Commento al Vangelo – 7 Agosto 2022

Padre Gianfranco Lunardon, Vicario generale dell’Ordine, nel mese di agosto sarà ospite della trasmissione di Radio Vaticana “Lampada ai miei passi”  per commentare il vangelo domenicale.

Il programma, che andrà in onda ogni venerdì alle 6.35 e in replica alle 20.30, è curato da Monia Parente e potete ascoltarlo cliccando qui 

 XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – 7 agosto 2022

O Dio, fedele alle tue promesse,
che ti sei rivelato al nostro padre Abramo,
donaci di vivere come pellegrini in questo mondo
affinché, vigilanti nell’attesa, possiamo accogliere il tuo Figlio nell’ora della sua venuta.

Desidero iniziare questa condivisione con voi, con una triplice immagine, delicata ma potente che emerge dalla preghiera di colletta che introduce le letture bibliche di questa 19ma domenica del t.o: il pellegrinaggio; l’attesa e la notte!

Il pellegrinaggio è spesso preceduto da una ardente attesa e altrettanto spesso è vissuto nella speranza che dirada dubbi e nella fede che ci sostiene nel cammino in notturna!

Sorge quasi spontanea una domanda: desideriamo essere e vivere e progettare la nostra vita come dei turisti del sacro o come dei pellegrini dell’Assoluto?
La differenza sta proprio nella qualità dell’attesa, nella passione che anima la vigilanza con la quale camminiamo dentro la storia.
Il turista non si attende nulla: conosce già tutto in anticipo; nel suo viaggio ‘all inclusive’ tutto è già previsto,  programmato e selezionato spesso da altri … meta compresa!
Il pellegrino invece è sempre aperto con curiosità, fatica, impegno, determinazione ed intelligenza alle sorprese della provvidenza di Dio.
Ma bisogna essere svegli, attenti; non bisogna essere intorpiditi o vivere aggrappati dalle letture superficiali del quotidiano …

Nella interpretazione sapienziale dei fatti dell’esodo viene messo in risalto il fascio luminoso che porta il popolo di Israele alla liberazione e lo guida durante tutto il suo cammino nel deserto; tuttavia l’uomo deve essere disposto a collaborare con questo percorso di liberazione.

Purtroppo sappiamo che non è stato e non è, ancora oggi, così: la tentazione di rallentare il passo, di fermarsi alla prima oasi che promette miraggi di frescura, o addirittura di tornare indietro, di abdicare alla propria libertà o di svenderla per qualche pentola di carne e di cipolle – in sostanza di abdicare alla fatica della maturità – è una tentazione sempre presente!

Schiavi ma con la pancia piena! Capiamo subito che siamo chiamati a percorrere la nostra personale notte della responsabilità, nella quale  il Signore ci chiede di prenderci cura di quello che ci ha consegnato: vita, libertà, relazioni, valori!

Le cose più importanti non vanno cercate, ma attese (S. Weil): solo così, proprio perché nascono da una attesa gravida di passione potranno essere riconosciute quando arrivano, gustate fino in fondo quando le avremo tra le mani e condivise con gli altri, perché troppo affascinanti per essere rinchiuse nelle strettoie e nelle storture del nostro egoismo.

Ecco perché il salmo ci ricorda la bellezza ed il valore di ‘sentirsi scelti-sentirsi ricevuti- sentirsi donati’ dal Signore. “Beato il popolo che accetta di essere scelto dal Signore”; beato l’uomo che ha chiara la visione di essere ‘ministro’ e non ‘padrone’ di beni altrui, dei beni di Dio e come tale da vivere con responsabilità secondo quella logica che solo nella relazione continua con il ‘donatore’ potremo scoprire e condividere: logica radicalmente diversa dal cinico e diabolico ‘sarete come Dio’, che porta ad abusare delle persone, a spadroneggiare sulle cose e alla fine a mortificare la propria stessa esistenza.

D’attualità è la seconda lettura di questa domenica (tratta dalla Lettera agli Ebrei).

Dopo aver definito la fede come: ” fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede”, l’autore comincia ad intrecciarla con la speranza facendone una magnifica tela. In essa, Abramo è presentato come colui che obbedendo a un tassativo ordine di Dio, si avventura in un interminabile pellegrinaggio verso la terra promessa che percorre in tutta la sua lunghezza senza mai possedere: paradigmatica è l’immagine della tenda nomadica!

Panorama Milky Way galaxy, Long exposure photograph

La fede è essenzialmente ‘fiducia’ riposta in colui che stimi – perché ne hai già fatto esperienza – solido, stabile e su di lui puoi costruire, puoi progettare, puoi crescere!

Nella Sacra Scrittura la notte è soprattutto la notte della sentinella che deve vegliare per custodire la città oppure, come ci ricorda il Vangelo, è la notte in cui siamo chiamati ad aspettare il padrone che ritorna.

La notte però si può trasformare spesso anche nel tempo della disperazione, il tempo dell’insonnia per il rimorso, il tempo della preoccupazione o dell’ansia per il domani che ci assale ed ci assilla … peggio ancora, il tempo in cui si cova la vendetta …

Proprio per questo, nel bene e nel male, è nella notte che comprendiamo da che parte sta il nostro cuore. Sì, perché proprio quando è notte ci rendiamo conto se abbiamo ancora speranza; ci rendiamo conto se crediamo davvero che ci sia un tesoro da custodire o se in fondo pensiamo che si sia trattato solo di un inganno.

Ma con quale stile viviamo questa attesa? Svagati, indolenti, prepotenti, rassegnati, mal organizzati oppure …

  1. Custodi intelligenti dell’olio per le lampade accese, affinché la luce ci permetta di illuminare bene, in profondità il profilo di cose e persone;
  2. In piedi, agili, con i fianchi cinti, come ai blocchi di partenza, pronti a servire, in modo da non cadere nello scoraggiamento e nella pigrizia;
  3. Preoccupati di fare, ma non cose straordinarie, nella notte puoi solo provare a continuare a servire come hai sempre fatto, continuando a svolgere quel compito che ci è stato consegnato.

Solo in questa dinamica di reciproca fiducia, il servo potrà scoprire di non essere più servo ma partecipe della fortuna del suo padrone.
Infatti rispetto all’uomo stolto, del vangelo di domenica scorsa, che pensava di poter vivere bene solo perché aveva accumulato tante ricchezze, scopriremo almeno tre nuove esperienze.

La prima è che questa ricchezza è data, è donata (Lc 12,32). La ricchezza che il Padre nostro dona è gratuita, e dipende solo dal fatto che a Dio “piace” condividere con l’uomo la sua esistenza.
La seconda è che questa ricchezza, a differenza di quella che l’uomo si accumula da sé, non teme la morte. E questo perché la ricchezza donataci dal Padre è la nostra figliolanza, la nostra relazione con Lui, di cui Dio è il custode credibile e sicuro.
La terza è che questa ricchezza, paradossalmente, si accoglie nel momento in cui si condivide ciò che si ha con gli altri.

Attenzione ad un rischio sottile ma devastante: come il ricco della scorsa settimana costruiva magazzini per accumulare i suoi beni, ossia riempiva il suo nulla esistenziale con dei beni che si disgregano, così il servo della parabola di oggi riempie l’attesa con un’altra forma di ricchezza, con una ubriacatura che è il potere (Lc 12,45): il potere è un altro mezzo con cui l’uomo si illude di allontanare la morte, di evitare il limite.

In realtà, siamo chiamati ad una dignità molto maggiore, quella di essere dei servi che il padrone ama a tal punto da farsi egli stesso loro servitore.
Vigilanza è dunque essenzialmente memoria di questa infinita dignità, che ci è data gratuitamente, mentre si attende che questa dignità diventi sempre più l’essenza stessa della nostra vita.
E lo diventa quando noi stessi facciamo come quel padrone che torna per servire, e non per essere servito.