XVII e i Beati Tezza e Rebuschini, morti rispettivamente nel 1923 e nel 1938, ricordando alcune figure di camilliani che hanno lasciato, in quanti li hanno conosciuti, una viva testimonianza di santità, colorata con gli ingredienti tipici della loro personalità e dell’ambiento socio-culturale in cui sono vissuti, sia dare un maggiore risalto ai due Beati.

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