San Camillo: malato degli ammalati

13716114_1074666379265043_1291496361205354834_nCondividiamo l’omelia che il Cardinale Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo, ha proposto durante la Celebrazione Eucaristica, il giorno 14 luglio 2016, nella chiesa della ‘Maddalena’ a Roma, nella Festa di San Camillo de Lellis.

«Una preghiera di questa solennità liturgica di San Camillo ci fa chiedere a Dio Padre misericordioso l’ardore della carità per dare testimonianza sincera della nostra fede: troviamo qui due riferimenti spirituale che ci aiutano a coniugare la contemplazione e lo stupore evangelico circa la vita di San Camillo e l’imitazione alla quale siamo chiamati; la vita e la testimonianza dei santi infatti ci sono offerte come modelli e come grazia.

Toccato dalla misericordia di Dio che lo libera dalla vanità delle cose e dell’illusione di essere “grande” attraverso gli strumenti della forza e della violenza, Camillo decide di dirottare la propria storia, consente a Dio e al suo amore misericordioso, parla di sanare dentro la sua vita.

Camillo si consegna a Dio, che lo educa anche attraverso un pungolo di dolore (piaga al piede). Amore e croce, cuore e sofferenza percorrono sempre la stessa storia. Risanato dalla ‘caritas Dei’ (l’amore di Dio) proprio perché ha fatto esperienza della tenerezza e della misericordia di Dio, Camillo dirotta la sua vita verso la testimonianza di assistenza per i poveri e per i malati. La sua umanità si fa sacramento della carità di Cristo; si fa incarnazione di quel “l’avete fatto a me”, come poco fa ci ha ricordato il brano del Vangelo di Matteo (Mt 25,40).

Come è solenne e chiara l’espressione “fatto a me”: l’amore di Cristo e la sua persona tolgono ogni tentazione estetica alla misericordia e al servire.

Qui traggo una prima indicazione pratica: certamente nessuno di noi potrà pensare di fare come il nostro Santo, tuttavia tutti noi dobbiamo sapere che ogni gesto di misericordia nasce da un amore di misericordia sperimentata.

La misericordia è sempre impegnativa perché porta con sé il peso e la verità del nostro cuore e della nostra vita.

La misericordia con i suoi genti non sopporta di essere imprigionata da elaborati progetti né di essere avvilita dalla decadenza delle motivazioni evangeliche.

La misericordia – come il nostro Santo ci insegna – vive se è eucaristica, se cioè è dentro l’opera di salvezza operata da Cristo Signore.

Una misericordia non ‘eucaristica’ rischia di azzoppare anche l’asino del samaritano. Al mondo e alla sua cultura può bastare la misericordia come opera sociale; ai discepoli di Cristo è chiesto una misericordia imitativa del Maestro – o se si vuole come quella di San Camillo nella Reg. XXVII – una misericordia come affetto di una madre amorevole verso l’unico figlio infermo.

In questi giorni – se pur frettolosamente – mi sono riletto il documento di canonizzazione di San Camillo, scritto da Papa Benedetto XIV e sono rimasto toccato dal titolo ‘Misericordiae studium’ e dalla sottolineatura che il papa fa sulla misericordia esercitata del nostro Santo.

Traduco la parola ‘studium’ con ‘passione’: San Camillo aveva passione per la misericordia. Era questa passione a portarlo a vedere Cristo in ogni malato, a farsi ministro (servo) di ogni povero, ad abbracciare ogni infermità senza alcuna distinzione, a portare le opere di misericordia fino alla fine della vita.

Sintetizzo il tutto cosi: era malato degli ammalati. Con lui inizia una nuova scuola di carità verso gli infermi. Un padre camilliano a me molto caro, p. Spogli, ero solito dirmi che San Camillo ha fatto la prima riforma sanitaria (ancora incompiuta!) ed io la chiamerei ‘profezia camilliana’.

13690669_1074661299265551_4436972969167172685_nÈ veramente curioso che oggi si parli della necessità di umanizzare la medicina e le cure. Quasi di volesse guarire solo con una medicina tecnologica, quando già il nostro Santo aveva fatto del rapporto con il malato l’aspetto significativo della cura. Egli era sempre vicino e faceva fatica ad allontanarsi da un ammalato, come se non trovasse la via per andarsene e sempre chiedeva se aveva bisogno di qualcosa.

Ben venga questa umanizzazione della cura che obbliga a coniugare competenza professionale, passione amorevole, cordiale empatia e generosa dedizione.

L’anno della misericordia donato alla chiesa al mondo della carità pastorale da papa Francesco è un’occasione favorevole per ridare spessore etico alla cura del malato e a vivere il ministero del curare come vocazione e missione.

Non esiste la medicina onnipotente che sovrasta e governa la persona malata; c’è invece la persona malata che nella situazione di fragilità e di fronte al mistero del dolore e dalla morte, attende e chiede una professionalità capace ma anche la misericordia che consola e dona speranza.

Camillo ci aiuti a ritrovare la sapienza del cuore e ci rieduchi ad essere mediatori di un amore che ci trascende come è scritto negli orientamenti che la Provincia Italiana dei religiosi camilliani ha pubblicato qualche anno fa.

Questo chiedo in questa Eucaristia per me, per la famiglia dei camilliani e per tutta la chiesa sempre sollecitata da papa Francesco a stare con gli infermi e i poveri: e chi è più ultimo e povero e solo, di una persona ammalata?

Card. Edoardo Menichelli