Pellegrinaggio del cuore di San Camillo nelle Filippine – 2019

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(Omelia pronunciata da p. Michael G. Gimena, religioso camilliano, in occasione della visita della reliquia del cuore di San Camillo presso l’ospedale regionale di Bicol, Legazpi City)

Siamo qui riuniti, oggi, attorno al Signore Gesù, per riverire e per pregare davanti al cuore di san Camillo de Lellis, protettore universale degli ammalati, degli ospedali e degli operatori sanitari. Nel corso degli anni, questo cuore è stato venerato presso il cubiculum della casa madre dei camilliani, attigua alla chiesa di santa Maria Maddalena a Roma.

La sua presenza nelle Filippine, per la seconda volta – la prima visita è stata vissuta in preparazione al quattrocentesimo anniversario della morte di san Camillo nel 2013 – ci mette di fronte a delle sfide e a delle opportunità.

Noi cittadini del XXI secolo non abbiamo un rapporto del tutto oggettivo con le reliquie, anche se, souvenir e cimeli non sono poi completamente estranei alla nostra mentalità postmoderna.

Si dice che ogni volta che il Presidente degli Stati Uniti d’America firma un nuovo atto legislativo, considerato significativo ed emblematico per la sua presidenza, inviti un gruppo di sostenitori di tale progetto, nell’ufficio ‘ovale’ per la firma e poi consegna la penna con cui ha firmato a qualcuno del team che ha fortemente promosso la campagna per l’approvazione di quella legge. Oggi, qui, davanti a noi, in questa chiesa, abbiamo molto più di una penna.

Anche nel contesto sociale e civile australiano, piuttosto secolare, dove sono stato missionario per otto anni, ci dilettiamo con alcuni cimeli. Abbiamo musei per lo sport dove maglie, palloni, medaglie e trofei sono apprezzati; anche il cavallo più veloce nelle corse, chiamato Phar Lap, soprannominato il ‘cavallo delle meraviglie’, è stato definito un’icona nazionale e il suo corpo è stato imbalsamato ed ora conservato in un museo a Melbourne, offerto all’ammirazione del pubblico. Oggi, qui, davanti a noi, in questa chiesa, abbiamo molto più di un cavallo.

Qui nelle Filippine, non ti chiedi mai perché il monumento di José Rizal a Luneta è sorvegliato da almeno due soldati 24 ore su 24? Custodire i monumenti di personaggi importanti, soldati ed eroi, è una pratica che viene dall’occidente. Così come la tomba del Milite Ignoto nel Cimitero Nazionale di Arlington negli Stati Uniti d’America è un segno di rispetto o una forma di tributo per ciò che il soldato o l’eroe hanno compiuto per il loro paese. Non solo, le tre stelle incise sul monumento di Rizal sono realizzate in oro 26 carati. Oggi, qui, davanti a noi, in questa chiesa, abbiamo molto più di un soldato sconosciuto, più di un eroe nazionale.

Perché qui, oggi, davanti a noi, in questa chiesa, dopo oltre 400 anni dopo la sua morte, ci stiamo radunando davanti al cuore di una persona riconosciuta e proclamata santa, perché ha dedicato la sua vita al servizio degli ammalati.

Qui non c’è solo il cuore ‘imbalsamato’ di san Camillo, che stiamo venerando e a cui stiamo chiedendo l’intercessione per i bisogni della nostra vita.

Cosa significa questo cuore, per cosa ha battuto questo cuore e per cosa questo cuore continua a battere. Forse possiamo anche chiederci. Cosa significa il mio cuore? Per cosa batte il mio cuore? Perché san Camillo continua ad ispirare le persone, proprio attraverso la reliquia del suo cuore?

Questo cuore simboleggiava l’amore, la cura e la compassione per gli ammalati. Questo cuore batte per la sofferenza, per il povero e per il morente.

All’inizio della sua vita, san Camillo aveva in realtà un cuore diviso, un cuore confuso, non molto amorevole, non impegnato, persino corrotto, potremmo dire. Da adolescente e da adulto, Camillo era noto per essere irascibile, con la testa dura e un drogato del gioco d’azzardo: ha persino scommesso – e perso – la sua giubba e la sua spada!

Eppure Dio lo ha cambiato, trasformato e convertito: il cuore non-sincero, diviso, confuso progressivamente si è trasformato in un cuore autentico, impegnato e compassionevole. Molti dicono che la sua stessa malattia, la ferita purulenta al collo della gamba destra, sia stato, in realtà, il modo in cui Dio lo ha potuto raggiungere. Questa piaga gli ha permesso di aprire gli occhi sulla triste situazione degli ammalati; gli ha anche spalancato la porta della sua vita futura: l’ospedale. A partire dalla sua condizione di malattia personale è giunto alla situazione di sofferenza del suo prossimo.

San Camillo aveva una struttura fisica imponente sia letteralmente – circa 1,90 metri di altezza – che spiritualmente: un gigante nella carità!

Anche san Camillo ha coltivato domande e dubbi sulla sua vocazione, su ciò che aveva deciso di realizzare con il resto della sua esistenza. Ma incoraggiato da Dio e rassicurato della presenza di Cristo negli ammalati e nei morenti, ha perseverato con determinazione e speranza.

I biografi testimoniane che in una notte buia del 1582, Camillo stava attraversando un momento di grande dolore: la tristezza e l’incertezza erano acuite da molte critiche e opposizioni anche da parte di coloro di cui si fidava, come il suo direttore spirituale, san Filippo Neri. Era sul punto di arrendersi, di abdicare al suo progetto riformatore della cura dei malati.

In preghiera, davanti al crocifisso, ha avuto la chiara percezione che il Signore lo stesse abbracciando, confortandolo con queste parole: “Camillo, pusillanime, abbi coraggio! Continua il lavoro che hai iniziato. Non aver paura, io sarò con te perché quest’opera è mia e non tua”. Questa fiducia ha sostenuto Camillo per tutta la sua vita di servizio appassionato agli ammalati.

Camillo aveva le sue debolezze, le sue ricadute, i suoi fallimenti. Quante volte è sfuggito al lavoro in ospedale solo per giocare d’azzardo. Quante volte ha combattuto con l’amministrazione dell’ospedale solo per il suo temperamento e la sua testardaggine. E anche dopo la sua conversione (2 febbraio 1575), quando ha affermato solennemente “non più mondo, non più mondo”, è caduto ancora e ha fallito ancora! Ma il fatto è che non ha mai smesso di provarci. Penso che in questi frangenti, la sua testardaggine sia stata quasi provvidenziale, per non mollare mai i grandi progetti della propria vita. Non ha mai disperato fino al punto da rinunciare ad ogni speranza: nel fondo del cuore è rimasto un soldato e ha continuato a combattere: lottare per amore di Dio e, come il buon samaritano, per amore del prossimo sofferente.

Questo amore, questa carità hanno pervaso questo ‘cuore’: è questa la ragione per cui oggi tale ‘cuore’ è onorato sugli altari della chiesa.

Mentre contempliamo e veneriamo questa reliquia, oggi, ci impegniamo nuovamente per ritornare con tutto cuore nella nostra vita, nella nostra vocazione e missione.

Non restiamo concentrati su un cuore imbalsamato. Piuttosto, ricordiamo che san Camillo, con questo cuore, si è sempre concentrato su Cristo e ha sempre abbracciato tutte le persone, specialmente i poveri, gli ammalati, i sofferenti e i morenti.

Preghiamo affinché, ad imitazione di san Camillo, possiamo avere un cuore come il suo, per perseverare nell’accoglienza e nella cura particolarmente di coloro che non hanno nessuno che si faccia loro prossimo!

Amen.