Papa Francesco e la crisi del Coronavirus

Un’intervista sul «coraggio di guardare più avanti» di Antonio Spadaro, in La Civiltà Cattolica 

Nel grave momento di crisi che l’intero pianeta sta vivendo si avverte il bisogno di una guida che accompagni e aiuti a capire il senso di quel che stiamo attraversando. In questa situazione servono voci che siano in grado di parlare a tutti, leader capaci di comprendere quel che accade, ma anche di indicare un cammino verso il «dopo». Il Papa è «confinato». Per un Pontefice che parla sin dall’inizio del suo ministero petrino di una «chiesa in uscita», la situazione di essere al «confino» è paradossale.

La celebrazione, conclusasi con la benedizione Urbi et Orbi, del venerdì 27 marzo in una piazza San Pietro vuota è stata l’immagine di una condizione universale. Il vuoto della piazza ha assorbito in sé le voci di un mondo malato o a rischio di malattia chiamato a stare a casa, in isolamento o in quarantena. Mai piazza San Pietro è stata più gremita di gente come quel venerdì.

Con discrezione Francesco non cessa di accompagnare con sobrietà gli eventi di questo mondo. Lo fa da Santa Marta, lo fa con gesti e iniziative, ma anche con altri interventi e messaggi. La voce di Francesco risuona nel mondo assetato di senso come una voce buona, gentile, ma anche decisa e robusta. La Civiltà Cattolica è lieta di offrire la traduzione in italiano di una sua conversazione sui tempi odierni con Austen Ivereigh, studioso e giornalista britannico, biografo del Pontefice e interprete affidabile del suo pensiero.
Questa intervista è importante e va letta con cura perché ci aiuta ad andare avanti in questo tempo faticoso, ma anche pieno di sfide. Papa Francesco ha parlato di come sta vivendo e contemplando la crisi del coronavirus – in un mondo in isolamento e in prossimità della Pasqua – preparandosi praticamente e spiritualmente alle sue conseguenze, e invitando l’umanità a convertirsi a un modo di essere diverso e migliore. Il Papa è profondamente turbato, e addolorato da tanta sofferenza e sacrificio. Ma ciò che traspare è la sua fiducia nella possibilità di trasformazione che ci viene ora offerta.

Le domande

Tante le domande alle quali risponde oralmente, con voce registrata. Come sta vivendo il Papa la pandemia, personalmente, praticamente e spiritualmente? Come vede la missione della Chiesa in questo tempo? Cosa pensa delle politiche dei governi di fronte alla crisi, e cosa essa sta rivelando della società? Vede nella crisi anche la possibilità di un cambiamento? È possibile una conversione ecologica? E una economia più umana? E una Chiesa più missionaria e flessibile? Come vivere questa Pasqua e quali messaggi in particolare per gli anziani, i giovani e gli impoveriti? Ecco alcune delle domande alle quali Francesco risponde.

Come fare a essere «vicini»? La conversione pastorale radicale

Ma questo è chiaramente un tempo favorevole per la «conversione pastorale». Chi lo ha seguito nei suoi viaggi e nelle sue udienze sa quanto sia importante per Francesco il contatto diretto con la gente. Ricordo che alla fine del viaggio verso la Colombia appariva davvero stanco. La sorpresa del seguito papale è stata grande nel vederlo come rifiorire davanti alla gente che lo attendeva festante davanti alla Nunziatura. E proprio lì fece un discorso spontaneo di grande intensità, accompagnato da una gestualità che rivelava una forza insospettata. Non si può separare il pastore dal popolo. La condizione legata alla crisi per il coronavirus è proprio una condizione di «separazione», di distanziamento doloroso ma necessario. Come reagisce il Papa? Lo dice in questa intervista: «pensare alla gente mi unge, mi fa bene, mi sottrae all’egoismo». Il pensiero stesso del popolo di Dio conferma e rinvigorisce la conversione pastorale.
E Francesco pensa al suo ministero petrino. Sente che adesso deve «accompagnare» il popolo, deve «stargli vicino». La propensione alla cura è radicata in Francesco. Egli vede la Chiesa – come mi disse nell’intervista per La Civiltà Cattolica nel 2013 – come un «ospedale da campo». Per questo col pensiero Francesco si protende «oltre il vetro». Lo fa citando a memoria i Promessi Sposi. Lo aveva fatto già in Brasile, nel suo primo viaggio apostolico, quando aveva rifiutato la macchina blindata dicendo: «non potevo venire a vedere questo popolo, che ha un cuore così grande, dietro una cassa di vetro». Il virus impedisce il contatto fisico per il bene di tutti. E allora Francesco cerca di capire come fare adesso a essere «vicino». Questa è la tensione del pontificato nel momento presente.

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