Rosa Camilla Grimaldi – Ministra professa degli Infermi

rosaIn copertina: particolare del libro Vita della serva di Dio Camilla Rosa Grimaldi scritta dal suo confessore p. Giuseppe Capsone C.R. Ministro degli Infermi, pubblico professore de Sagri Concily in Bologna e dal medesimo dedicata al regnante Sommo Pontefice Benedetto XIV.
Milano, Carlo Giuseppe Ghislandi, 1744
Questo libro è conservato nel Museo dei Camilliani a Roma, presso la Casa Generalizia dell’Ordine

 

A poche persone è capitato di avere tra le mani un’immagine in cui una donna, naturalmente con il velo, veste un abito che ricorda in maniera espressiva la figura di san Camillo de Lellis (1550-1614), con la croce rossa sul petto e sul mantello, mentre alla fascia porta una grande corona del Rosario. Tiene tra le braccia una croce di legno, mentre su un piccolo tavolo ci sono i riferimenti della penitenza e della morte, come nei riferimenti simbolici del tempo. È Rosa Camilla Grimaldi.

Nascita e ricerca della propria vocazione.

Nasce a Bologna il 15 marzo 1708, da Giuseppe e Maria Monterumesi, nella parrocchia di S. Salvatore; viene battezzata il 17 marzo seguente nella Chiesa Metropolitana di S. Pietro.

Vive i primi anni in un ambiente buono, dedicandosi soprattutto alla preghiera e alla ricerca della propria vocazione sempre sotto la guida di Padri spirituali (P. Aurelio Castagna, barnabita; in seguito conobbe P. Canini e P. Mapsone dei Camilliani presenti nella chiesa di S. Gregorio in città). La sua prima scelta è quella di sperimentare la vita religiosa tra le terziarie di S. Chiara, avendo avuto una buona impressione nel vederne due che si erano presentate in casa per la questua; ma poi si rese conto che non era quella la sua strada.

Preghiera e vita accanto ai sofferenti.

Incomincia allora un nuovo percorso, sempre nelle propria casa: dopo la preghiera si dedica alle opere di carità, iniziando a frequentare l’ospedale ed è lì che si fa tutta a tutti, inferma con gl’infermi, debole con i deboli, afflitta con gli afflitti sopportando con tanto amore e pazienza i disagi del suo faticoso ministero.

Hanno scritto di lei: “Anche se Camilla era generalmente di un carattere melanconico e spesso travagliata dalle angustie dello spirito, tuttavia sembrava aver cambiato interamente natura quando si trovava in mezzo ai suoi poveri”.

Prima ancora di vestire l’abito religioso con la croce, Rosa continuava ad impegnarsi nel servizio delle povere inferme sia all’ospedale, come pure nelle case private con continue assistenze. La si poteva vedere spesso mentre tagliava le unghie, lavava le mani, puliva i più luridi arnesi, fino ad ottenere rimproveri da qualche responsabile di corsia perché tali uffici erano riservati ai bassi inservienti.

Alla sequela di Cristo sull’esempio di Camillo.

Fu così che ad un certo punto della sua vita, dopo aver conosciuto la vita di Camillo de Lellis ed i Ministri degli infermi, Rosa decise di farsi Terziaria Camilliana indossando lo stesso abito dei religiosi. Alcune circostanze prorogarono questo desiderio, ma finalmente un giorno giunse dal P. Generale una lettera in cui si ammetteva la Grimaldi alla formale vestizione dell’abito a condizione che la giovane ottenesse il permesso scritto dell’Arcivescovo e che avesse un sufficiente patrimonio per il suo decoroso mantenimento. Ma proprio in quel tempo sorsero altre due difficoltà: la serva di Dio si ammalò gravemente tanto da temere per la sua vita, mentre una disposizione emanata proprio in quel tempo dall’Arcivescovo Card. Lambertini proibiva a tutti i religiosi di ammettere alla vestizione canonica le Terziarie che, oltre al conveniente patrimonio, non avessero raggiunto il quarantesimo anno di età.

Rosa che aveva allora trent’anni non disperò nell’aiuto di Dio: un certo Bartolomeo Vizani provvide al patrimonio, mentre l’ulteriore causa dell’età venne superata presentando una seria documentazione di disposizioni pontificie e di testimonianze sulla vita della giovane. Con rescritto dell’8 dicembre 1740 l’Arcivescovo riconosceva ai Ministri degli infermi il privilegio di avere delle Terziarie e, di conseguenza, veniva accordata alla Grimaldi la dispensa per l’età.

Il 13 Dicembre, fu compiuta la solenne vestizione, nella Chiesa di S. Gregorio, alla presenza di tutti i Religiosi Ministri degl’Infermi, residenti in detta Casa, con l’intervento di numerosi fedeli; Rosa da quel giorno assunse il nome di Camilla Rosa, per rendersi così, anche nel nome, vera discepola e perfetta imitatrice del Fondatore Camillo De Lellis.

Predizioni di Camilla Rosa spettanti alla sua morte e sepoltura.

IMG_2342Camilla Rosa, nonostante la buona salute del momento, incominciò a parlare della sua morte, con termini precisi, e con tale dettaglio delle circostanze, che sembrava far credere che parlasse di una storia passata. Il 4 Dicembre 1738 così scriveva: Faccio conto che non mi resta molto tempo da vivere ma che dovrei morire a 33 anni, dopo 43 ore di agonia, per assomigliarmi al Crocifisso.”

Predisse ancora che non sarebbe arrivata alla fine del noviziato, e che avrebbe fatta la professione a letto; che sarebbe morta nel primo Sabato d’Agosto, giorno sacro alla Vergine.

Ultima infermità della Serva di Dio e sua professione religiosa.

Il giorno 24 luglio si pose in letto con una febbre così gagliarda da fare a tutti presagire la sua morte; e mentre da ogni parte si deplorava la sua perdita, essa ne gioiva, come se si fosse tro­vata alla vigilia della più grande e desiderata solennità. Fatta una generale confessione di tutta la sua vita, e fortificata col pane degli Angeli , che ricevette in Viatico il 31 dello stesso mese, così disse al suo Confessore: “Vorrei che facesse intendere al P. Prefetto Scali il mio desiderio di essere aggregata al corpo della nostra Religione, col farmi professare prima della mia morte”.

L’indomani primo di Agosto, il P. Scali Prefetto della casa di S. Gregorio, lieto di potere arrecare alla Serva di Dio la fausta novella di essere stata esaudita nelle sue domande, si accostò al letto dell’inferma per ammetterla alla professione religiosa, che la Camilla emise alla presenza del suo Confessore, e del P. Mancini.

Penosa agonia, morte e sepoltura della Serva di Dio.

Fervorose preghiere s’innalzavano per ogni parte, ed il confessore medesimo illudendo santamente sé stesso, sperava in un prodigio della misericordia di Dio, quando giunte le ore 19 del 3 Agosto, si vede la Serva di Dio trasformarsi negli occhi che si offuscano, nel volto che si scolora, ed in tutta intera la persona che cade nel più profondo deliquio. Senza porre indugio di sorta il confessore chiede al P. Prefetto di amministrare alla morente l’estremo dei Sacramenti.

Si riscuote un istante la serva di Dio, riceve coi più vivi sentimenti quest’ ultimo conforto della fede e con termini dettati dalla più profonda umiltà chiede di esser di nuovo reificata col pane degli Angeli.

Soddisfatta nei suoi desideri, non altro rimaneva alla Camilla che sostenere con eroica pazienza i sudori e le sofferenze dell’ agonia, che cominciata alle ore 19 del giorno tre, doveva secondo le sue predizioni , purificarla per ben 43 ore in memoria dei 33 anni della vita di Gesù Cristo, dei 7 dolori della Santissima Vergine, e delle 3 ore di agonia sofferte dal Redentore divino.

Giungeva intanto il 5 Agosto sacro alla so­lennità della Vergine, che in quell’anno cadeva precisamente di sabato, e giunte le ore 11, un forte grido della Serva di Dio, e più le parole: Gesù, Gesù o gran Dio aiutatemi, La esaudì lo Sposo celeste, e giunte le ore 14 del Sabato 5 Agosto dell’anno 1741 spirò nel bacio del Signore, circondata come si suppone da un Coro di Angeli, e da questi trasportata nel seno del suo sposo celeste in Paradiso.

Esposto quindi secondo le abitudini, il corpo della serva di Dio, fu sepolta vicino alla tomba dei fanciulli, come appunto diceva ancor vivente la Camilla, di essere cioè aspettata dai Puttini, e di volersi trovare in vicinanza dei suoi Religiosi.

Più tardi, cioè il 20 Ottobre, ottenuti i necessari permessi, venne fatta la solenne ricogni­zione del cadavere, per esser quindi nuovamente sepolto con quelle formalità che sono prescritte dalla legge. Il cadavere venne racchiuso in due casse e posto nel luogo sul quale furono scolpite le seguenti parole: Camilla Rosa Grimaldi, Professa Ministra degli Infermi morta all’età di trentatré anni, il giorno 5 Agosto 1741.