Il messaggio dell’Arcivescovo di Manfredonia per il ritorno del corpo di San Camillo ai luoghi della sua conversione

Michele Castoro, Arcivescovo di Manfedonia-Vieste-San Giovanni Rotondo

La diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo si appresta ad accogliere il Corpo di San Camillo de Lellis nei giorni della sua Conversione. Proprio sulla strada fra San Giovanni Rotondo e Manfredonia, nella Valle dell’Infermo, Camillo de Lellis abbandonò per sempre la vita mondana per dedicarsi ai più poveri e sofferenti.

Ecco il messaggio di Michele Castoro, Arcivescovo della diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo:

Carissimi,
Il prossimo 31 gennaio accoglieremo la reliquia di San Camillo de Lellis, che per qualche giorno sosterà tra noi per la venerazione dei fedeli, secondo il programma che è stato già diffuso.
In questo Anno della Fede, i santi ci aiuteranno a “rigeneraci alla sorgente della Salvezza”. San Camillo de Lellis, nato a Bucchianico nel 1550, fu sacerdote e fondatore dell’Ordine dei Chierici Ministri degli Infermi (detti ‘Camilliani’). Il prossimo 14 luglio avranno inizio a Bucchianico, suo paese natale, le celebrazioni del quarto centenario della sua morte, avvenuta a Roma il 1614.
Guardando a lui è possibile riconoscere tre qualità. San Camillo è stato ministro della carità, testimone della fede e profeta di speranza.
Dopo anni di servizio militare vissuti tra tante incertezze, durante i quali non è mai venuta meno quella sana inquietudine che lo portava a cercare di dare un senso più alto alla propria vita, deluso e anche abbandonato dai propri amici,  si è trovato prima nella condizione di mendicante che chiedeva elemosina, e in seguito, fu assunto come manovale nel convento dei Frati cappuccini di Manfredonia.
Dopo poco tempo, grazie all’incontro con P. Angelo, al convento dei cappuccini di San Giovanni Rotondo il 2 febbraio 1575, cadde in una profonda crisi interiore che lo portò a trovare nel Vangelo la risposta a tutte le sue domande, determinando in lui quella “conversione” che da allora in poi avrebbe cambiato la sua vita. Questo aspetto è di grande attualità se pensiamo che molti, specialmente i giovani, manipolati e illusi, spesso cercano il senso e la verità di se stessi in cose inutili e banali, che, come specchio per allodole, li seducono per lidi di felicità troppo a buon mercato. L’intelligenza di San Camillo è simile a quella dei nostri giovani, capaci di saper progettare, ma spesso sono scoraggiati dal “difficile presente”.
Ma la ricerca di S. Camillo era appena cominciata quando, a causa di una  incurabile ferita al piede, fu costretto a ricoverarsi presso l’ospedale di San Giacomo in Roma. In questo luogo, la malattia e la sofferenza, ma soprattutto il diretto contatto con i malati e gli ultimi, lo portano a rivedere tutto il suo passato e le sue scelte future. Capisce che Cristo non è un’idea, ma una persona viva che si rende presente non nei potenti di turno, ma negli ultimi e nei malati. Camillo incontrò l’amore divino proprio nelle ferite dell’amore umano che, nelle persone sole ed escluse, si faceva invocazione e attesa di una redenzione che l’uomo da solo non avrebbe mai saputo dare. In tal modo si sentì amato da Dio come non mai, e così cominciò ad amare i fratelli, partendo proprio da coloro che allora non erano amati da nessuno: dagli ultimi e dai più bisognosi, dai malati appunto.
Da lì a poco, sempre più affascinato da Cristo, sostenuto dallo spirito che suscita in ogni tempo nuove energie nella Chiesa fondò l’Ordine religioso dei Ministri degli Infermi, il cui carisma è il servizio all’uomo sofferente, banco di prova di chi pensa con la fede di piacere a Dio e di chi con la sola ragione lotta per la costruzione di una società giusta e solidale. La rivisitazione di questo grande santo, attraverso le celebrazioni che ci accompagneranno in diocesi, sia l’occasione per tutti noi per cambiare stile di vita, passando dalla logica del puro scambio alla logica del dono, da una visione edonistica e consumistica ad una visione più oblativa, aperta alla trascendenza che trasforma la vita di ciascun  uomo, specie dei malati e dei sofferenti, da puro problema a ineffabile mistero.
San Camillo ha saputo riconoscere la presenza di Cristo nei malati da lui considerati quasi come un altro sacramento. E questo non solo perché la malattia e la sofferenza non tolgono dignità all’uomo, ma soprattutto perché esse rappresentano il luogo dove Dio dimostra che Egli è più forte del male e del peccato. La sua spiritualità è una terapia molto attuale contro la disperazione e il senso di abbandono, contro la visione tragica e nichilista della vita che attanaglia un po’ tutti. In una società come la nostra, che spesso considera i malati come un costo economico per l’intera società in termini di spesa sanitaria, dove si aggira da più parti la tentazione di sbarazzarsene il prima possibile, l’opera di S. Camillo ci insegna a considerare la vita non come un peso, né come un gioco che non porta a niente, ma come un dono, e quindi sacra, che impone a tutti, a livello individuale  e a livello sociale, il rispetto e la tutela, la promozione e la valorizzazione in ogni sua fase e in ogni sua condizione, dalla vita nascente fino al suo ultimo respiro.
Il messaggio di S. Camillo propone alla nostra diocesi e all’intera società civile un doppio monito: a chi crede dice il fatto che non bisogna mai separare la carità dalla fede, ma che al contrario la fede si compie in gesti concreti di carità e di solidarietà; ai non credenti dice invece che la carità è il compimento della giustizia sociale, e che proprio soccorrendo i più bisognosi una società attenta e giusta mostra il proprio grado di civiltà e di progresso morale.
Approfittiamo degli incontri che in questi giorni si terranno, nel nome di San Camillo, per cogliere questo messaggio di speranza, di fede, di carità per costruire il Regno di Dio.

Michele Castoro, Arcivescovo di Manfedonia-VIeste-San Giovanni Rotondo

The diocese of Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo is preparing to welcome the body of St. Camillus de Lellis on the date of his conversion. It was precisely on the road leading down from San Giovanni Rotondo to Manfredonia, in the Valle dell’Infermo, that Camillus de Lellis abandoned for ever the life of this world to dedicate himself to the poorest and the suffering.

Below is the message of Michele Castoro, the Archbishop of the diocese of Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo:

Dearest Brothers and Sisters

31 January next we will welcome the relic of St. Camillus de Lellis which for a few days will be amongst us for the veneration of the faithful, according to the programme that has already been distributed.

In this Year of the Faith the saints will help us to ‘be regenerated at the spring of salvation’. St. Camillus de Lellis, who was born in Bucchianico in 1550, was a priest and the founder of the Order of the Clerics Ministers of the Sick (known as the ‘Camillians’). On 14 July next in Bucchianico, the town where he was born, the celebrations for the fourth centenary of his death, which took place in Rome in 1614, will commence.

When looking at him it is possible to recognise three qualities. St. Camillus was a minister of charity, a witness to faith, and a prophet of hope.

After years of military service lived amongst very many uncertainties, during which there never disappeared that healthy dismay which led him to try to give a higher meaning to his life, disappointed and also abandoned by his friends, he found himself first in the condition of being a beggar asking for alms and, subsequently, employed as a manual labourer in the friary of the Capuchin friars of Manfredonia. 

Shortly afterwards, thanks to his meeting with Fr. Angelo at the friary of the Capuchins of San Giovanni Rotondo on 2 February 1575, he fell into a deep state of interior crisis which led him to find in the Gospel the answers to all his questions, bringing about in him that ‘conversion’ which from that moment on would change his life. This aspect is of great contemporary relevance if we think that many people, and especially young people, when manipulated and disappointed, often look for the meaning and the truth of themselves in useless and banal things which, like a will o’ the wisp, seduce them as cheap oases of happiness. The intelligence of St. Camillus was similar to that of our young people who are able to plan but are often discouraged by the ‘difficult present’.

    But the search of St. Camillus had just begun when, because of an incurable wound on his foot, he was forced to go to the Hospital of St. James in Rome. At that place, illness and suffering, but above all else direct contact with the patients and the least, led him to think anew about the whole of his past and about his future choices. He understood that Christ is not an idea but a living person who makes himself present not in the powerful of the moment but in the least and the sick. Camillus met divine love specifically in the wounds of human love which in lonely and excluded people called to him and awaited a redemption that man on his own would never be able to provide. In this way he felt loved by God as never before, and thus he began to love his brethren, starting precisely from those who at that time were not loved by anyone: the least and the most in need – the sick.

     Shortly after this, increasingly fascinated by Christ and sustained by the Holy Spirit who in every epoch brings forth new energies in the Church, he founded the religious Order of the Ministers of the Sick whose charism is service to suffering man, a yardstick for those who think that through faith they please God and who through reason alone struggle for the construction of a just and supportive society. May a revisiting of that great saint through the celebrations that will accompany us in our diocese  be an opportunity for all of us to change our lifestyles, moving from the logic of pure exchange to the logic of gift, from a hedonistic and consumerist vision to a more giving one, open to transcendence which transforms the lives of all men, especially those of the sick and the suffering, from pure problem to ineffable mystery!

St. Camillus knew how to recognise the presence of Christ in sick people whom he saw almost as another sacrament. And this not only because illness and suffering do not remove the dignity of man but also and above all because they represent the place where God demonstrates that He is stronger than evil and sin. His spirituality was a very contemporary therapy against hopelessness and a sense of being abandoned, against the tragic and nihilistic vision of life that affects to some extent everyone. In a society such as ours, which often sees sick people as an economic cost for the whole of society in terms of health-care expenditure, where in many areas the temptation is present to get rid of them as soon as possible, the work of St. Camillus teaches us to see life not as a burden or a game that leads nowhere but as a gift, and thus sacred, that imposes on everyone, at an individual level and at a social level, respect for and the protection of life, its promotion and valuing at every stage and in every state: unborn life until its last breath.  

The message of St. Camillus proposes to our diocese and to the whole of civil society a dual warning: to those who believe it proclaims the fact that one should never separate charity from faith but that, on the contrary, faith is expressed in concrete deeds of charity and solidarity; and to those who do not believe it proclaims, instead, that charity is the completion of social justice, and that it is precisely in coming to the aid of those most in need that an attentive and just society demonstrates its level of civilisation and its moral progress.

Let us take advantage of the meetings that will be held over the next few days, in the name of St. Camillus, to receive this message of hope, of faith and of charity in order to  build up the Kingdom of God.

Die Diözese von Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo bereitet sich darauf vor die sterblichen Überreste des heiligen Kamillus von Lellis während der Tage seiner Bekehrung in Empfang zu nehmen. Denn auf der Straße zwischen Giovanni Rotondo und Manfredonia, im Valle dell’Inferno, verließ Kamillus für immer das weltliche Leben, um sich den Armen und Leidenden zu widmen.
Hier ist die Botschaft von Michele Castoro, des Erzbischofs der Diözese von Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo:
Meine Lieben,
am bevorstehenden 31. Jänner werden wir die Reliquie des heiligen Kamillus von Lellis in Empfang nehmen. Sie wird einige Tage für die Verehrung durch die Gläubigen bei uns weilen, gemäß dem Programm das bereits veröffentlicht worden ist.
In diesem Jahr des Glaubens werden uns die Heiligen dabei helfen „uns an der Quelle des Heiles zu erneuern“. Der heilige Kamillus  wurde 1550 in Bucchianico geboren, er war Priester und Gründer des Ordens der Regularkleriker der Diener der Kranken (genannt „Kamillianer“). Am nächsten 14. Juli werden in Bucchianico, seinem Geburtsort, die Feierlichkeiten für die Vierhundertjahrfeier seines Todes, der in Rom im Jahre 1614 erfolgte, beginnen.
Wenn wir ihn betrachten ist es möglich, drei Qualitäten zu entdecken. Der heilige Kamillus war ein Bote der Nächstenliebe, ein Zeuge des Glaubens und ein Prophet der Hoffnung.
Nach vielen Jahren des Militärdienstes, der mit so vielen Gefährdungen erlebt wurde, während dessen aber niemals jene rechte Unruhe verloren ging dem eigenen Leben einen höheren Sinn zu geben, war er enttäuscht von seinen Gefährten, von denen er auch verlassen worden war. Er befand sich zunächst in der Situation eines Bettlers. Nachher wurde er als Handlanger aufgenommen im Konvent der Kapuziner in Manfredonia.
Nach kurzer Zeit verfiel er dank der Begegnung mit P. Angelo im Konvent der Kapuziner  von San Giovanni Rotondo am 2. Februar 1575 in eine tiefe innere Krise, die ihn dazu brachte im Evangelium die Antwort auf alle seine Fragen zu finden. Dies führte ihn zu jener „Bekehrung“, die dann von diesem Zeitpunkt an sein Leben verändert hat. Diese Geschichte ist von großer Aktualität.  Denken wir nur an die vielen Personen, besonders an die Jugendlichen, die manipuliert wurden und enttäuscht sind. Sie suchen sehr oft den Sinn und die Wahrheit ihres Wesens  in unnützen und banalen Dingen, die ihnen etwas Falsches vorgaukeln und ihnen ein leicht erreichbare Glück versprechen. Die Intelligenz des heiligen Kamillus ist derjenigen unserer jungen Menschen ähnlich, die ebenso Projekte machen können, aber meist entmutigt sind durch die „schwierige Gegenwart“.
Aber seine neuen Bemühungen hatten soeben erst angefangen, als ihn eine unheilbare Wunde am Fuß dazu zwang sich als Patient in das Spital San Giacomo zu begeben. An diesem Ort brachten ihn die Krankheit und das Leiden, aber vor allem der direkte Kontakt mit den Kranken und Ärmsten dazu, seine Vergangenheit und seine Pläne für die Zukunft zu überdenken. Er versteht, dass Christus keine Idee ist, sondern eine lebende Person, die sich nicht in den jeweils Mächtigen repräsentiert, sondern in den Letzten und in den Kranken. Kamillus begegnete der göttlichen Liebe in den Wunden der menschlichen Liebe, in den alleinstehenden und ausgeschlossenen Personen die Hilferufe und Erwartungen einer Erlösung sind, die der Mensch aus sich selbst heraus nicht geben kann. Auf diese Weise fühlte er sich von Gott mehr als je geliebt und so begann er damit, seine Mitmenschen zu lieben mit Menschen anfangend, die von niemanden geliebt wurden: mit den Kranken.
Von hier an, immer mehr von Christus fasziniert und vom Heiligen Geist geführt, der in jeder Zeit neue Energien in der Kirche er-weckt, begann er den religiösen Orden der Diener der Kranken zu gründen, dessen Charisma im Dienst an den leidenden Menschen be-steht. Dieser ist ein Prüfstein für den Menschen, der meint mit dem Glauben allein Gott zu gefallen und für denjenigen, der glaubt allein durch die Vernunft eine gerechte und solidarische Gesellschaft errichten zu können. Die Wiederbegegnung mit diesem großen Heiligen durch die Feierlichkeiten, die in der Diözese stattfinden, soll eine Gelegenheit für uns alle sein um den Lebensstil zu ändern, indem wir von der Logik des reinen Austausches zur Logik des Schenkens übergehen, von einer hedonistischen und konsumistischen Vision zu einer altruistischeren Einstellung, offen für die Transzendenz die das Leben eines jeden Menschen, insbesondere der Kranken und Leidenden, von einem ausschließlichen Problem in ein unsagbares Geheimnis umwandelt.
Der heilige Kamillus verstand es, die Anwesenheit Christi in den Kranken zu erkennen. Er betrachtete sie gleichsam als ein anderes Sakrament. Und dies nicht allein deswegen, weil die Krankheit und das Leid nicht die Würde des Menschen beseitigen, sondern vor allem deswegen, weil sie den Ort repräsentieren an dem Gott zeigt, dass er stärker ist als das Übel und die Sünde. Seine Spiritualität  ist eine sehr aktuelle Therapie gegen die Hoffnungslosigkeit und das Gefühl des Verlassen seins, gegen die tragische und nihilistische Betrachtung des Lebens, die irgendwie alle peinigt. In einer Gesellschaft wie der unseren, die oft die Kranken nur als Kostenfaktor für die die ganze Gesellschaft im Zuge der Ausgaben für das Gesundheitswesens betrachtet und wo verschiedene Kreise die Versuchung haben, sich ihrer so bald wie möglich zu entledigen, lehrt uns das Werk des heiligen Kamillus das Leben nicht als eine Last zu sehen, auch nicht als ein Spiel das zu nichts führt, sondern als ein Geschenk und deshalb als etwas Heiliges, das von allen, sowohl auf individueller als auch sozialer Ebene, den Respekt und den Schutz, die Förderung und die Wertschätzung in allen seinen Phasen und in all seinen Zuständen, vom entstehenden Leben an bis zu seinem letzten Atemzug erfordert.
Die Botschaft des heiligen Kamillus richtet an unsere Diözese und an die ganze Zivilgesellschaft eine doppelte Mahnung: denen die Glauben sagt sie, dass man nie die Nächstenliebe vom Glauben trennen darf, sondern im Gegenteil, dass sich der Glaube in kon-kreten Gesten der Nächstenliebe und der Solidarität ausdrückt. Denen die nicht glauben sagt die Botschaft hingegen, dass die Nächstenliebe die Vollendung der sozialen Gerechtigkeit ist und indem man den Ärmsten einer Gesellschaft zu Hilfe kommt, eine Gesellschaft den eigenen Grad der Kultur und des moralischen Fortschrittes zeigt.
Nützen wir die Zusammenkünfte die in den nächsten Tagen im Namen des heiligen Kamillus gehalten werden, um diese Botschaft der Hoffnung, des Glaubens und der Nächstenliebe wahrzunehmen, um das Reich Gottes aufzubauen.

La diócesis de Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo se dispone a acoger el cuerpo de San Camilo de Lelis en los días que tuvo lugar su conversión. Justamente en el camino entre San Giovanni Rotondo y Manfredonia, en el Valle del Infierno, Camilo de Lelis abandonó para siempre la vida mundana para dedicarse a los más pobres y los que más sufren.
Este es el mensaje de Michele Castoro, arzobispo de la diócesis de Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo:

Queridos hermanos:
El próximo 31 de enero acogeremos la reliquia de San Camilo de Lelis, que permanecerá algunos días entre nosotros para la veneración de los fieles, conforme al programa difundido.
En este Año de la Fe, los santos nos ayudarán a “regenerarnos en la fuente de la salvación”. San Camilo de Lelis, nacido en Bucchianico en 1550, fue sacerdote y fundador de la Orden de los Clérigos Regulares Ministros de los Enfermo (llamados Camilos). El próximo 14 de julio comenzarán en Bucchianico, su pueblo natal, las celebraciones del cuarto centenario de su muerte, que tuvo lugar ese día de 1614.
Si nos fijamos en él podemos descubrir tres cualidades. San Camilo fue ministro de la caridad, testimonio de la fe y profeta de la esperanza.
Después de algunos años de servicio militar vividos entre muchas incertidumbres, durante los cuales nunca disminuyó aquella sana inquietud que le llevaba a tratar de dar un sentido más elevado a su vida, desilusionado, e incluso abandonado por sus amigos, primero se encontró en la situación de tener que mendigar una limosna, y luego fue aceptado como recadista en el convento de los frailes capuchinos de Manfredonia.
Algún tiempo después, gracias al encuentro con el P. Angelo en el convento de los capuchinos de San Giovanni Rotondo el 2 febrero de 1575, cayó en una  profunda crisis interior que le condujo a descubrir en el Evangelio la respuesta a todas sus preguntas, y esto le llevó a una profunda “conversión” que, a partir de entonces, iría cambiando su vida. Este aspecto es de gran actualidad si pensamos que muchos, especialmente los jóvenes, manipulados e ilusos, a menudo buscan el sentido y la verdad de sí mismos en cosas inútiles y banales, las cuales, como el espejo a las alondras, les seducen como playas de felicidad a precio barato. El modo de entender las cosas de San Camilo es parecido al de nuestros jóvenes, que son capaces de saber proyectar, pero con frecuencia se desaniman por el “difícil presente”.
Pero la búsqueda de San Camilo apenas había comenzado cuando, a causa de una herida incurable en uno de sus pies, se vio obligado a acudir al hospital de Santiago, en Roma. Internado en este centro, la enfermedad y el sufrimiento, y especialmente el directo contacto con los enfermos y los últimos, le llevaron a revisar todo su pasado y perfilar sus opciones futuras. Comprendió que Cristo no es una idea, sino una persona viva que se hace presente no en los poderosos de turno, sino en los últimos y en los enfermos. Camilo encontró el amor divino justamente en la heridas del amor humano que, en las personas solas y excluidas, se hacía invocación y espera de una redención que el hombre solo nunca habría sabido dar. De este modo que se sintió amado por Dios como nunca hubiera imaginado, por lo que comenzó a amar a los hermanos partiendo de aquellos a los que entonces nadie quería, de los últimos y de los más necesitados, justamente de los enfermos.
Algo más tarde, siempre fascinado por Cristo, sostenido por el Espíritu que suscita en todo tiempo nuevas energías en la Iglesia, fundó la Orden religiosa de los Ministros de los Enfermos, cuyo carisma es el servicio al hombre que sufre, banco de prueba de quien piensa con la fe agradar a Dios y de quien con la sola razón lucha por la construcción de una sociedad justa y solidaria.
Que la nueva visita de este gran santo, mediante las celebraciones que nos acompañarán en la diócesis, sea una ocasión para todos de cambiar de estilo de vida, pasando de la lógica del puro intercambio a la lógica del don, de una visión hedonista y consumista a una visión más oblativa, abierta a la trascendencia que transforma la vida de cada hombre, especialmente de los enfermos y de los que sufren, de puro problema a inefable misterio.
San Camilo supo reconocer la presencia de Cristo en los enfermos, por él considerados casi sacramento. Y esto no solo porque la enfermedad y el sufrimiento no disminuyen la dignidad en el hombre, sino especialmente porque son un lugar donde Dios demuestra que Él es más fuerte que el mal y el pecado. Su espiritualidad es una terapia muy actual contra la desesperación y el sentido de abandono, contra la visión trágica y nihilista de la vida que atenaza un poco a todos. En una sociedad como la nuestra, que con frecuencia considera a los enfermos como un coste económico para toda la sociedad en términos de gasto sanitario, donde merodea en muchas partes la tentación de desembarazarse de ellos lo antes posible, la obra de San Camilo nos enseña a considerar la vida no como un peso, ni como un juego que no lleva a nada, sino como un don, y por tanto sagrada, que impone a todos, individual y socialmente, el respeto y la tutela, la promoción y la valoración en cada una de sus fases y en cada una de las situaciones, desde la vida naciente hasta su último respiro.
El mensaje de San Camilo encierra para nuestra diócesis y para la sociedad civil una doble amonestación: a los que creen les dice con los hechos que nunca hay que separar la caridad de la fe, sino que, al contrario, la fe se realiza con actos concretos de caridad y solidaridad; a los que no creen, a su vez, les dice que la caridad es el complemento de la justicia social, y que justamente socorriendo a los más necesitados manifiesta una sociedad atenta y justa su grado de civilización y de progreso moral.
Aprovechemos los encuentros a los que estos días asistiremos, en nombre de San Camilo, para saber ver este mensaje de esperanza, de fe y de caridad y con él construir el Reno de Dios.

Michele Castoro, Arcivescovo di Manfedonia-VIeste-San Giovanni Rotondo

A diocese de Manfredônia – Vieste – San Giovanni Rotondo se prepara para acolher o corpo de São Camilo de Lellis nos dias de sua conversão. Foi exatamente na estrada entre San Giovanni Rotondo e Manfredônia, no Vale do Inferno, que Camilo de Lellis abandonou para sempre a vida mundana para dedicar-se ao mais pobres e sofredores.

Eis a mensagem de dom Michele Castoro, arcebispo da diocese de Manfredônia-Vieste-San Giovanni Rotondo:

Caríssimos,
No próximo dia 31 de janeiro, acolheremos a relíquia de São Camilo de Lellis que, por alguns dias, permanecerá entre nós para a veneração dos fiéis, segundo o programa já divulgado. Neste Ano da Fé, os santos nos ajudarão a “regenerar-nos na fonte da salvação”. São Camilo de Lellis, nascido em Bucchianico em 1550, foi sacerdote e fundador da Ordem dos Clérigos Ministros dos Enfermos (chamados “Camilianos”). No próximo dia 14 de julho começarão as celebrações do IV Centenário de seu falecimento (Roma, 1614), justamente em sua cidade natal, Bucchianico.

Contemplando este santo é possível nele reconhecer três qualidades. São Camilo foi ministro da caridade, testemunha da fé e profeta da esperança. Após muitos anos de serviço militar, vividos entre tantas incertezas, durante os quais nunca desapareceu uma inquietação sadia que o levava a procurar um sentido mais alto para sua vida, desiludido e também abandonado pelos próprios amigos, passou pela condição de mendigo, pediu esmola e, em seguida, sobreviveu como trabalhador braçal no convento dos frades capuchinhos de Manfredônia.

Depois de pouco tempo, graças ao encontro com pe. Angelo, no convento dos capuchinhos de San Giovanni Rotondo (2 de fevereiro de 1575), caiu em uma profunda crise interior que o levou a encontrar no Evangelho a resposta a todas as suas perguntas, provocando uma “conversão” que, a partir daí, mudou sua vida. Este aspecto é de grande atualidade se pensamos que muitos, especialmente os jovens, manipulados e iludidos, frequentemente procuram o sentido e a verdade de si mesmos em coisas inúteis e banais que, como isca para ingênuos, os seduzem para uma falsa felicidade. A inteligência de São Camilo é semelhante à de nossos jovens, capazes de saber projetar, mas muitas vezes desencorajados pelo “presente difícil”.

Contudo, este processo apenas começava quando, por causa de uma ferida incurável no pé, Camilo foi obrigado a se tratar no hospital San Giacomo de Roma. Neste lugar, a doença e o sofrimento, mas sobretudo o contato direto com os doentes e os mais pobres, o levam a rever todo o seu passado e suas decisões futuras. Entende, então, que Cristo não é uma ideia, e sim uma pessoa viva que está presente não nos poderosos deste mundo mas nos últimos e nos enfermos. Camilo encontrou o amor divino precisamente nas feridas do amor humano que, nas pessoas sozinhas e excluídas, fazia-se invocação e espera de uma redenção que o homem, sozinho, nunca teria sabido dar. Deste modo se sentiu amado por Deus como nunca antes e assim começou a amar os irmãos, partindo dos que não eram amados por ninguém: dos últimos e dos mais necessitados, exatamente dos enfermos.

Daí a pouco, sempre mais fascinado por Cristo, sustentado pelo Espírito que suscita novas energias na Igreja em todos os tempos, fundou a ordem religiosa dos Ministros dos Enfermos, cujo carisma é o serviço ao homem sofredor, prova de fogo de quem pensa com a fé de agradar a Deus e de quem, somente com a razão, luta para a construção de uma sociedade justa e solidária. Que a “nova visita” deste grande santo, através das comemorações que serão realizadas em nossa diocese, seja a ocasião para todos nós de mudar nosso estilo de vida, passando da lógica da troca à lógica do dom, de uma visão hedonista e consumista a uma visão mais oblativa, aberta à transcendência que transforma a vida de cada homem, particularmente dos doentes e dos sofredores, de um poço de problemas a um inefável mistério.

São Camilo soube reconhecer a presença de Cristo nos doentes, que ele considerou quase como outro sacramento. E não só porque a doença e o sofrimento não tiram a dignidade do ser humano, mas sobretudo porque representam o lugar em que Deus demonstra que Ele é mais forte que o mal e o pecado! Sua espiritualidade é uma terapia muito atual contra o desespero e o senso de abandono, contra a visão trágica e niilista da vida, que atormenta a humanidade. Em uma sociedade como a nossa, que muitas vezes considera os doentes como um peso econômico para toda a sociedade em termos de gasto com saúde, com a tentação muito comum de se livrar deles o quanto antes, a obra de São Camilo nos ensina a considerar a vida não como um peso, nem como um jogo que não leva a nada, mas como um dom. Sendo assim, é sagrada e impõe a todos – tanto individualmente como socialmente – o respeito e a proteção, a promoção e a valorização de todas as suas fases e em todas as suas condições, desde o nascimento até o último respiro.

A mensagem de S. Camilo propõe à nossa diocese e à inteira sociedade civil uma dupla advertência: para quem crê, recorda que a fé não deve nunca estar separada da caridade, ao contrário, a fé se cumpre através de gestos concretos de caridade e de solidariedade; aos que não creem, revela que a caridade é o cumprimento da justiça social, e que é socorrendo os mais necessitados que uma sociedade atenta e justa mostra seu próprio nível de civilização e de progresso moral.

Aproveitemos os encontros que serão realizados nestes dias, em honra de São Camilo, para acolher esta mensagem de esperança, fé e caridade para construir o Reino de Deus.

Le diocèse de Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo s’apprête à accueillir le corps de saint Camille de Lellis, autour de la date de sa conversion. C’est, en effet, en chemin entre San Giovanni Rotondo et Manfredonia, dans la Vallée de l’Enfer, que Camille a abandonné pour toujours sa vie dans le monde pour se dévouer entièrement aux pauvres et aux souffrants.

Voici le message de Michel Castoro, Archevêque du diocèse de Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo:
Chers amis,
Le 31 janvier prochain, nous accueillerons la relique de saint Camille de Lellis, qui restera quelques jours parmi nous, pour la vénération des fidèles, selon le programme déjà établi.
En cette Année de la Foi, les saints nous aident à nous « régénérer à la source du Salut ». Saint Camille de Lellis, né à Bucchianico, en 1550, fut prêtre et fondateur de l’Ordre des Clercs Ministres des Infirmes (appelés ‘Camilliens’). Le 14 juillet prochain, à Bucchianico, son pays natal, commenceront les célébrations du quatrième centenaire de sa mort, survenue à Rome en 1614.
En le regardant, on peut lui reconnaître trois qualités. Saint Camille a été ministre de la charité, témoin de la foi et prophète d’espérance.
Après des années de service militaire, vécues avec tant d’incertitudes, et durant lesquelles, la saine inquiétude qu’il portait de donner un sens à sa vie n’était pas la moindre, déçu et aussi abandonné de ses amis, il s’est d’abord retrouvé obligé de mendier puis il fut employé comme manœuvre au couvent des Frères capucins de Manfredonia.

Peu de temps après, grâce à sa rencontre avec le P. Angelo, au couvent des Capucins de San Giovanni Rotondo, le 2 février 1575, une profonde crise intérieure le mena à trouver dans l’Evangile la réponse à toutes ses questions. Cet aspect est d’une grande actualité, si nous pensons à tous ceux, spécialement les jeunes, manipulés et illusionnés, qui cherchent souvent le sens et la vérité de leur existence dans des choses futiles et banales, des miroirs aux alouettes qui leur font croire à des mondes de félicité, à trop bon marché.  L’intelligence de saint Camille est semblable à celle de nos jeunes, capables d’avoir des projets, mais qui sont souvent découragés par le « présent difficile ».
Mais la recherche de st Camille était à peine commencée quand, à cause d’une plaie incurable au pied, il fut contraint de se faire soigner à l’hôpital Saint-Jacques-des-Incurables. C’est là que la maladie et la souffrance, mais surtout son contact direct avec les malades et les plus petits de la société, l’ont mené à revoir tout son passé et ses choix futurs. Il comprend que le Christ n’est pas une idée mais une personne vivante qui se rend présente, non pas dans les puissances bruyantes  mais dans les plus petits et les malades. Camille a rencontré l’amour divin justement dans les blessures de l’amour humain qui, chez les personnes seules et exclues, se fait invocation et attente d’une rédemption que l’homme, par lui-même, n’aurait jamais su donner. De cette façon, il s’est senti aimé de Dieu comme jamais, et c’est ainsi qu’il a commencé à aimer ses frères, en partant de ceux qui alors n’étaient aimés de personne : les plus petits et les plus nécessiteux, des malades précisément. A partir de là, peu à peu, toujours plus passionné du Christ, soutenu par l’Esprit qui suscite à chaque époque des énergies nouvelles dans l’Eglise, il fonda l’Ordre religieux des Serviteurs des Malades, dont le charisme est le service à l’homme souffrant, banque de preuve de celui qui pense par la foi plaire à Dieu et de celui qui, avec sa seule raison, lutte pour la construction d’une société juste et solidaire. Que la revisitation de ce grand saint, lors des célébrations qui nous accompagneront dans le diocèse, soit l’occasion pour nous tous de changer de style de vie, en passant de la logique du changement à la logique du don, d’une vision hédoniste et consommatrice à une mission plus oblative, ouverte à la transcendance qui transforme la vie de chaque homme, sorte de malade et de souffrant, de son état de problème à l’ineffable ministère.
Saint Camille a su reconnaître la présence du Christ dans les malades qu’il considéraient quasiment comme un autre sacrement. Et cela pas seulement pour que la maladie et la souffrance n’enlèvent pas la dignité de l’homme, mais surtout pour qu’elles représentent le lieu où Dieu démontre qu’Il est plus fort que le mal et que le péché. Sa spiritualité est une thérapie très actuelle contre le désespoir et le sentiment d’abandon, contre la vision tragique et nihiliste qui atteint un peu tout le monde. Dans une société comme la nôtre, qui considère les malades comme un coût économique pour toute la société en termes de dépense sanitaire, où il s’agira pour la plupart de la tentation de s’en débarrasser le plus tôt possible, l’œuvre de saint Camille nous enseigne à considérer la vie non comme un poids, ni comme un jeu qui n’apporte rien, mais comme un don, et donc sacré, qui impose à tous, individuellement ou socialement, le respect et la protection, la promotion et la valorisation dans chacune de ses phases et dans chaque condition, depuis la vie naissante jusqu’à son dernier souffle.
Le message de saint Camille propose à notre diocèse et à la société civile entière un double avertissement :  aux croyants, il dit qu’il ne faut jamais séparer la foi de la charité mais qu’au contraire la foi s’accomplit en gestes concrets de charité et de solidarité ; aux non-croyants, il dit au contraire que la charité est l’accomplissement de la justice sociale, et qu’en secourant les plus nécessiteux, une société attentive et juste montre son degré de civilité et de progrès moral.
Profitons des rencontres qui auront lieu ces jours-ci, au nom de saint Camille, pour accueillir ce message d’espérance, de foi, de charité, pour construire le Règne de Dieu.

Michele Castoro, Arcivescovo di Manfedonia-VIeste-San Giovanni Rotondo

Le diocèse de Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo s’apprête à accueillir le corps de saint Camille de Lellis, autour de la date de sa conversion. C’est, en effet, en chemin entre San Giovanni Rotondo et Manfredonia, dans la Vallée de l’Enfer, que Camille a abandonné pour toujours sa vie dans le monde pour se dévouer entièrement aux pauvres et aux souffrants.

Voici le message de Michel Castoro, Archevêque du diocèse de Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo:

Chers amis,
Le 31 janvier prochain, nous accueillerons la relique de saint Camille de Lellis, qui restera quelques jours parmi nous, pour la vénération des fidèles, selon le programme déjà établi.

En cette Année de la Foi, les saints nous aident à nous « régénérer à la source du Salut ». Saint Camille de Lellis, né à Bucchianico, en 1550, fut prêtre et fondateur de l’Ordre des Clercs Ministres des Infirmes (appelés ‘Camilliens’). Le 14 juillet prochain, à Bucchianico, son pays natal, commenceront les célébrations du quatrième centenaire de sa mort, survenue à Rome en 1614. En le regardant, on peut lui reconnaître trois qualités. Saint Camille a été ministre de la charité, témoin de la foi et prophète d’espérance.

Après des années de service militaire, vécues avec tant d’incertitudes, et durant lesquelles, la saine inquiétude qu’il portait de donner un sens à sa vie n’était pas la moindre, déçu et aussi abandonné de ses amis, il s’est d’abord retrouvé obligé de mendier puis il fut employé comme manœuvre au couvent des Frères capucins de Manfredonia.

Peu de temps après, grâce à sa rencontre avec le P. Angelo, au couvent des Capucins de San Giovanni Rotondo, le 2 février 1575, une profonde crise intérieure le mena à trouver dans l’Evangile la réponse à toutes ses questions. Cet aspect est d’une grande actualité, si nous pensons à tous ceux, spécialement les jeunes, manipulés et illusionnés, qui cherchent souvent le sens et la vérité de leur existence dans des choses futiles et banales, des miroirs aux alouettes qui leur font croire à des mondes de félicité, à trop bon marché. L’intelligence de saint Camille est semblable à celle de nos jeunes, capables d’avoir des projets, mais qui sont souvent découragés par le « présent difficile ».

Mais la recherche de st Camille était à peine commencée quand, à cause d’une plaie incurable au pied, il fut contraint de se faire soigner à l’hôpital Saint-Jacques-des-Incurables. C’est là que la maladie et la souffrance, mais surtout son contact direct avec les malades et les plus petits de la société, l’ont mené à revoir tout son passé et ses choix futurs. Il comprend que le Christ n’est pas une idée mais une personne vivante qui se rend présente, non pas dans les puissances bruyantes mais dans les plus petits et les malades. Camille a rencontré l’amour divin justement dans les blessures de l’amour humain qui, chez les personnes seules et exclues, se fait invocation et attente d’une rédemption que l’homme, par lui-même, n’aurait jamais su donner. De cette façon, il s’est senti aimé de Dieu comme jamais, et c’est ainsi qu’il a commencé à aimer ses frères, en partant de ceux qui alors n’étaient aimés de personne : les plus petits et les plus nécessiteux, des malades précisément. A partir de là, peu à peu, toujours plus passionné du Christ, soutenu par l’Esprit qui suscite à chaque époque des énergies nouvelles dans l’Eglise, il fonda l’Ordre religieux des Serviteurs des Malades, dont le charisme est le service à l’homme souffrant, banque de preuve de celui qui pense par la foi plaire à Dieu et de celui qui, avec sa seule raison, lutte pour la construction d’une société juste et solidaire. Que la revisitation de ce grand saint, lors des célébrations qui nous accompagneront dans le diocèse, soit l’occasion pour nous tous de changer de style de vie, en passant de la logique du changement à la logique du don, d’une vision hédoniste et consommatrice à une mission plus oblative, ouverte à la transcendance qui transforme la vie de chaque homme, sorte de malade et de souffrant, de son état de problème à l’ineffable ministère.

Saint Camille a su reconnaître la présence du Christ dans les malades qu’il considéraient quasiment comme un autre sacrement. Et cela pas seulement pour que la maladie et la souffrance n’enlèvent pas la dignité de l’homme, mais surtout pour qu’elles représentent le lieu où Dieu démontre qu’Il est plus fort que le mal et que le péché. Sa spiritualité est une thérapie très actuelle contre le désespoir et le sentiment d’abandon, contre la vision tragique et nihiliste qui atteint un peu tout le monde. Dans une société comme la nôtre, qui considère les malades comme un coût économique pour toute la société en termes de dépense sanitaire, où il s’agira pour la plupart de la tentation de s’en débarrasser le plus tôt possible, l’œuvre de saint Camille nous enseigne à considérer la vie non comme un poids, ni comme un jeu qui n’apporte rien, mais comme un don, et donc sacré, qui impose à tous, individuellement ou socialement, le respect et la protection, la promotion et la valorisation dans chacune de ses phases et dans chaque condition, depuis la vie naissante jusqu’à son dernier souffle.

Le message de saint Camille propose à notre diocèse et à la société civile entière un double avertissement : aux croyants, il dit qu’il ne faut jamais séparer la foi de la charité mais qu’au contraire la foi s’accomplit en gestes concrets de charité et de solidarité ; aux non-croyants, il dit au contraire que la charité est l’accomplissement de la justice sociale, et qu’en secourant les plus nécessiteux, une société attentive et juste montre son degré de civilité et de progrès moral.

Profitons des rencontres qui auront lieu ces jours-ci, au nom de saint Camille, pour accueillir ce message d’espérance, de foi, de charité, pour construire le Règne de Dieu.