D. Mozzi – Radici francescane nell’esperienza spirituale di San Camillo de Lellis

Mozzi – Radici francescane nell’esperienza spirituale di San Camillo de Lellis
Tesi di Licenza in Teologia Spirituale

Facoltà teologica del Triveneto
Relatori: Antonio Ramina e Angelo Brusco
Padova

Introduzione

tesiNei proverbi popolari è possibile riscoprire quella sapienza di vita che dice qualche aspetto interessante a proposito della comprensione dell’uomo.

«Impara l’arte e mettila da parte» è un detto che veniva ripetuto dai nostri nonni per raccomandarci di essere furbi proprio come chi è capace di imparare da tutte le esperienza della vita perché, non si sa mai, potrebbero essergli utili in futuro: a livello lavorativo, riguardo a piccole o grandi mansioni domestiche da svolgere nel quotidiano o attività che in senso pieno sono espressioni di una vera e proprio arte. Un’arte appresa è sempre disponibile per essere applicata, più o meno consapevolmente quando capiterà.

Potremmo estendere l’applicazione di questo proverbio popolare anche allo studio e all’approfondimento della spiritualità di una persona, cercando di recuperare, nel bagaglio delle sue esperienze, alcuni elementi che, per dirla con un’altra espressione popolare, sono «farina del suo sacco», essendo stati indicati da altre persone o scuole di spiritualità del passato.

Il presente lavoro di ricerca si concentra sull’esperienza spirituale di un santo abruzzese, vissuto per lo più a Roma all’epoca della Controriforma, Camillo de Lellis, fondatore di un Ordine religioso di Chierici Regolari, Ministri degli Infermi, dediti al servizio corporale e spirituale dei malati. La tesi vorrebbe poter approfondire quali sono le particolari arti che San Camillo imparò nella sua giovinezza mettendole da parte per il suo futuro e che lasciarono un segno indelebile nella sua spiritualità.

San Camillo servì i malati principalmente negli ospedali romani di San Giacomo degli Incurabili e di Santo Spirito in Sassia e insegnò ai suoi confratelli le «Regole che s’hanno da tenere nell’Hospitali in servire li poveri infermi», equiparabile ad un codice deontologico moderno, prendendo spunto dalle precedenti Regole delle Compagnie del Divino Amore. La sua peculiarità fu la professione di un quarto voro di assistenza ai malati, anche rischiano di perdere la propria vita. A quel tempo il rischio di contagio era dovuto principalmente alla peste che occasionalmente devastava le popolazioni europee. Ogni giorno Camillo affrontò coraggiosamente le malattie più devastanti e deturpanti, poiché il «il medico pietoso fa la piaga cancrenosa» e non bisognava permettersi di trascurare i derelitti, mettendo «le mani dentro la pasta della carità», sebbene fosse alquanto ributtante ai sensi, facendo un servizio con più «cuore nelle mani».

TESIFocalizzeremo la nostra attenzione in particolare sulla spiritualità francescana che San Camillo poté conoscere e per un tratto del suo cammino entrò a farne parte, nella fase formativa del noviziato cappuccino.

Nel primo capitolo verranno esplorate le varie situazioni in cui San Camillo ha potuto venire a conoscenza della spiritualità francescana, attiva da più di tre secoli nei suoi tre ordini – frati, monache e terziari – nella molteplice interpretazione della Regola che aveva dato origine a tre grandi Ordini di frati e continue riforme. Considereremo anche il periodo travagliato dei suoi due noviziati, luoghi privilegiati per la formazione alla vita religiosa e per internalizzare i valori della spiritualità francescana.

Nel secondo capitolo verrà approfondito il lessico di San Camillo, attuando un confronto tra i documenti a nostra disposizione e le Fonti francescane. Indagheremo anche il vissuto spirituale di San Camillo per scoprire abitudini, atteggiamenti, modi di vivere il Vangelo che manifestano una certa familiarità con la forma di vita promossa da San Francesco d’Assisi e dai suoi figli spirituali.

Nell’ultimo capitolo affronteremo una rilettura a livello teologico dei dati raccolti, per appurare quanto emerge nel periodo della maturità di San Camillo, per discernere all’interno della sequela del Signore Gesù quali sfaccettature del suo modo di amare conservano elementi di francescanesimo e quali, invece, se ne distanziano.

Siamo consapevoli che il lavoro è suscettibile di ulteriori approfondimenti e aprirà nuove prospettive d’indagine