Una vita donata: Professione Solenne di Lorenzo Lettere

Lo scorso 25 maggio, giorno in cui si ricorda la nascita di San Camillo, abbiamo avuto la gioia di celebrare la Professione Solenne del nostro Lorenzo Lettere, professo semplice della Provincia Romana.

Nel pensare questo articolo, mi è venuto spontaneo pormi una domanda: Che cos’è la Professione Solenne? È un dono che si colloca nel cuore della Chiesa e nel vivo di questa nostra umanità.

Sì, ogni persona che si consacra attraverso la professione solenne dei voti è innanzitutto un dono di Dio alla sua Chiesa, affinché sia visibilmente manifesta quella particolare forma di vita – povera, casta e obbediente e a servizio degli ammalati – che Gesù ha scelto per sé e che ci indica come “una” via privilegiata per essere felici. È una forma di vita che non rimpicciolisce il cuore o la volontà o il desiderio, ma al contrario li dilata in vista di un amore più grande ai fratelli.

La professione solenne è l’atto che sigilla l’appartenenza della persona consacrata a Cristo: propriamente è la consacrazione che Dio opera legando a sé, con un’alleanza d’amore, la persona consacrata, memoria viva di quel patto, di quell’amore nuziale, eterno e fedele, con il quale Dio da sempre ha amato l’umanità e che si è rivelato e compiuto pienamente in “Cristo che ha amato la Chiesa e ha dato Sé stesso per lei” (Ef 5,25).

Concretamente questo è avvenuto attraverso il rito della professione collocato all’interno della celebrazione eucaristica, presieduta da Padre Antonio Marzano, Superiore Provinciale, la quale ne esprime il significato e il contenuto più profondo: l’offerta di sé è unita all’offerta di Cristo al Padre nello Spirito Santo. È il Suo Sì totale e per sempre che rende e ha reso possibile e fecondo ogni altro Sì, in particolare in questo momento quello di Lorenzo.

Una celebrazione ricca, particolare, intima e profonda. Ogni singolo “frammento” del rito ha messo in luce due aspetti fondamentali della vita dell’uomo e di Lorenzo: con le interrogazioni si è manifestata la libera volontà della persona a consacrarsi a Dio attraverso la grande famiglia di San Camillo; con la prostrazione durante il canto delle litanie si è espresso la totale resa nella consapevolezza della propria piccolezza, l’intensa supplica posta nelle mani della Chiesa celeste, di coloro che già ci hanno preceduto in questo stesso cammino di sequela.

Quindi il rito ha proseguito con i due momenti più significativi: la professione dei voti nelle mani del Superiore Provinciale – promettendo di “servire in perpetuo gli infermi, anche con il pericolo di vita, in perfetta castità, povertà e obbedienza secondo la Costituzione e le Disposizioni dell’Ordine dei Ministri degli Infermi” – e la solenne preghiera di benedizione o consacrazione che è il culmine dell’intero rito in cui il celebrante ha invocato il dono dello Spirito Santo su Lorenzo, affinché “con la sua vita consacrata, al Dio d’amore, edifichi la Chiesa, promuova il carisma della carità verso gli infermi e, incontrando il fratello sofferente, possa riscoprire in lui il volto del Redentore per servirlo con un cuore di madre”.

Sono seguiti i due segni esplicativi: la consegna del crocifisso, “segno di risurrezione e di vita: essa ti ricordi la continua presenza del Signore accanto a noi e il costante impegno a servizio dei fratelli sofferenti” e l’abbraccio di pace con i confratelli, segno di accoglienza “tra i seguaci di San Camillo”.

Le parole non bastano ad esprimere il mistero e il dono di grazia che si è compiuto in Lorenzo, perciò lo affidiamo a Lui: “affinché infiammato con il fuoco del Santo Spirito sia perseverante nell’amore del Figlio”.

 Padre Walter Vinci MI