Raduno dei Parroci e dei ‘Rettori’ Camilliani II° giorno

TESTO IN SPAGNOLO

Raduno dei Parroci  e dei ‘Rettori’ Camilliani San Paolo – BRASILE – II° giorno – 20 aprile 2017

Parrocchie camilliane.
Luogo di comunione (koinonia),
di evangelizzazione (kerigma)
e di missione (diakonia)

Mons. Prosper Kontiebo, vescovo camilliano di Tenkodogo in Burkina Faso

Mons. Prosper Kontiebo, vescovo camilliano di Tenkodogo in Burkina Faso

Giovedì 20 aprile, il convegno si apre con un paio di riflessioni che offrono delle suggestioni sull’identità camilliana del ministero parrocchiale: Mons. Prosper Kontiebo, vescovo ‘camilliano’ di Tenkodogo – Burkina Faso – riflette sulla parrocchia come luogo di comunione, evangelizzazione e missione; p. Gabriel Garcia, religioso ‘parroco’ a Manila, condivide alcune sue esperienze di camilliano che amministra la pastorale parrocchiale, con l’impegno ad inserire in modo strutturato nella complessa attività ministeriale parrocchiale anche la pastorale della salute e l’animazione dell’impegno verso i malati.

Mons Kontiebo si propone di offrire un contributo per aiutare i religiosi camilliani che hanno delle responsabilità pastorali parrocchiali o diocesane, a rimanere “camilliani” nella loro missione, cioè, a vivere pienamente il carisma nel loro incarico diocesano o parrocchiale, formando delle comunità cristiane “camilliane”, cioè, delle comunità che vivendo lo spirito di San Camillo, sono sensibili alle persone che soffrono, ai loro membri più bisognosi, come ha sottolineato il santo papa Giovanni Paolo II. Le attività svolte dai religiosi camilliani devono avere la loro specificità. Perché come dice Papa Francesco, il pastore deve emanare l’odore delle sue pecore ma anche le pecore devono emanare l’odore del loro pastore. Partendo allora della problematica della tensione tra vocazione camilliana ed impegno pastorale parrocchiale, cercheremo di mostrare che gestire una parrocchia o un santuario per un religioso camilliano non è una deformazione della sua vocazione, ma un altro modo di vivere il carisma camilliano.

La riflessione parte da questa domanda che spesso ci viene rivolta dalla gente. “Come può un religioso camilliano che ha fatto voto di servire gli ammalati anche a pericolo della vita, diventare vice parroco o rettore di un santuario e poi parroco e ancora di più vescovo, senza tradire la sua vocazione, la sua missione? Come si può essere camilliano e parroco? Non è una deformazione o una deviazione vocazionale? Gestire una parrocchia o un santuario corrisponde veramente al carisma camilliano? Queste domande ci dovrebbero sollecitare come religiosi camilliani che vivono questo ministero a riflettere per valutare come, in quanto parroco, si vive pienamente il carisma camilliano? Come essere e rimanere camilliano nell’amministrazione di una parrocchia o di un santuario? Come l’incarico pastorale aiuta il religioso camilliano a diffondere il suo carisma a beneficio non soltanto dei malati, ma anche del popolo che gli è stato affidato?

  Il ministero è il luogo d’espressione del carisma, il luogo dove il carisma prende corpo. L’Ordine camilliano consacra la sua attività di preferenza ai malati più poveri e agli abbandonati. (Cost.51). Così, il carisma e il ministero camilliano sono due realtà distinte anche se non inseparabili. Il carisma è stabile (un dono di Dio) mentre il ministero è sempre in funzione del tempo e dello spazio; cioè, segue le condizioni mutabili del tempo. Il ministero permette di sviluppare la ricchezza del carisma. Il fatto che la parrocchia si inscriva in un territorio richiama che anche se è la comunità precisa di fedeli, l’incarico pastorale che assumono i suoi pastori rimane al servizio di tutti quelli che abitano questo territorio. La parrocchia è vista come una comunità che incarna nel tempo e nello spazio, la chiesa universale. E’ la chiesa che vive in mezzo alle case dei suoi figli, diceva San Giovanni Paolo II.

L’incarico pastorale del parroco ha un fondamento teologico, una responsabilità che si collega in realtà alle tre persone della Santa Trinità. Il pastore: Dio Padre. Ecco che avrò cura io stesso del mio gregge e me ne occuperò. Come un pastore si occupa del suo gregge quando sta in mezzo alle sue pecore sparpagliate, mi occuperò delle mie pecore. (Ez. 34,11-12; Is. 40,11). Il profeta: Dio il Figlio, il Verbo. “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Il santificatore: Dio lo Spirito Santo. “scelti sin dall’inizio per essere salvati dallo Spirito che santifica (2Tes 2,13; 1P1,2). Nella realizzazione del suo incarico pastorale, il parroco e i suoi collaboratori devono attuare per i loro parrocchiani ciò che opera la Trinità per loro. L’annuncio della parola di Dio (Kerygma), la celebrazione dei sacramenti (Leiturgia), il servizio della carità (Diakonia). Questi compiti si chiamano l’uno l’altro e non possono essere separati l’uno dall’altro (Deus caritas est 25).

  Come si può vivere ed implementare il carisma camilliano, attualizzando l’incarico pastorale in una parrocchia ossia attualizzando ciò che è la Trinità per il popolo (condurre, insegnare, santificare), (sacerdote-profeta-re)? L’attenzione ai malati fa parte integrante della missione di Gesù e di ciò che ha affidato alla sua chiesa, dunque, a tutti i battezzati. “Andate, predicate e dite: il regno dei cieli è vicino. Guarite i malati, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente, date” (Mt 10,7-8, Lc 10,9).

Affidando alla comunità dei credenti la cura dei malati come missione inseparabile dell’evangelizzazione, Gesù fa capire che la cura dei malati deve essere un elemento costitutivo della pastorale. Di fatto, la prima comunità cristiana si è immediatamente occupata della cura dei malati, e dopo la pentecoste, le scene evangeliche che si sono prodotte intorno al Maestro, (At 3,2-10; 5,12-16), si sono ripetute intorno agli apostoli. Nella fedeltà, le comunità cristiane dovrebbero essere esortate (se non è il caso) a farsi prossime dei malati ad imitazione del buon samaritano (Lc 10).

Nell’esercizio dell’incarico pastorale parrocchiale, i religiosi camilliani devono essere interpreti della Santa Trinità per il loro popolo, dispiegando una grande generosità e con un apporto proprio del loro carisma, l’amore verso i malati che sono il centro della loro vita e della loro azione. La comunità parrocchiale è autentica continuazione della missione di Cristo, se presterà la sua attenzione e il suo servizio ai malati della comunità.

Come questa sollecitudine potrebbe manifestarsi? Possiamo indicare tre sentieri: conoscere, formare, agire.

Conoscere: il parroco, i suoi collaboratori e tutti i fedeli devono conoscere la situazione sanitaria generale e quella particolare dei malati che sono sul territorio della parrocchia: i centri di cura, le malattie ricorrenti, i principali problemi legati alla salute, le grandi domande durante la stagione della malattia, l’identificazione dei bisogni dei malati.

            Formare: sviluppare la riflessione sui temi della salute, della sofferenza, della vita, della morte in modo periodico durante l’anno pastorale; educare a scoprire il valore salvifico della sofferenza, della malattia; introdurre nell’organizzazione della pastorale, il modulo pastorale della salute; sensibilizzare la comunità parrocchiale sui problemi legati alla salute; formare una comunità parrocchiale che accompagna e sostiene le persone durante la malattia, la morte; aprire la pastorale della salute alla comunità parrocchiale.

Agire: visitare secondo un programma i malati della parrocchia; facilitare l’accesso ai sacramenti per i malati; pregare per i malati; organizzare delle giornate per i malati; creare e suscitare la nascita di movimenti e associazioni d’ispirazione camilliana; creare centri di assistenza per anziani, per i malati terminali, per le vittime di cataclismi, per i malati cronici; suscitare e valorizzare la consacrazione laicale o verginale al servizio dei malati; porre gesti di solidarietà con i sofferenti.

L’aggiornamento del ministero ci permette di capire e di esplorare meglio la ricchezza del carisma”. Essere camilliano e parroco o rettore è un ministero dove si manifesta il carisma camilliano. Con questo ministero, il camilliano offre il suo contributo specifico (il suo carisma) alla pastorale della chiesa formando delle comunità tipicamente “camilliane”.

P. Gabriel Garcia- religioso camilliano parroco a Manila - Filippine

P. Gabriel Garcia- religioso camilliano parroco a Manila – Filippine

Gabriel Garcia, religioso ‘parroco’ a Manila della parrocchia “Our Lady of la Paz”, condivide alcune sue esperienze di camilliano che amministra la pastorale parrocchiale, con l’impegno ad inserire in modo strutturato nella complessa attività ministeriale parrocchiale anche la pastorale della salute e l’animazione dell’impegno verso i malati. La parrocchia dovrebbe essere soprattutto un luogo di comunione, secondo lo stile ‘camilliano’; un’esperienza di annuncio e di carità secondo una logica di ministero ben integrato con la visione e le missione della chiesa locale, in sintonia con il vescovo diocesano.

La comunione nella vita parrocchiale dovrebbe trovare la massima espressione nell’annuncio della Parola di Dio, la crescita nella grazia dei sacramenti, nello sviluppo di opere di accoglienza e di solidarietà. Secondo l’esperienza della cultura e della spiritualità ‘filippina’, p. Gabriel osserva che la parrocchia deve essere una ‘comunione di comunità’: un solo cuore, una sola famiglia, una profonda condivisione nella solidarietà. Solo in questi termini sarà possibile fare della parrocchia un autentico ‘ospedale aperto’, ossia uno spazio aperto in cui ci sia familiarità ed empatia con la vita concreta e quotidiana delle persone.

Per i pastori ‘camilliani’ si tratta di realizzare un’autentica conversione: non siamo i proprietari della pastorale parrocchiale, ma dobbiamo crescere in una corresponsabilità condivisa con i laici, verso il dono della Parola, dei Sacramenti, della Fraternità, della Solidarietà, dell’accoglienza nella Carità. Con questo stile operativo e decisionale, il pastore porterà su di sé l’odore delle pecore, ma anche le pecore potranno godere della presenza rassicurante dell’odore del loro pastore.

I diversi gruppi linguistici hanno riflettuto e condiviso alcuni desideri e sfide che coinvolgono il ministero camilliano in parrocchia.

Essere religiosi-camilliani-parroci implica il conservare in modo trasparente la propria identità

carismatica: sarebbe molto significativo che tutta la comunità camilliana potesse garantire la sua presenza di fraternità in sinergia con il coordinamento del parroco. Sarebbe una testimonianza implicita di comunione e di carità condivisa: tutta la comunità camilliana dovrebbe assumere l’impegno in parrocchia, superando la mentalità di delega personale riservata solo alla persone del parroco.

La parrocchia dovrebbe essere un luogo di coesione sociale, coinvolgendo soprattutto in modo responsabile i laici offrendo loro evangelizzazione e formazione. La parrocchia, famiglia di famiglie, richiede un sistematico ‘esodo’ verso le famiglie stesse, i giovani e i malati, bisognosi di ascolto, di promozione, di una prossimità di speranza.

Una grande sfida ed opportunità è la formazione dei laici, la crescita della stima e nella fiducia reciproca, il loro reale coinvolgimento, con le loro competenze e sensibilità, nell’opera di annuncio, di programmazione, di cura dei malati: solo in questi termini la comunione sarà semplice ma effettiva; la testimonianza del servizio e della solidarietà sarà più immediato e la forza di attrazione sarà molto forte.

Il ministero specificamente camilliano – visita ai malati in ospedale e in famiglia, annuncio del vangelo della salvezza e della speranza nella sofferenza, offerta della grazia dei sacramenti – dovrebbe essere non un di più che si aggiunge alla pastorale ‘classica ed ordinaria’ della parrocchia, ma impastarsi in ogni dimensione ministeriale parrocchiale.

Il ministero parrocchiale vissuto da un camilliano dovrebbe essere vissuto come un’opportunità di animazione e di promozione vocazionale, di far conoscere la spiritualità e la figura di san Camillo.

Un’altra sfida è quella di garantire la continuità ministeriale tra un parroco e il suo successore: le fratture in questi passaggi rischiano di creare tensioni anche nella vita della comunità parrocchiale.

P. Vincenzo Capozza presenta l'iniziativa delle missioni Camilliane parrocchiali.

P. Vincenzo Capozza presenta l’iniziativa delle missioni Camilliane parrocchiali.

Nel pomeriggio, p. Vincenzo Capozza e due sue collaboratrici laiche – provincia siculo-napoletana – presenta l’esperienza della ‘missione camilliana parrocchiale’, un nuovo modello di testimonianza dell’amore misericordioso di Gesù Cristo. È uno strumento che permette il passaggio da una pastorale di semplice conversazione ad una pastorale missionaria, di uscita; è uno strumento per rivitalizzare l’andamento ordinario della vita parrocchiale che spesso rischia di infiacchirsi. La missione camilliana parrocchiale lavoro sul territorio, in sinergia con i parroci, con i loro collaboratori, per stimolare una rinnovata sensibilità nei confronti dei membri più fragili e deboli della stessa comunità cristiana. L’obiettivo non è quello di sostituirsi al parroco o di aumentare il suo carico di impegni pastorali, ma di sensibilizzare la sua persona, la sua pastorale e la stessa comunità verso la pastorale della cura della salute e l’umanizzazione del mondo sanitario. Attraverso un’intensa opera di preparazione, tutta la comunità parrocchiale viene messa ‘sotto missione’: è un momento di coinvolgimento dei giovani, delle famiglie, di altre componenti della comunità parrocchiale e tutti sono sensibilizzati attorno al tema della sofferenza, del dolore, attraverso la condivisione di esperienze personali, la celebrazione dei sacramenti di guarigione e di speranza. È una forma di ministero della consolazione dei malati e di crescita per tutta la comunità.

A seguire, in una rapida carrellata, i religiosi camilliani ‘parroci’ e ‘rettori’ presenti all’incontro, hanno presentato brevemente la realtà ministeriale in cui vivono ed operano nelle diverse realtà e paesi dell’Ordine: emerge un caleidoscopio di iniziative, di creatività pastorale, di sensibilità verso i malati, di coinvolgimento dei laici, di problemi, … con il denominatore comune definito dal carisma camilliano.

SCARICA QUI LE RIFLESSIONI DI MONS.KONTIEBO E P. GABRIEL GARCIA