Su quelle parole: Non più mondo, non più mondo!

I PRELUDIO: Imàginati di vedere il S. P. Camillo, che toccato dalla grazia sulla via di Manfredonia, si batte il petto e grida: non più mondo! Non più mondo!

II PRELUDIO: datemi a conoscere, o Signore, quanto sia brutto il mondo, vostro nemico.

 

PRIMO PUNTO ―  Ammira anzitutto, anima mia, il miracolo della grazia. Camillo proseguiva nella cattiva sua vita, e Iddio lo arresta e lo fa suo. Camillo andava dietro a quelle prosperità terrene, che si vedeva sfuggire dinanzi, e Dio in un attimo gli muta il cuore, e gli fa aborrire ciò che prima amava. Camillo fu una di quelle anime privilegiate, in cui Dio si compiace di esercitare non solo l’influenza, ma l’effusione e la prodigalità del suo amore, una di quelle anime, ch’Egli attira con grazie miracolose, con vocazioni onnipotenti, per trasferirle in un istante dall’estremità della colpa all’estremità della grazia.

Non sono queste però le vie ordinarie per cui Dio attira a sé le anime. Le funi più proprie a tirar l’uomo, sono gli inviti della carità e dell’amicizia, e Iddio dice appunto in Osea: in funiculis Adam traham eos, in vinculis charitatis (Sales – Teot. II, 12).

Non aspettarti dunque, anima mia, che Iddio ti leghi con catene di ferro, ma tendi piuttosto avidamente l’orecchio a tutte le dolci ispirazioni della grazia, perché hai ragione di temere che disprezzata più volte, più non ritorni. La sposa dei sacri Cantici, perché fu tarda ad aprire la porta, non vi trovò più lo Sposo che aveva bussato; e S. Bernardo diceva di sé stesso: timeo Jesum transeuntem: temo che Gesù passi oltre.

 

SECONDO PUNTO — Ma che cosa era il mondo a cui Camillo rinunciava per sempre? Era il triplice amore ai piaceri, alle ricchezze, agli onori, e la società di coloro che vorreber goderli eternamente; omne quod est in mundo concupiscentia carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vitae. Questo era il mondo a cui rinunciava Camillo, perché non si può amar Dio e il mondo insieme, non si può trovare quaggiù la propria felicità senza disconoscere di aver un Padre nei Cieli: si quis diligit mundum, non est charitas Patris in eo (D. Tho. Opusc. 16, 2 ad 3)

Ma osserva, anima mia, com’è fatta questa tua volontà nata ad amare; essa segue la condizione delle cose che ama; s’innalza e si nobilita se ama cose più nobili di sé. Si abbassa e si degrada se ama cose più basse. E come una donna diventa regina se sposa un re, duchessa se sposa un duca, così la volontà è fatta divina se ama Iddio, carnale invece, se ama la carne (Teot. I,1.4). E tu che sei, anima mia? Sei tu una sposa dell’altissimo Iddio, o una misera schiava del mondo, abominevole agli occhi suoi come le cose che hai amato? facti sunt abominabiles sicut ea quae dilexerunt (Sum. Th. 1-2, 86, 1).

 

TERZO PUNTO ― Considera, anima mia, come il triplice amore che costituisce il mondo, si riduce in ultima analisi a un solo amore, all’amore disordinato di sé stessi (Granata, Guida pec. 2,1.3). Le ricchezze, gli onori, i piaceri non si amano con amore di amicizia ma solo in ordine a sé stessi, come invece non si disprezzano veracemente in ordine a Dio. È per questo che si può dire che tutti gli uomini appartengono a due grandi città, una terrena e l’altra celeste, una in cui si ama sé stessi fino al disprezzo di Dio, e l’altra in cui si ama Iddio fino al disprezzo di sé stessi (S. Aug. – De civ. Dei XIV, 28). Al momento della sua conversione Camillo usciva dunque dalla città terrena ed entrava nella celeste; egli passava dal regno della confusione a quello della pace, dalla schiavitù del demonio alla società degli Angeli.

Ma uscito una volta dalla città terrena, Camillo non vi pose piede mai più, risoluto di morir mille volte prima di commettere un peccato veniale. Oh, quanti invece tirano innanzi miseramente la vita tra la confessione e il peccato, tra il peccato e la confessione; e ondeggiano irresoluti intorno ai confini delle due città? Simili al povero Lot, che spinto e incalzato dall’Angelo ad uscire dalla città maledetta, si ferma a disputare con lui, e a chiedere indugi e attenuazioni alla severità del comando. E tu, che fai, anima mia? Ricordati che non c’è peccato per piccolo che dia, il quale non provenga da un amore disordinato di sé stessi, e non tenda almeno lontanamente a sostituire al regno di Dio quello del mondo, del demonio, della carne.

 

COLLOQUIO — Oggi ho compreso per grazia vostra, o Signore, che cosa sia propriamente il mondo: al mondo appartengono tutti e soli coloro che voltano a voi le spalle per cercarsi quaggiù un paradiso.

Non è l’abito che distingue le due città, né l’esterna professione di vita, ma l’affetto del cuore, l’amar Iddio più di sé stessi, o invece sé stessi più che Dio. Nel profondo secreto del cuore, voi solo, o Signore, potete distinguere chi appartenga all’una e chi all’altra corrente; io so però che se trasgredisco le vostre leggi per soddisfare al mio orgoglio, per cavarmi un capriccio, per piacere a me stesso e non a Voi, io allora sotto l’abito religioso divento un mondano, e mi incammino per la via larga e spaziosa che conduce all’inferno. Oh, Signore, che sapete distinguere la luce dalle tenebre, non permettete ch’io porti un solo istante nel mio cuore il demonio mentre tutti per rispetto al mio stato mi credono un Angelo!

 

p. Alghisio dal Bon M.I., il mese di luglio consacrato alla meditazione della vita ed esempi di S. Camillo de Lellis nel 350.mo anniversario della sua morte, Ed. Il Pio Samaritano, Verona,1964, pp.23-44