Domenica: giorno della Comunione con Cristo e con quanti soffrono.

Riflessione sulle parrocchie soprattutto se Camilliane di p. Rosario Messina

“Il Signore Gesù avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Nella notte in cui veniva tradito, Egli prese il pane, lo spezzò e disse: Questo è il mio Corpo  e lo stesse fece con il vino”.

Proprio nel giorno in cui i suoi nemici avevano deciso di arrestarlo e di ucciderlo, Egli istituisce il più grande dei Sacramenti, escogita nella sua fantasia divina di rimanere con noi per sempre, con gli uomini di tutti i tempi che immensamente ama. Aveva infatti  promesso: vi darò la mia carne in cibo e il mio sangue in bevanda; sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo; non vi lascerò orfani. Come la madre nutre i figli con il suo latte, così Gesù ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue, diventando  il nostro compagno di viaggio, il misterioso pellegrino che ci accompagna lungo le strade della vita, l’amico vero che ci scalda il cuore. Se lo vogliamo però, possiamo incontrarLo anche  ogni Domenica, ogni giorno, cenando con Lui ed Egli con noi. Questo grande mistero della presenza viva di Gesù nell’Eucaristia inoltre, ci deve però  portare a scoprire l’altro grande mistero della presenza vera e reale di Gesù in quanti soffrono. Infatti, lo stesso Gesù che ha detto “Questo è il mio Corpo”, ha anche detto “qualunque cosa avrai fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avrai fatto a me. Io ero povero, affamato, assetato, pellegrino, malato, e tu mi hai accolto, mi hai curato, mi hai visitato, mi hai amato”.

Pertanto se l’Eucaristia Domenicale, non riuscirà a ricreare  nel cuore dei singoli e dell’intera comunità cristiana un armonico legame tra Eucaristia e Carità, tra Culto e Servizio, tra Fede e Vita, realizzando così un unico e indiviso amore per Dio e i fratelli, tutto si ridurrà a una falsa devozione e a una pia illusione di essere dei buoni cristiani, ingannando però noi  stessi . Infatti  afferma perentoriamente la Parola di Dio: “chi dice di amare Dio e non ama il prossimo, è un bugiardo!”  Ineludibile verità confermata anche da una sferzante Omelia di San Giovanni Crisostomo, quando con apostolico coraggio afferma:”Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi.

Non onorarLo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori Lo trascuri per il freddo e la nudità. Il corpo di Cristo che sta sull’altare, non ha bisogno di mantelli ma di anime pure, mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua?” Quanto questo legame tra Eucaristia e Carità fosse capito e vissuto dalle prime comunità cristiane, lo si apprende dalla antica testimonianza di San Giustino martire,  quando descrive la celebrazione domenicale: “Nel giorno chiamato del Sole ci raccogliamo in uno stesso luogo…si recano pane vino e acqua…I facoltosi e volenterosi spontaneamente danno ciò che vogliono e quanto viene raccolto viene consegnato al capo della comunità che ne distribuisce agli orfani, alle vedove, ai bisognosi per malattia o altro, ai detenuti e ai forestieri; egli soccorre in una parola chiunque si trovi nel bisogno”(Apol.1,67). Una carità quindi affettiva ed effettiva, un amore per Cristo che è il Capo, che si espande  ed estende a tutto il corpo che è la Chiesa. “Dalla messa domenicale- scriveva il Papa San Giovanni Paolo Secondo- deve partire un’onda di carità, destinata ad espandersi in tutta la vita dei fedeli.”