P. Médard Aboue, camilliano – Riflessione sulla riapertura delle Chiese

Médard Aboue, MI.

Martedì 28 aprile 2020: At 7,51-8,1 // Gv 6,30-35

Nel forte dibattito di questi giorni sulla riapertura delle chiese per le celebrazioni o no delle S. Messe, condivido con voi questa mia riflessione prendendo spunto dalla liturgia di oggi.

Cari amici, oggi Stefano pone in chiare lettere il vero eterno problema del difficoltoso rapporto dell’uomo con Dio «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». I concetti Testardi e Incirconcisi nel cuore traducono a sufficienza il tenore del problema che ha l’uomo. Un testardo è uno che vuol fare sempre di testa propria radicandosi in un’idea, in una decisione, più per abito mentale e per preconcetta sfiducia nelle idee e nei consigli altrui che per sicura convinzione. Questa chiusura mentale del testardo è sempre dannosa per un rapporto di convivenza, un rapporto di collaborazione. La circoncisione nella mentalità biblica è un gesto rituale che oltre alla materialità traduce l’appartenenza al popolo eletto e l’assunzione di responsabilità per un mondo migliore così come il suo creatore l’ha voluto.

Stefano stava dunque dicendo al popolo, agli anziani e agli scribi come si sono totalmente chiusi al progetto di Dio con la loro resistenza all’azione dello Spirito Santo. Il paradosso è che quest’uomo è sempre pronto a ricorrere a Dio quando non ce la fa più o ad usare Dio al proprio piacimento. Ecco che nel vangelo malgrado tutti i miracoli che Gesù ha compiuto a loro favore, gli chiedono ancora: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?

Ma Gesù, con fermezza purifica le loro visioni sbagliate e insegna loro che Dio non è, né mai sarà un oggetto nelle mani dell’uomo. Dio è Dio, punto e basta. Ed è per questo motivo che alla domanda: «Signore, dacci sempre questo pane», Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Questo per loro è un appello alla fede, cioè un’adesione consapevole, amorevole al suo progetto di salvezza. Chi aderisce davvero alla fede sa che Cristo è il vero pane di vita. Questo Pane di vita di cui tanti fra di voi sentono fortemente la fame e la sete in questo momento in cui sono impossibiliti a riceverlo. Quanti di voi non chiamano per chiedere la Comunione e, giustamente, la ricevono, nel rispetto delle misure anti-contagio. Questo è davvero un segno di speranza che ci porta ad pregare incessantemente e a disporci ancora di più al rispetto di qualsiasi regola che ci verrà indicata a tutela della salute pubblica e personale purché Gesù, Pane di vita, Sacramentato nell’Eucaristia venga restituito all’adorazione e alla comunione dei suoi veri amici. Al Signore dunque affidiamo questa speranza con le parole dell’orante del salmo 30 appena proclamato: «Alle tue mani, Signore, affido il mio spirito. Sii per me, Signore, una roccia di rifugio, un luogo fortificato che mi salva. Perché mia rupe e mia fortezza tu sei, per il tuo nome guidami e conducimi».

Sia lodato Gesù Cristo!