L’umiltá accanto al malato

Tratto da “San Camillo de Lellis rivisitato secondo la ‘Positio’ dei processi canonici” di Domenico Casera

I testimoni dell’umiltà portano il discorso sulla massima ed eroica manifestazione di questa virtù nell’assistere i malati. I dettagli sono ripetitivi, crudi, come cruda e scadente era la si­tuazione igienica degli ambienti. Li abbiamo già sentiti nel ca­pitolo sull’amore di Camillo per gli infermi.

Qui l’argomento e ripreso dall’angolazione dell’umiltà. Riportiamo la testimo­nianza di un laico, Giovan Battista Dalla Chiesa, physicus ar­tium et medicinae doctor, che cosi depone al processo di Ge­nova: «Ho osservato che il servo di Dio aveva una profondis­sima umiltà, non solo trattando e praticando con i suoi religiosi del monastero. Lo vidi più volte all’ospedale lavar le camicie ai poveri infermi e rivestirli di camicie nette, cambiare i letti, abbracciare detti infermi, nettar le lingue e di più andava fuo­ri delta città a botteghe schivando l’applauso degli uomini [per acquisti andava in periferia dove era meno conosciuto]. Mo­strava ansietà di andare nelle case più povere, dicendo in pre­senza mia ai suoi padri di andare più prontamente ai più po­veri derelitti infermi, non solo per visitarli, ma stare assisten­ti nell’articolo della morte. Questo occorse assai spesso mentre era generate. Il suo vestito mi sembrava il più abbietto per non dire stracciato di tutti i padri. Ammiravo soprattutto che abor­risse ogni lode, facendo atto di disprezzo, dicendo che lui era niente. Mi diceva spesso: non sapete che io sono stato soldato dei maggior tristi che si trovano. Circa l’esempio di umiltà mi pareva l’esemplare et idea dell’umiltà» (p. 262)2.

Essere «idea dell’umiltà» significa realizzarla al massimo dell’evidenza e del rilievo, fino a confondersi al concetto teologico di questa virtù. Non è qualcosa di posticcio, quasi a consolazione della propria impotenza, come direbbe Nietz­sche, né di devozionale, per attirare l’attenzione più che per intimo convincimento, o, come si dice comunemente, di «rampino», esibita come oggetto di esposizione in determi­nate occasioni e quindi simulazione più che sostanza. É virtù profonda che dava notevole affidamento come qualità e co­me durata. Più ancora: secondo san Giovanni Crisostomo è la madre, la radice, la nutrice, il fondamento di tutte le virtù. Sant’Agostino vede in essa l’intera disciplina cristiana.

Il suo modello unico è il Cristo, che ci apporta la salvezza, ci insegna a rinnegare i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà. Il Cristo ha tutti i titoli per presentarsi a noi come magister humilitatis (sant’Agostino), lui che «svuotò se stesso assumendo la condizione di servo… umiliò se stes­so fino alla morte in croce» (Fil 2,7-8). Confrontandoci a lui riconosciamo i nostri limiti creaturali e ci affidiamo alla sua misericordia Egli ci ama, malgrado le nostre limitatezze e negatività. La nostra risposta di amore, per noi come per san Camillo, si sviluppa nel terreno fertile dell’umiltà. II «rive­stitevi di umiltà nei rapporti reciproci» (1Pt 5,5), «lo stima­re gli altri con tutta umiltà come superiori a noi stessi» (Fil 2,3), «il non cercare cose alte, ma piegarsi alle cose umili» (Rm 12,16), ha singolarmente arricchito la personalità spiri­tuale di san Camilla e l’Ordine da lui fondato, portandoli si­gnificativamente a condividere le debolezze e le povertà de­gli umili.