Intervista a Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia per la Vita,

Intervista a Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia per la Vita, un evento giunto alla V edizione e che si terrà a Roma il prossimo 10 maggio 2015.

  1. “La vita è un dono”, “i figli sono un dono”, ha detto mercoledì scorso papa Francesco (11 febbraio 2015): esplicitiamo le caratteristiche di questo dono?

marci2Alla parola “dono” sono legate le parole “indisponibilità”, “intangibilità” e “sacralità”. Il dono della vita, proprio perché tale, va preservato: dai propositi di manipolarla, attraverso il ricorso alle nuove scoperte scientifiche, che si moltiplicano, tentando di realizzare il sogno che da sempre affascina l’uomo: sostituirsi a Dio; dai “desideri”, estranei al concetto di vera libertà, che vorrebbero spegnerla dopo il concepimento o prima della morte naturale; da quella cultura del “disincanto totale”, come la chiamava Benedetto XVI, che porta a non distinguere quello che è umano da quello che umano non è e a disprezzare quel “dono” che è a fondamento del patto di amicizia tra Dio e l’uomo.

  1. Che cosa possiamo proporre a parole ma soprattutto nei fatti, a quelle mamme o a quelle famiglie che sono in “dubbio” se “tenere o no” il bambino che stanno attendendo?

Possiamo dire loro di rivolgersi con fiducia a tutte quelle strutture – penso ai Centri di Aiuto alla Vita – formate da persone che svolgono la loro opera volontariamente e gratuitamente, che possono assisterle con disinteresse in un momento così delicato e importante della loro vita. Ne conosco tante di queste realtà, che hanno data vita ad una “rete” straordinaria di umanità e generosità. Molte di queste persone partecipano da tutt’Italia alla Marcia per la Vita, per dare testimonianza della bellezza della vita nascente. Un’altra cosa mi sento di proporre: cercare persone che siano in grado di spiegare che l’aborto si consuma in un momento, ma rimane vivo, nella memoria e nell’intimità della propria coscienza, per tutta la vita.

  1. Quali mezzi hanno le nostre comunità cristiane per dare maggiore visibilità alla “prospettiva cristica della vita umana”?

Il primo dei “mezzi” è sicuramente la preghiera, e le recite dei rosari che si svolgono davanti agli ospedali dove si praticano aborti o dentro questi stessi ospedali, nelle cappelle dove molti volontari si danno il turno per non far mai mancare il loro sostegno spirituale. Le comunità cristiane, se si confrontano con il tema dell’aborto, hanno una vera e propria “montagna da scalare”, rappresentata ogni anno – nella sola Italia – dai 100mila aborti ufficiali (ottenuti attraverso il sostegno della legge 194/78); dalle centinaia di migliaia di vittime del norlevo (il pesticida del giorno dopo), della pillola dei 5 giorni dopo, della Ru486 e di altre forme di aborto chimico; dai 140mila abortiti con tecnica fivet (sostenuta e finanziata dalla legge 40/04); dai 16mila che dalla stessa legge vengono ogni anno congelati; dagli 850mila per l’uso della spirale e dai 220mila con la pillola Ep. La preghiera – lo dice il Vangelo – può “muovere le montagne”. Nel nostro caso, insieme ad un altro mezzo irrinunciabile, la “testimonianza”, può scongiurare che si perseveri nella volontà di trasformare un delitto in un diritto, com’è scritto nell’Evangelium Vitae del Beato Giovanni Paolo II.

  1. Quali sono le maggiori resistenze– oggi – a livello sociale, culturale e politico ad un’autentica accoglienza della Vita umana?

1606401_578727165554064_591159258_oLe “resistenze” sono dovute soprattutto alla scristianizzazione che si è prodotta nel nostro Paese e nell’intera Europa, dove, in base alle statistiche, si consuma un aborto ogni 25 secondi. Una strage senza fine, rispetto alla quale le coscienze degli uomini e delle donne non si oppongono in modo adeguato. C’è anche da registrare, a proposito della crisi economica, la grande mistificazione che circola: le società non muoiono per le crisi economiche, ma per la mancanza di principi. E’ questa mancanza che impedisce al “potere politico” di difendere la famiglia naturale da tutti gli attacchi che riceve e di sostenerla, anche aiutandola a procreare. La battaglia è, quindi, soprattutto culturale ed è una battaglia immensa da compiere, che richiede grandi sforzi, grande tenacia e determinazione.

  1. Quali sono le grandi sfide “educative”– soprattutto nel mondo degli adolescenti/giovani per sviluppare una cultura organica della vita e dei temi ad essa strettamente connessi, quali la corporeità, l’affettività, la relazione, …

Sono quelle che la nostra “modernità” ci propone, in modo inedito rispetto al passato. Pensiamo alla “teoria del gender”, la “costruzione” di sessi diversi rispetto a quelli creati da Dio. La degenerazione a cui assistiamo arriva persino a voler sottrarre ai genitori l’educazione dei propri figli ai valori della corporeità, dell’affettività e della relazione, per affidarla ad improbabili “direttive” che dovrebbero essere a loro propinate a scuola. Direttive che vengono dall’Europa, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’OUN…. Questa battaglia è strettamente legata a quella sull’aborto: entrambe rispondono ad un’ideologia anti-umana, contraria ai principi dell’ordine naturale e, quindi, divino.