Quando curare era precetto cristiano

Articolo di MARIA ANTONIETTA CRIPPA – Avvenire, 16/03/2021 Sezione “Agorà” p. 22

In una clip brillante tuttora visibile in rete, Philippe Daverio, sapiente divulgatore d’arte, offriva un precedente all’attuale Banco Farmaceutico nel geniale soccorso all’indigenza di molti milanesi attuato da dodici laici benestanti, all’inizio del XVI secolo. Ritiratisi dalla vita di corte, essi avevano fondato infatti la Confraternita della Santa Corona che ebbe, fra le principali attività, la raccolta di fondi per donare medicine ai poveri.
Davanti al grande dipinto da loro commissionato a Bernardino Luini e custodito nel locale, un tempo sede della Confraternita ora inglobato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, Daverio concludeva: «Siate fieri della vostra origine!».
La riscoperta del dipinto e la sua piena comprensione, oltre che artistica anche iconografica e sociale, era merito di Luciano Sabolla, medico e volontario dal 2002 del Banco farmaceutico, autore del volume All’origine della cura. Pauper Christi Assistenza e sanità tra Medioevo ed Età moderna pubblicato da Itaca (pagine 152, euro 20). Capace di accurata divulgazione, Sabolla ha allargato le proprie conoscenze sull’intreccio tra assistenza e sanità, oggi più che mai attuale, facendo perno sullo straordinario episodio confraternale sopra richiamato e strutturando, sul legame tra cura dei poveri e arte, uno racconto fitto di informazioni preziose, di connessioni tematiche, di spunti per ulteriori ricerche, di squarci su episodi d’architettura e d’arte di grande valore. Ha optato inoltre per una narrazione tematica e cronologica dal lungo medioevo al primo rinascimento, alternando esemplificazioni italiane ed europee. Non esistevano allora le nazioni, non vi erano sistemi in qualche modo paragonabili all’attuale Servizio Sanitario Nazionale.

L’orizzonte culturale era quello di una cristianità che, tra contraddizioni e incoerenze, non poteva fare a meno di vedere – nel povero, nell’ammalato, in chi era spinto ai margini del tessuto sociale dalle proprie fisiche e mentali fragilità o da condizioni di abbandono soprattutto infantile – il pauper Christi cui si doveva cura e devozione.

Con realismo il libro accredita l’enorme rilevanza del movimento di carità mobilitata da questa concezione collegandola anche al moltiplicarsi di indulgenze a favore dei donatori, allargate in ‘perdoni’ che divenivano anche feste di popolo. Sabolla, da medico, restituisce con precisione anche, in corrispondenza a questa sapienza cristiana, la maturazione graduale di competenze mediche e assistenziali oltre che una specifica letteratura medica. Offre così al lettore, con le varianti della cristiana solidarietà – nel fervore di scholae peregrinorum, di domus hospitales di ordini cavallereschi, di esperienze monastiche, di confraternite laiche – anche l’invenzione di peculiari iconografie artistiche e di soluzioni spaziali spesso di artisti sommi. Emerge così un legame tra arte e carità, tra bellezza e devozione per l’uomo, in particolare per l’uomo più indifeso, che risulta provocazione all’oggi troppo spesso smarrito in costosi esercizi estetici senza referenti reali.