La Migrazione: cuore del Natale

Il Papa ho voluto spendere l’inizio dell’Avvento con i migranti di Lesbo invitando l’Europa a costruire ponti e non muri, a “fermare il naufragio di civiltà” ricordando che il Mediterraneo è diventato “un immenso cimitero senza lapidi”.

L’emigrazione, insieme al covid-19, è diventata una catastrofe mondiale.

Anche in Italia sono oltre 63.000 i profughi di varie nazionalità che negli ultimi mesi hanno raggiunto le coste della Sicilia e della Calabria.

La TV mostra immagini di donne, uomini e bambini che trafficanti di esseri umani senza scrupolo, hanno stipato fino all’inverosimile su barche e barconi. Molti profughi hanno subito violenze prima di intraprendere la traversata del Mediterraneo tradottasi, spesso, in drammatici naufragi.

La fuga dei migranti nasce, talvolta, da condizioni di oppressione e violazione dei diritti umani; più spesso è innescata da ragioni di sopravvivenza, quali la ricerca di cibo e di lavoro per una vita più dignitosa.

Gesù: un emigrato

La storia è un racconto interminabile di flussi migratori frutti di povertà, instabilità politica ed economica, calamità naturali. Anche al cuore della tradizione cristiana c’è un evento di “migrazione”, un kairos della storia della salvezza: l’Incarnazione di Gesù.

E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14)

Il suo migrare dalla condizione divina a quella umana non è dettato da carenze disattese, ma dal bisogno di realizzare il piano salvifico di Dio “Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).

Gesù si spoglia delle sue prerogative divine (potenza, eternità, gloria), per assumere la condizione di precarietà umana.

Come riporta Matteo: “Maria lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’alloggio” (Lc 2,7).

L’Emmanuele, il ”Dio con noi”, non entra nella storia come comandante di un esercito, ma come un fragile bambino; non nasce in una reggia, ma in una mangiatoia; non viene per essere servito, ma per servire. La parola chiave della sua testimonianza è l’Amore e l’essenza il farsi Dono agli altri.

Una seconda migrazione di Gesù avviene per causa di Erode, un tiranno sanguinario che, temendo di essere spodestato dal suo trono, fa uccidere tutti i bambini maschi nati a Betlemme sotto i due anni. Giuseppe, avvertito in sogno del pericolo, fugge con Maria e Gesù in Egitto, méta degli ebrei perseguitati, seguendo probabilmente il percorso delle carovane che impiegavano circa 10 giorni di viaggio; l’esilio dura circa due anni, fino alla morte di Erode.

Migranti del nostro tempo

Migrare è lasciare il paese delle certezze per addentrarsi nel paese della precarietà, dell’incertezza e della progettualità sospesa.

Gesù, migrante nella storia, esorta a vivere la provvisorietà e la transitorietà quali ingredienti inevitabili della condizione umana.

Ci apprestiamo a celebrare il secondo Natale dell’era Covid, il terzo l’abbiamo sfiorato per un pelo.

In questi 22 mesi siamo stati spettatori e protagonisti di trasformazioni incredibili: a livello esterno per cambi radicali nei comportamenti e nelle abitudini; a livello interno per l’impatto esercitato sui nostri valori, aspettative, visione del mondo e spiritualità.

L’azione travolgente del virus ha demolito i miti dell’autosufficienza, onnipotenza, libertà e imposto una riflessione sul tema delle restrizioni e della responsabilità comunitaria. Siamo passati dalla medicina dei miracoli alla medicina dei limiti e viviamo “sospesi” nel tempo, tra il travaglio doloroso del passato e l’attesa tormentata di un futuro migliore.

Il contagio è stato un brusco risveglio, un bagno di realismo esistenziale per sfatare ingenue illusioni e false credenze.

In questo tempo di contagio l’Emmanuele sprona ciascuno a fare pace con le proprie povertà e insicurezze, sviluppando le virtù, quali la pazienza, l’umiltà, il sacrificio, la fede e coltivando la consapevolezza che tutto è dono prima che diritto, tutto è provvisorio prima che sicuro, tutto è mortale prima che eterno.
Lo spirito del Natale ci ispiri a contrastare il potere del covid diffondendo il “contagio” della bontà, della gioia, dell’energia positiva per essere generatori e costruttori della speranza che non delude.

 

                                                                           Arnaldo Pangrazzi