La vera pace

I PRELUDIO: Richiàmati ancora alla memoria Camillo prostrato sulla via di Manfredonia: egli piange dirottamente, ma le sue lacrime gli son più care che tutte insieme le allegrezze della sua vita traviata.

II PRELUDIO: Fatemi ben comprendere, o Signore, che pace vera non ci può essere lontano da voi.

PRIMO PUNTO ―  Nella rinuncia a tutte le cose Camillo trovò la pace. Egli l’avea cercata nella gloria, nei piaceri del mondo, e non l’avea trovata, perché la pace consiste nell’ordine, e il peccato è un vero sommo disordine: il retto ordine esige che il corpo nell’uomo sia soggetto all’anima, e l’anima a Dio. Te infelice, anima mia, se potessi un giorno trovar riposo vivendo in peccato: sarebbe un indizio troppo funesto dell’abbandono di Dio, mentre è una grande misericordia quell’inquietudine che accompagna un’azione mal fatta.

Ma osserva, anima mia, come la fonte di tutte le liti, di tutte le grandi e le piccole guerre è sempre una brama che si vuol soddisfare: unde bella et lites in vobis? Nonne ex concupiscentiis vestris quae militant in membris vestris? (Jac. 4.1). Vuoi tu dunque conservare la pace non solo con gli altri, ma ancora in te stesso? Non desiderare mai nulla troppo ardentemente: cedi sempre volentieri dinanzi agli ostacoli, finché tu lo possa senza offesa di Dio. L’aureo libretto dell’Imitazione di Cristo ti dà a questo proposito un documento breve e compendioso: rinuncia a tutto, e troverai tutto; abbandona ogni cattivo desiderio e troverai la pace. Medita bene quest’avvertimento e quando l’avrai messo in pratica lo capirai: tene breve et consummatum verbum: dimitta omnia, et invenies omnia; relinque cupidinem, et reperies requiem: hoc mente pertracta, et, cum impleveris, intelliges omnia.  (Kemp. III,32).

SECONDO PUNTO — Ma la pace non può stare senza la guerra: la pace con Dio porta seco la guerra al peccato che abita in noi. Camillo sentiva questa guerra interiore, come già la sentiva l’Apostolo, ma egli non la temeva; anzi, come l’Apostolo castigava e soggiogava il suo corpo colla fatica, le veglie, i digiuni.

Di tutti i nemici che abbiamo a combattere, il più temibile è certamente la carne, da cui nascono non solo le impudicizie, ma le ire, le dissensioni, le invidie: opera carnis…sunt impudicitia…irae…dissensiones… invidiae… et his similia (Gal. 5. 19).

Senza questo alleato, poco o nulla potrebbero il mondo e il demonio: essi infatti non tentano un’anima se non per mezzo di qualche oggetto capace di sollecitare la corrotta natura.  Ma se l’anima è già padrona delle sue passioni, se già più non le piace se non ciò che a Dio piace, allora la tentazione si spegne da sé, come una fiamma a cui manca alimento: frustra jacitur rete ante oculos pennatorum (S. Giov. d. Cro. – Not. osc. 2 21). Ma guai a colui che lascia vivere in sé una sola scintilla del vecchio fuoco, un solo affetto al peccato; esso resterà esposto a furiosi assalti, a luttuose cadute perché il peccato è un tiranno prepotente, contro cui non divien forte se non chi adesso si ribella interamente.

TERZO PUNTO ― Camillo in pace con Dio divenne atto a grandi cose, fondatore d’un Ordine Religioso. S’egli avesse continuato nella cattiva sua vita, sarebbe scomparso come un uomo volgare, come uno di quelli di cui sta scritto: morirono come se mai non fossero nati: perierunt quasi qui non fuerint, et nati sunt quasi non nati. Ora invece già da tre secoli e mezzo la sua memoria è in benedizione, e una grande famiglia lo onora qual padre: egli è nel numero di quelli le cui opere pietose non vengono meno, perché si ripetono nei loro figlioli: quorum pietates non defuerunt; cum semine eorum permanent bona (Eccli. 44, 10).

Tutta la forza e la grandezza dell’uomo gli viene da Dio, e l’ultima mèta d’ogni nostro esercizio dev’essere quella di accostarci a lui. Or per questo è necessario vuotarsi affatto d’ogni amore straniero, perché un vaso non può riempirsi d’un liquore prezioso se prima non si vuota d’ogni altra cosa. Se un’anima si attacca a qualunque cosa che abbia nome creatura, non può unirsi a Dio perfettamente, e quanto più di entità tiene in lei quest’affetto, tanto meno è capace di Dio: non si può introdurre una forma se non cacciandone un’altra (San Giov. d. Cro. Salita 1. 6). È raro trovar un’anima tanto spirituale che sia spoglia affatto d’ogni cosa terrena: nessuno però sarà mai più ricco, più potente, più libero di colui che si stacca da sé stesso e da ogni cosa: nemo tamen isto ditior, nemo potentior, nemo liberior, qui se et omnia relinquere scit. (Kemp. II, 11).

 

COLLOQUIO — O glorioso Padre mio San Camillo, che disprezzando i piaceri e le ricchezze del mondo, meritaste le ineffabili grandezze del Cielo, impetrate anche a me quell’oblio e quel distacco da ogni bene terreno che deve adornare i veri vostri figliuoli. Fate ch’io veda il mondo, ma senza amarlo, ch’io l’attraversi senza imbrattarmi, indifferente e insensibile a tutto ciò che non serve a condurmi a Dio. Oh, quanto ancora mi resta di via per giungere a sì altro grado di perfezione! Ma io so bene che tutto posso per la grazia di Dio che mi conforta, e tutta mia sarebbe la colpa se non vi arrivassi mai. Io vedo bene, o Signore, che non potrò mai conseguire stabilità né pace finché non sarò disposto di vedermi abbandonato e disprezzato da ogni creatura: et nisi me ad hoc praeparavero quod velim libenter ab omni creatura despici et relinqui atque penitus nihil videri, non possum interius pacificari et stabiliri, nec spiritualiter illuminari, neque plene tibi uniri (Kemp. III, 41): tutto questo vedo bene, o Signore, per grazia vostra; me deh, proseguite, vi prego a sorreggermi e confortarmi nell’arduo cammino.

 

p. Alghisio dal Bon M.I., il mese di luglio consacrato alla meditazione della vita ed esempi di S. Camillo de Lellis nel 350.mo anniversario della sua morte, Ed. Il Pio Samaritano, Verona,1964, pp.23-44