Intervista a Denis Atandi – Camilliano della Delegazione del Kenya

Chierico Denis AtandiDennis, da dove vieni? Puoi parlarmi del tuo paese d’origine, della tua famiglia, della tua scelta di vita cristiana?

Provengo dalla parrocchia di Suneka, nella diocesi di Kisii, che geograficamente appartiene alla regione occidentale del Kenya. Le Terre alte di Kisii sono comunemente riconosciute come una regione montagnosa con discrete precipitazioni durante tutto l’anno, il che favorisce la pratica dell’agricoltura che è l’attività principale della numerosa popolazione che vi risiede. I miei genitori sono il sig. Pantaleo Atandi e la sig.ra Jane Buyaki. Mio padre è insegnante di professione mentre mia madre si occupa di affari. Sono il terzo di sei figli di cui tre sono maschi e tre sono femmine. Posso dire che da mio padre ho ereditato il senso della disciplina e della preghiera. Sono un tipo estroverso, capace di avvicinare qualsiasi tipo di persone appartenenti a culture e nazionalità diverse.

Quando hai percepito la tua vocazione camilliana? Come è avvenuto? C’è stata qualche persona che ha avuto un ruolo dterminante in tutto ciò?

Ho sperimentato il senso della chiamata alla vita religiosa quando ho frequentato il seminario minore diocesano. Durante quel tempo è successo che mio nonno si ammalò e fu ricoverato all’ospedale di Tabaka. Su sua richiesta mi sono recato all’ospedale per assisterlo. Lì a Tabaka ho potuto constatare come i pazienti fossero colpiti dalla sofferenza. Da lì è partita la mia risoluzione a entrare dai Camilliani per poter così essere di aiuto ai malati. Tale esperienza e il contatto con P. Mario Cattaneo che a quel tempo risiedeva a Tabaka hanno contribuito a farmi capire che questa era la mia chiamata alla vita religiosa. Le altre persone che contribuirono al mio discernimento furono i miei genitori che non hanno posto nessuna resistenza quando ho manifestato loro il mio desiderio di diventare camilliano.

Quali sono i tuoi sogni di giovane camilliano?

In quanto giovane religioso camilliano vorrei vedere la presenza camilliana in molte parti del nostro Paese e non solo occupandosi dei malati, ma anche – ad esempio – prendendosi cura maggiormente delle persone anziane che in Africa sono in grande aumento. In secondo luogo vorrei vedere maggiore collaborazione con le altre istituzioni, inoltre sarebbe bene portare avanti la formazione di camilliani laici in modo organizzato, in maniera che tali persone siano coinvolte come collaboratrici del nostro ministero.