TOTUS TUUS!

TOTUS TUUS!

Il “dolore salvifico” e la presenza salutare di Maria

nel pensiero e nella vita di GIOVANNI PAOLO II

 

GPII e la Madonna - abbraccioCi introduciamo nella festa della Madonna della Salute, particolarmente cara alla nostra tradizione camilliana, con una riflessione proveniente dal pensiero e dalla vita di fede di san Giovanni Paolo II, uomo di Dio che ha sperimentato in tutta la sua abissalità la sofferenza ma anche in tutta la sua dolcezza  l’abbraccio materno e “salutare” di Maria. TOTUS TUUS

Attraverso il suo lungo pontificato il mondo ha conosciuto Giovanni Paolo II come una persona dinamica, un grande viaggiatore – come nessun altro papa è stato – che ha portato la Parola di Dio in ogni dove. Ma lo ha conosciuto anche come colui che per mezzo della sofferenza ha svelato il volto di Dio, di Gesù Cristo a tutta l’umanità.

Giovanni Paolo II con la sua vita ha mostrato ad ogni uomo che la sofferenza è una sfida che può essere accolta e vissuta con Cristo ed ha senso soltanto in Cristo. Nella sofferenza si può crescere uniti a Cristo; nella sofferenza si partecipa con Cristo alla redenzione.

Per Giovanni Paolo II il dono di sé non fu un’astrazione ma vita vissuta in se stesso, attraverso la malattia e fuori da se stesso, negli anni del suo pontificato: ogni persona era importante per lui, per ognuno aveva una parola buona o un gesto di sincera compassione.

Attraverso l’intera sua esistenza, Giovanni Paolo II ha vissuto l’amore amando ogni essere umano, in qualunque condizione fosse, qualunque debolezza o bisogno avesse. Sinonimo della sofferenza è l’amore. E’ un mistero per l’umanità comprendere questo legame diretto ed inscindibile tra sofferenza ed amore, tuttavia se noi guardiamo a Maria facilmente capiamo la strada da seguire.

MARIA È RIMASTA CON CRISTO SUL CALVARIO; è rimasta accanto a Giovanni Paolo II durante la sua sofferenza. Poco prima della sua morte, quando ormai era totalmente indebolito dalla malattia, nel discorso del suo ultimo Angelus, consegnato all’Arcivescovo Sandri perché lo leggesse, Papa Giovanni Paolo II scrisse queste parole: “la gioia è unita alla Croce la quale raccoglie in sé stessa il mistero cristiano“. Considerando l’intera esistenza di Giovanni Paolo II possiamo certamente dire che la gioia unita alla Croce raccoglie in sé il mistero della sua santità.

Dall’enciclica di Giovanni Paolo II “Salvifici Doloris” (11 febbraio 1984)

IL VANGELO DELLA SOFFERENZA

San Giovanni Paolo II

San Giovanni Paolo II

I testimoni della Croce e della risurrezione di Cristo hanno trasmesso alla Chiesa e all’umanità uno specifico Vangelo della sofferenza. Il Redentore stesso ha scritto questo Vangelo dapprima con la propria sofferenza assunta per amore, affinché l’uomo «non muoia, ma abbia la vita eterna». Questa sofferenza, insieme con la viva parola del suo insegnamento, è diventata una fonte abbondante per tutti coloro che hanno preso parte alle sofferenze di Gesù nella prima generazione dei suoi discepoli e confessori, e poi in quelle che si sono succedute nel corso dei secoli.

E’, innanzitutto, consolante — come è evangelicamente e storicamente esatto — notare che a fianco di Cristo, in primissima e ben rilevata posizione accanto a lui, c’è sempre la sua Madre santissima per la testimonianza esemplare, che con l’intera sua vita rende a questo particolare Vangelo della sofferenza. In lei le numerose ed intense sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che se furono prova della sua fede incrollabile, furono altresì un contributo alla redenzione di tutti. In realtà, fin dall’arcano colloquio avuto con l’angelo, Ella intravide nella sua missione di madre la «destinazione» a condividere in maniera unica ed irripetibile la missione stessa del Figlio. E la conferma in proposito le venne assai presto sia dagli eventi che accompagnarono la nascita di Gesù a Betlemme, sia dall’annuncio formale del vecchio Simeone che parlò di una spada tanto acuta da trapassarle l’anima, sia dalle ansie e ristrettezze della fuga precipitosa in Egitto, provocata dalla crudele decisione di Erode.

Ed ancora, dopo le vicende della vita nascosta e pubblica del suo Figlio, da lei indubbiamente condivise con acuta sensibilità, fu sul Calvario che la sofferenza di Maria Santissima, accanto a quella di Gesù, raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai fini dell’universale salvezza. Quel suo ascendere al Calvario, quel suo «STARE» AI PIEDI DELLA CROCE insieme col discepolo prediletto furono una partecipazione del tutto speciale alla morte redentrice del Figlio, come del resto le parole, che poté raccogliere dal suo labbro, furono quasi la solenne consegna di questo tipico Vangelo da annunciare all’intera comunità dei credenti.

Testimone della passione del Figlio con la sua presenza, e di essa partecipe con la sua compassione, Maria Santissima offrì un singolare apporto al Vangelo della sofferenza, avverando in anticipo l’espressione paolina, riportata all’inizio. In effetti, Ella ha titoli specialissimi per poter asserire di «completare nella sua carne — come già nel suo cuore — quello che manca ai patimenti di Cristo».

Nella luce dell’inarrivabile esempio di Cristo, riflesso con singolare evidenza nella vita della Madre sua, il Vangelo della sofferenza, mediante l’esperienza e la parola degli Apostoli, diventa fonte inesauribile per le generazioni sempre nuove che si avvicendano nella storia della Chiesa. Il Vangelo della sofferenza significa non solo la presenza della sofferenza nel Vangelo, come uno dei temi della Buona Novella, ma la rivelazione, altresì, della forza salvifica e del significato salvifico della sofferenza nella missione messianica di Cristo e, in seguito, nella missione e nella vocazione della Chiesa. …

Se il primo grande capitolo del Vangelo della sofferenza viene scritto, lungo le generazioni, da coloro che soffrono persecuzioni per Cristo, di pari passo si svolge lungo la storia un altro grande capitolo di questo Vangelo. Lo scrivono tutti coloro che soffrono insieme con Cristo, unendo le proprie sofferenze umane alla sua sofferenza salvifica. In essi si compie ciò che i primi testimoni della passione e della risurrezione hanno detto ed hanno scritto circa la partecipazione alle sofferenze di Cristo. In essi quindi si compie il Vangelo della sofferenza e, al tempo stesso, ognuno di essi continua in un certo modo a scriverlo: lo scrive e lo proclama al mondo, lo annuncia al proprio ambiente ed agli uomini contemporanei.

Attraverso i secoli e le generazioni è stato costatato che nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d’Assisi, Sant’Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l’uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita della propria vocazione. Questa scoperta è una particolare conferma della grandezza spirituale che nell’uomo supera il corpo in modo del tutto incomparabile. Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali.