Con Padre Camillo nell’attesa della mattina di Pasqua del 2013

di P. Felice Ruffini

Crocifisso quadro Sti Camilli

Da quella mattina del 2 febbraio 1575 con l’incontro con la “Madonna delle Grazie” nella Chiesuola di San Giovanni Rotondo, e la conseguenza di lì a poco di aprirsi a Dio Misericordioso sulla pietraia garganica della “Valle dell’Inferno”, che gli porgeva per l’ennesima volta l’offerta del Suo perdono, il giovane Camillo entrò nel Mistero del Verbo Incarnato. Penetrando ogni giorno sempre di più nella storia della salvezza dell’Uomo, e acquisendo dallo Spirito Santo la rivelazione del supremo dono di Se che il Figlio aveva accettato di mettere in atto, Camillo ha visione e percezione della forza sanante del Sangue versato per trionfare nella Risurrezione, vincendo e soggiogando la morte: «Dov’è o morte la tua vittoria? Dov’è o morte il tuo pungiglione?» (1Cor 15,55)
Chi ha vissuto con lui ci assicura che «Haveva grandissima speranza nel salvarsi per la misericordia di Dio, e Santissima Passione, et Sangue di Cristo, dicendo che questo caldo fuoco d’amore haverebbe intenerito e liquefatto ogn’ostinato cuore di peccatore in convertirlo, essortandoci che in tutti li nostri bisogni avessimo sempre speranza all’Onnipotente Iddio et che tutti li peccati del Mondo alla misericordia e pietoso Sangue di Cristo erano come una goccia d’acqua in mezzo al Mare…» (P. Pietro Paolo Bossi, proc. Neapolitanus, f. 150t)

Il Cicatelli ci informa che «nelle sue orationi non andava appresso a certi punti troppo sottili, o speculativi, ma rinchiudendosi tutto nel S.mo Costato del Crocifisso ivi si tratteneva, ivi dimandava gratie, ivi scopriva i suoi bisogni, et ivi faceva alti e divini colloquij col suo amato Signore». E sempre nella testimonianza del primo biografo che si legge essere esortazione costante al letto del malato, particolarmente nel momento della partenza per il Cielo, l’esortazione a confidare «nella misericordia del Signore c’ha sparso il sangue per la salute vostra, eccolo, che vi mostra le piaghe, eccolo, che vi mostra il costato aperto, vedetelo qui coronato di spine…»

Ma è grazie alla materna intercessione dell’Immacolata Madre di Dio, alla Quale attribuisce la svolta storica della sua vita di quel 2 febbraio, che prende coscienza che la salvezza eterna è dovuta esclusivamente all’Incarnazione del Verbo, irruzione di Dio nella storia dell’uomo per operarne la salvezza, evento storico realizzatosi grazie a quel “sì” che quella quasi ancora fanciulla di Nazarteh, Maria, pronunciò nella “pienezza del tempo” (Gal 4, 4-5). Un atto di infinita bontà e misericordia di Dio, al quale la Beata Vergine Maria ha dato la sua incondizionata adesione fin dal primo istante (Lc 1, 38).

Ed abbiamo anche che giorno dopo giorno Padre Camillo scoprirà anche il collegamento intimo che esiste tra Madre e Figlio, il suo ruolo di socia generosa per aver accettato liberamente di essere la Donna dell’Incarnazione “generando e nutrendo il Sacerdote e la vittima del Sacrificio”  (Meo S., Nuova Eva, in NDM, p. 1022, II), e per aver percorso tutta la via del Cristo fino a salire sul Golgotha con fede e amore, obbedienza e morte nel cuore.
Nel tempo Padre Camillo comprese bene la stretta unione esistente tra il Cristo Crocifisso e l’uomo malato, nel quale si perpetua la sua Passione e Morte per la Redenzione dell’umanità (Mt 25, 36). E, accanto, la Madre come il vecchio Simeone aveva profetato (Lc 2, 34-35), sempre presente ovunque si rinnova la Passione del Figlio fino alla fine dei tempi. Ed è accanto al letto di ogni malato e dei morenti, mirando la Dolorosa Madre ai piedi del suo Figlio Crocifisso (vd. Gv 19, 25), che Camillo impara a vedere in quei volti il Volto Santo del Signore.

Fissando lo sguardo sul Volto Santo del Cristo Crocifisso Camillo riscopre l’Uomo. Nella contemplazione delle sue piaghe e del suo sangue, le vede fondersi e unirsi alle piaghe dei poveri “impiagati anco li piu sozzi”, giacenti negli Ospedali e negli anfratti delle grotte romane. Le ingiurie dei crocifissori, e l’abbandono dei Discepoli in fuga, si rinnovano nell’abbandono dei malati nel marcio dei pagliericci del S. Giacomo, del Santo Spirito, e di tutti quei luoghi che raccolgono poveri derelitti.
È qui, che a Camillo è svelato pienamente l’Uomo: in lui è Cristo piagato, sofferente, abbandonato. E quel grido a gran voce del Cristo morente sulla Croce «Eloì, Eloì, lemà sabactàni? – che significa – Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34), che rivelano quanto sia stata reale l’Incarnazione del Cristo, con l’assunzione di tutta la misera umanità fino a quello sprofondo del sentirsi abbandonato dal Padre, che sovente vive e lo risente gridato dal malato che assiste, e l’illuminazione di quei drammatici momenti di abbandono con le prime luci splendenti di quel mattino di Pasqua.

Di quel che pensava Padre Camillo della Pasqua di Risurrezione lo si può ricavare da un passaggio d’un manoscritto conservato nell’Archivio Generale Camilliano (AG 2519, anno 1604?), attribuito ad uno dei suoi Religiosi più fedeli e suo confessore, che nel titolo rivela il contenuto, «Ponti sopra la vita di Cristo e della sua Santissima Madre». Nel paragrafo dedicato alla Risurrezione, dove si scioglie in un mistico contemplare di “Come Cristo apparve alla sua Madre”, immagina come la B.V. Maria indugiasse su «quelle spietate piaghe et la deformata figura del Figliuolo morto… ed ecco che un subito vedendo risplendere in quella tenebrosa stanza una nuova et celeste luce, udì quel lieto saluto, et vide comparire vivo et glorioso avanti di se il desiderato dell’anima sua… Considera come vedendo la Madonna essere restituita al figliuolo il candore et bellezza, et sentendo quel dolce saluto con che la chiamò non più donna ma Madre, et sentivasi abbracciare da quelle sacrate braccia et rasciugare con tanto amore et pietà le lacrime del suo volto con le sue Divine mani…»

Contemplare la prima apparizione del Risorto riservata alla Madre non la si può giudicare peregrina…  Giorgio di Nicomedia, Metropolita di questa città (sec. IX), scrive: «Io poi personalmente credo che per mezzo di esso fu dato alla sola Vergine e prima di ogni altra persona il lieto annunzio della divina risurrezione. Inoltre ritengo lecito che fosse lei la prima a gioire dell’ineffabile economia della salvezza, della vista e dello splendore del Figlio… La Vergine, che più di tutti era arsa d’amore per il Figlio, che aveva dovuto affrontare mille combattimenti, che era rimasta sola nella sua perseveranza, sola e prima di tutti ottenne i doni che meritatamente le spettavano… Era giusto, dunque, che colei che era stata l’unica a partecipare alle sofferenze del Figlio, fosse la sola e la prima a godere della divina gioia della risurrezione…»
Anche noi con il nostro Padre San Camillo, e accanto a Lui con Maria Immacolata Madre di Dio, attendiamo il sorgere di questa nova mattina di Pasqua 2013 per incontrare Suo Figlio, l’Autore della Vita, il Vincitore della morte!